Il vincolo di mandato scritto dal Movimento5Stelle

di Riccardo Rubino

Il vincolo di mandato scritto dal Movimento5Stelle

di Riccardo Rubino

Il vincolo di mandato scritto dal Movimento5Stelle

di Riccardo Rubino

E’ notizia di pochi giorni fa quella che vede il Movimento5Stelle – partito che raccoglie la maggioranza dei voti in questo esatto momento – impegnato nello studio di una panacea destinata a sanare tutti i vizi dei nostri politici (ma soprattutto dei loro eletti), e cioè il “cambio di casacca”. I dirigenti del partito (di cui ancora non s’è ben capita l’identità né la funzione, visto che uno vale uno), dopo un intenso lambiccare teoremi e cabale, hanno quadrato il cerchio: sia istituita una “multa” di 100.000 euro che colpisca chi – eletto tra le nostre fila – decida di macchiarsi di fellonia e passare nei ranghi nemici.

Il fenomeno è assai fastidioso, per carità, e a prima vista vien da farsi ribollire il sangue ogni qual volta si vede qualcuno rivestire la pelle del camaleonte. Ma siamo sicuri che questa cura – che ha un nome preciso, e cioè “Vincolo di mandato”, peraltro vietato dall’art. 67 Cost. – non sia peggiore del male? E siamo sicuri che il cambio di casacca sia sempre un male?

Il fatto che questo atteggiamento sia un pericolo supremo per la democrazia, e che tale decisione incontri il favore di un numero spropositato di elettori, giustifica l’importanza della questione. Del resto, il cinema ce lo insegna: è sotto applausi scroscianti che muore la democrazia.

Il Vincolo di mandato

Il sostantivo stesso ne indica la natura: il mandatario-eletto – cioè colui il quale riceve il mandato dai mandanti-elettori a rappresentare i loro interessi – non ha la libertà di votare chi o cosa in sede parlamentare, ma deve sottostare giuridicamente (cioè deve subire, per legge o contratto) una determinazione altrui. Qui sorge la prima domanda: a chi deve essere fedele il parlamentare? Alle gerarchie di partito? Al programma? Agli elettori? Facciamo un esempio più concreto. Mettiamo il caso che il M5S abbia proposto un programma particolarmente attento all’ecologia; io, candidato nella lista del M5S vengo eletto perché i miei concittadini ritengono importante la salvaguardia dell’ambiente. Per chissà quali motivi, il partito decide che è bene che le acque antistanti le isole di fronte casa mia, le Egadi, debbano essere trivellate. Qui sorge il problema: a chi devo dare conto? Al Partito o agli elettori? E se per difendere gli interessi di chi mi ha eletto mi trovassi costretto ad abbandonare il Movimento, questo sarebbe un “cambio di casacca” da pagare con una penale da 100.ooo€? Ciò che non capiscono i 5 Stelle è che sul capo del Parlamentare (o, meglio, del politico) pendono vari tipi di responsabilità; la più importante è proprio quella Politica, cioè il giudizio che gli elettori esprimono sul politico in occasione della successiva elezione: se ha fatto bene lo rivotano, altrimenti “#ciaone”. Proprio la responsabilità politica è quel fenomeno che consente a noi elettori di dire “bene” o “male” di un esponente politico, quando interessi del partito e interessi della popolazione non coincidono. Ma non è questo il problema più grave, perché simili atti vanno a denaturare il ruolo dello stesso Parlamento.

Il ruolo del Parlamento

Il Parlamento è il luogo dove si fanno le leggi, e questo mi pare pure banale scriverlo. Nella sua essenza, è il luogo fisico dove una serie di rappresentanti di varie categorie sociali si incontrano per decidere cosa si può fare e cosa no. Dunque, il Parlamento è il luogo pubblico dove soggetti pubblici prendono decisioni rilevanti per il Pubblico. Ora, è palese che il Vincolo di Mandato rende il Parlamento solo un teatro dove si prendono formalmente decisioni che invece sono prese da altri in altri luoghi. In realtà, questo è ciò che spesso avviene nella prassi, solo che: senza vincolo di mandato, il parlamentare si assume la responsabilità politica del voto che esprime; con il vincolo di mandato, il parlamentare viene costretto ad esercitare una scelta presa da persone che, non essendo parlamentari, non sono chiamati a rispondere politicamente delle loro azioni di fronte a noi elettori. Detto in maniera ancora più semplice: il rischio è che le decisioni vengano prese in segrete stanze che non possono essere controllate dall’opinione pubblica. A questo punto – voi capirete – tanto vale smantellare l’intero Parlamento. In fondo, Renzi aveva tentato “solo” di smontarne una metà. Oppure – e la cosa diventerebbe assai comica – si potrebbe decidere di creare piccole assemblee deputate a decidere quale posizione dovrebbe assumere ogni singolo parlamentare: cosicché ci troveremo di fronte a ben 945 parlamentini!

Il ruolo del parlamentare: è un mandatario o un mero portavoce?

Il nostro diritto civile contempla due figure: il nuncius e il mandatario. Il nuncius è colui il quale limita la sua attività al ruolo di mero portavoce. Poiché non fa altro che riportare ciò che altri hanno detto senza alcun suo apporto che non sia meramente fisico (in sostanza, ci mette solo le corde vocali), può essere nuncius chiunque, dal minore al mentecatto. Diverso è il ruolo di mandatario, che invece è colui il quale è chiamato ad effettuare operazioni in nome e per contro altrui. La differenza è evidente: nell’effettuare una scelta per gli altri, il mandatario ha un margine di libertà (segnatevi bene questo concetto che tra poco ritornerà utile) che riempie con una sua valutazione. Io do ad un mio amico mandato di acquistare un’auto, ma se lui si rende conto che quell’auto è un catorcio, sicuramente deciderà di non procedere all’acquisto. Ora è chiaro – anzi, banale – che l’attività del parlamentare sia più simile a quella del mandatario: noi scegliamo qualcuno affinché decida per noi in Parlamento. Se sceglierà bene, allora lo rieleggeremo; se sceglierà male, verrà punito nelle urne. L’opinione dell’elettore, dunque, lo rende un soggetto politicamente responsabile. Ecco! Ancora una volta ritorna il concetto di responsabilità. Ma io sono responsabile se e nella misura in cui posso scegliere, ossia, se sono libero di votare in un modo o nell’altro. Il concetto base, il succo di tutto il discorso, dunque è questo: Non c’è responsabilità senza libertà. L’istituzione di un Vincolo di mandato – proprio come vorrebbero i 5 Stelle per i loro eletti – farebbe in modo che noi elettori non potremmo rimproverare il nostro eletto per le scelte operate da lui in sede parlamentare, visto che a quel punto la scelta sarebbe presa in nome nostro, sì, ma nell’interesse di altri (chi poi siano questi altri è questione ancora non risolta). Riprendendo l’esempio di prima: “Perché non ti sei opposto alla linea del partito che vuole le trivelle in mare?”; risponderebbe l’ipotetico parlamentare: “Perché sennò mi toccava pagare 100.000 €”. E’ questo ciò cui vogliamo andare incontro? Beh, se le cose stanno così, a questo punto non avrebbe nemmeno senso il concetto stesso di elezione intesa quale modo per scegliere il nostro rappresentante: sulla base di cosa lo dovremmo scegliere? Sulla bellezza fisica al massimo, posto che la sua testa – che è l’organo deputato alle scelte – non servirebbe, visto che sono altri a scegliere per lui! Non avrebbe senso scegliere il parlamentare giacché egli stesso non sceglierebbe nulla. Che, del resto, era il meccanismo perverso che i 5 Stelle paventavano circa il Senato (di nominati) delle Autonomie voluto dalla Riforma Boschi-Renzi: una camera i cui rappresentati, scegli sulla base di dinamiche di partito, che si sarebbero appiattiti sulle posizioni del loro stesso partito senza autonomia decisionale.

In realtà, queste “politiche” sono tutte ispirate da un comune denominatore, e cioè la sfiducia nell’elettore. Chi se ne fa latore, infatti, non ritiene me, te che leggi e tutti noi capaci di giudicare politicamente il nostro politico. Il che, francamente, è un atteggiamento paternalistico assai poco democratico, checché se ne dica. Alla fine, che un politico tradisca il proprio elettorato è un rischio che val bene correre: sarà poi l’elettorato a bastonarlo, quando verrà a chiedere il voto: cosa che, grazie al cielo, accade almeno una volta ogni 5 anni.

di Riccardo Rubino, all rights reserved

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