UN NOME CHE GIÀ- POP X AL MONK

di Leonardo Gallato

UN NOME CHE GIÀ- POP X AL MONK

di Leonardo Gallato

UN NOME CHE GIÀ- POP X AL MONK

di Leonardo Gallato

Recensione della serata dei Pop X al Monk, 25/02

Pop ics. O meglio, Pop per. Un nome che già. Ma che proprio. Eh. Insomma, sono stato al loro concerto slash evento slash serata danzante al Monk. Non so se ero più entusiasta o spaventato all’idea, prima di andare, ma sono andato. I Pop ics o meglio Pop per, come delle vere checche si fanno attendere un bel po’. Alla fine escono sul palco al grido di «FROCI» da parte del numerosissimo pubblico. Cose che già. Insomma, capite bene. Bene. Vengo ricatapultato negli anni ’90, con musica alla Gabry Ponte, vidio con la grafica da vidiogiochi della prima Playstation (o come direbbe un amico, Playstations) e testi deliranti che nemmeno. Forse. Mentre la giente balla come se non ci fosse un domani, penso a questa malinconia verso il passato recente che ci porta indietro verso anni dalla lontananza breve, ma non troppo. E mi chiedo, nel mio breve ragionare col mio piccolo raziocinio da uomo che ha vissuto da bambino come se fosse antani l’inizio e la fine degli anni in quistione, se gli anni ’90 sono già diventati vintage, quanto siamo vecchi? Vabbè, lasciamo stare.

La giente qui si diverte, mica pensa a ste cose. E oltre a ballare canta tutti i brani delle starss sul palco. Sono tutti dei veri fanss. La boybands di froci esegue brani del passato che li ha portati, ma anche del nuovo. L’album nuovo, Lesbiantij, prodotto da Bomba Dischi e che ha fatto fare loro er botto, come si direbbe a Vancouver. Il delirio arriva con la vera HITS Saecchio e scatta l’emozione da accendini e stmartphones in aria al ritornello: «E ricomincio a piangere / come un secchio d’acqua / svuoti tutto nell’amaca / mi sorridi sei una vacca / che fa MU MUU». Come non riconoscere da questi versi sublimi la diretta filiazione e il capovolgimento metafisico-semantico, ma anche un po’ metrosessuale, da altri versi eccelsi, quelli del poeta premio Nobel Rabindranath Tagore: «con il secchio sulle ginocchia tu mungevi / la mucca. Io rimasi con il mio secchio vuoto». Eh. Le innumerevoli vacche senza tempo. Un amore sofferto. Le lacrime. Emozioni che proprio. Le senti colarti addosso come la marmellata scivola dai frutti sul burro spalmato sul pane appena scaldato la mattina. Ma anche la sera. Che poi se ti cade? Ok. Ma qui la giente non pensa a ste cose. Qui la giente suda, balla, grida, canta, beve, fuma, si spinge, si bacia, si maschera, si tocca, si insulta, si ama, si abbraccia, si diverte, si conosce, si sbava, si sporca. E niente. Non vi volevo dire niente.

di Leonardo Gallato, all rights reserved

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati