Un Edipo moderno: la rivolta di un adolescente

di Redazione The Freak

Un Edipo moderno: la rivolta di un adolescente

di Redazione The Freak

Un Edipo moderno: la rivolta di un adolescente

di Redazione The Freak

Chi non ha nulla da nascondere non ha nemmeno nulla da mostrare” (pag.80).

“Alla fine decisi di seguire il consiglio del signor Escobar: meglio diventare scrittore piuttosto che una piccola merda di criminale”.

Così fa il suo esordio, diretto, mordace e irriverente, ma anche sicuro di sé e privo di sbavature, come del resto in tutta la narrazione, il nuovo romanzo di Sacha Ramos, “La rivolta di Igor”, pubblicato in Italia da Stamen nell’aprile 2013.

Mai incipit letterario è stato più ricco di presagi come questo. In esso facciamo precocemente conoscenza del signor Escobar, “vecchio professore di francese in pensione convertito all’alcolismo giapponese”, migliore amico, padre spirituale e morale, guru e unica bussola per il protagonista, il tredicenne tormentato Igor, perduto in un mondo fatto di adulti esibizionisti, vanesi, incomprensibili e incapaci di comprendere, (i suoi genitori), ipocritamente impegnati a classificare la sua solitudine ed emarginazione sotto l’etichetta dello squilibrio psichico (gli insegnanti).

La rivolta del titolo scoppia improvvisa: dopo anni di impotenza e silenziosa sopportazione, (silenziosa nel senso più letterale, visto che Igor non parla con nessuno, a parte il burbero professore), il ragazzo decide di cominciare una nuova vita e di alzare la testa, o di uscire dallo stato di minorità, come direbbe un noto illuminista, con un progetto omicida che vede vittima i propri genitori. Questi, sessantottini irriducibili, si dedicano ad un velleitario quanto inutile progetto di rinnovamento sociale su basi sessuali, (il “padre”, Fernando, fautore della bisessualità, vuole farsi crescere il seno, la madre, Brigitte, non fa segreto di averlo concepito da un altro uomo, amante dello stesso Fernando), e sono pronti a sbandierare dappertutto, a proposito e a sproposito, inni all’amore, al pacifismo, alla tolleranza, alla solidarietà e chi più buoni sentimenti ha più ne metta.

Ma allora, potrebbe chiedersi a questo punto lo stupito lettore, per cosa si combatte, dinanzi a chi si proclama già di per sé tanto progressista? Quali sono i motivi di un conflitto esacerbato contro una coppia di sì smielati e sì eccentrici, ma apparentemente innocui, fricchettoni?

A queste domande il romanzo dà risposte varie e graduali, ognuna sorgente di tematiche che via via approfondiscono e scompongono, come la luce in un prisma, gli aspetti meno scontati della vicenda.

L’opera si propone, principalmente, come un’apologia della capacità critica di ognuno e come un invito provocatorio a riflettere sul fatto che l’espressione delle idee, anche quelle che mettono sul piedistallo la libertà stessa, si traduce inevitabilmente in una negazione della libertà, se tale espressione non lascia spazio al dubbio, all’insoddisfazione intellettuale, all’onestà di sapersi mettere in discussione, e delegittima, invece, chi tenta di battere una via diversa come il concentrato di tutti i mali.

E’ quello che fanno i temuti genitori: in un delirio ideologico, dividono manicheamente il mondo in “buoni”, ovvero nudisti, vegetariani e bisessuali, e  “fascisti”, ovvero chiunque rifiuti di esporre al pubblico non solo la nudità fisica, ma anche quella interiore, chiunque nasconda per pudore o senso di dignità la propria inviolabile sfera privata, (denunciano,ad esempio, l’omosessualità di un condomino, credendo di rendergli un favore e condannandolo invece ad un indesiderato divorzio). Tutto questo collide con l’acuto senso di indipendenza e il forte sentimento di identità del figlio, pudico, introverso, estraneo a ogni condizionamento mentale operato su di lui dai suoi “cari”.

La storia non si ferma qui: chi fra di voi ha amato l’antropologia moderna e l’atmosfera filosofica (e filosofistica)  di cui era intriso “L’eleganza del riccio”, riscoprirà in queste righe la stessa profondità speculativa, la stessa sensibilità verso i quesiti esistenziali  di Reneé e Palomba.

In quattro pagine degne di nota Escobar fornisce al proprio pupillo le chiavi per interpretare ciò che ha attorno, e al lettore una più fine sfaccettatura per comprendere la lettura. Alla domanda di Igor “Perché sono così i miei genitori?”, risponde: “(…) se vuoi capire qualcosa dei tuoi genitori, bisogna prima che tu capisca qualcosa dell’epoca in cui vivono” e anche “se vuoi sapere chi sei, sciocchino, devi voltarti indietro e vedere da dove vieni”.

Dopo tale dichiarazione di ispirazione quasi naturalista – Emile Zola considerava il “momento storico” determinante nella genesi del comportamento umano – comincia un’ esplorazione psicologica e,ancor più, antropologica a ritroso nel tempo e nella storia, che affonda le proprie radici negli orrori e nelle morti della Seconda Guerra Mondiale. Accade allora che, spaventato da se stesso, dalle aberrazioni cui l’aveva spinto la propria sete di potere,nel caso degli alti dirigenti, o l’assenza di spirito critico, nel caso delle masse, l’Uomo “lancia il suo famoso grido: ‘Mai più!’! Grido che bisogna capire, evidentemente, come un rifiuto di permettere a tali orrori di ripresentarsi, ma anche (…) come una volontà di farla finita con ciò che li aveva resi possibili: l’uomo stesso”.

Di qui un processo di auto annientamento, di autoalienazione che conduce l’Uomo a sostituire se stesso, la propria natura con qualcosa di diverso, a estromettere i dubbi e le angosce per delle certezze inossidabili, la ricerca di un pensiero originale per il semplicismo delle opinioni comuni, a creare dei pallidi cloni privi di passioni civili.

L’uccisione dei genitori diventa allora metaforica, ideale, jimmorisiana, anche perché alla successiva domanda “Come faccio ad uccidere i miei senza avere problemi con la giustizia?” il saggio professore, in barba alla non violenza e alla pedagogia, risponde con un tradizionalissimo ceffone, gettando ai piedi del confusissimo Igor un quadernetto arancione e proseguendo con la famosa frase dell’incipit. La soluzione proposta è una celebrazione metaforica della scrittura e della sua funzione liberatoria: sempre meglio armarsi di penna che scadere nella barbarie di una carneficina familiare.

I paragoni con l’opera di Muriel Burbery potrebbero proseguire. Anche qui c’è un rapporto di affinità elettiva e mutuo sostegno tra un adulto misantropo e disincantato (Reneè ed Escobar) e un adolescente autodistruttivo dall’interiorità celata (Palomba aspirante al suicidio ed Igor); anche qui un’ambientazione circoscritta allo spazio di un condominio; la forma diaristica con punto di vista interno; la satira verso la vacuità e l’egocentrismo del tipo umano moderno, mirata verso le tronfie classi borghesi ne L’Eleganza, mentre qui verso Fernando,poeta da strapazzo, e Brigitte, professionista della risata meccanica.

Ma lo stile di Ramos si differenzia nell’essere scanzonato e libero da romanticismi ; brilla invece per lucidità, per un gusto della comicità paradossale e delle immagini colorite che richiama quasi il nostrano “Elianto” di Stefano Benni.

A metà strada tra racconto di formazione e saggio antropologico, tra parodia e cronaca di un dramma familiare, il libro tocca tutti i vizi e gli isterismi tipici del mondo contemporaneo, dall’egocentrismo privo di pregnanza culturale, che ritroviamo nel chiasso fragoroso di un reality show, ma anche in certa letteratura finto-intellettuale, al pressapochismo, fino all’ottimismo forzoso di cui si copre una crescente ansia generazionale , celebrando al contrario la rivoluzione come mezzo per riappropriarsi di se stessi e della verità.

Come sia riuscito l’autore a mettere tutto questo in solo 100 pagine è mistero, o forse genio. Per scoprirlo potete provarci anche voi: prendete un quaderno dalla copertina arancione, fate la vostra piccola lotta culturale e diventate scrittori.

A cura di Ludovica D’Adamo.

Ludovica D’Adamo: nata a Vasto (in provincia di Chieti), il 4 marzo 1990. Studentessa di Giurisprudenza alla Luiss Guido Carli, appassionata di letteratura, di cinema e di musica rock anni ‘70. Vizi segreti? Un debole per tutto ciò che è brivido: l’Indagatore dell’Incubo (Dylan Dog), i film di Dario Argento e Hitchcock, i gialli di Agatha Christie.

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