Ucraina: la Russia ha uno stratega?

Ucraina: Putin lo stratega?

I piani e le strategie di Putin tra ragioni storiche, geografiche e politiche

di Simone Pasquini

Ucraina: la Russia ha uno stratega?

Ucraina: Putin lo stratega?

Ucraina: Putin lo stratega?

di Simone Pasquini
Ucraina. Celebrazione anniversario annessione Crimea

Ucraina: la Russia ha uno stratega?

Ucraina: Putin lo stratega?

I piani e le strategie di Putin tra ragioni storiche, geografiche e politiche

di Simone Pasquini

Mentre in Ucraina si continua a morire, venerdì 18 marzo si è tenuta a Mosca una colossale cerimonia pubblica per commemorare l’ottavo anniversario dell’annessione russa della Crimea, avvenuta nell’ormai lontano 2014.

In un profluvio di bandiere russe e toni nazionalistici (con tanto di coro in uniforme) il Presidente Vladimir Putin ha tenuto un breve discorso alla Nazione, nel quale si sintetizza tutta la retorica putiniana dell’intervento in Ucraina: gli abitanti della Crimea hanno fatto bene a rivolgersi alla protezione russa per emanciparsi dal criminale governo di Kiev, e l’operazione militare che la Federazione russa sta conducendo (pronunciare la parola “guerra” è considerato ormai tabù in Russia) è stata resa necessaria per proteggere la popolazione russa del Donbass dal tentativo genocidario del governo ucraino. “Abbiamo fatto risorgere questi territori della Crimea e […] sappiamo esattamente cosa fare adesso, come e a spese di chi. E attueremo tutti i nostri piani.”

Fonte: Euronews

I piani russi

Quali possono essere questi piani? Per il momento possiamo solo fare delle speculazioni, benché i punti fermi delle pretese russe siano ben chiari. Su tutti, ovviamente, quella che viene chiamata in sede di negoziati “smilitarizzazione” dell’Ucraina, ovvero, in parole povere, l’esclusione del paese dall’Alleanza Atlantica. Tuttavia, mentre i negoziati si trascinano, i militari russi procedono per la loro strada, continuando a tenere sotto pressione le forze ucraine, pur al prezzo di significative perdite. Viene naturale porsi un interrogativo su quale possa essere l’obiettivo che concretamente i russi stanno perseguendo sul campo. Mosca è davvero intenzionata ad occupare tutta l’Ucraina oppure Putin ha in mente qualcosa di diverso?

Le difficoltà dell’avanzata russa

Sebbene l’occupazione militare del paese possa sembrare l’opzione più logica e naturale, qualora i russi intendessero procedere ad una occupazione totale del territorio ucraino dovrebbero confrontarsi con problematiche complesse. I primi ostacoli sarebbero dati dalla stessa estensione del paese e dalla sua popolazione: con i suoi 600.000 Km2 (il doppio dell’Italia) ed i suoi 42 milioni di abitanti essa richiederebbe una forza di occupazione estremamente numerosa – ben più dei circa 250.000 soldati russi attualmente impegnati sui teatri di operazione, la quale dovrebbe confrontarsi con una popolazione civile che si sta dimostrando più agguerrita ogni giorno che passa.

Una popolazione, fra l’altro, che grazie agli aiuti occidentali avrebbe accesso ad una quantità ingentissima di armi e munizioni, anche di grosso calibro, utilizzabili contro le truppe di occupazione. Infine, da un punto di vista politico, occupare l’intero territorio dell’Ucraina e procedere alla sua annessione (in sostanza, ciò che era già avvenuto con la Crimea otto anni fa) porterebbe comunque la Russia a confinare con Paesi appartenenti alla NATO (in particolare Polonia e Romania), nonché tutti paesi membri dell’Unione Europea. Questa ipotesi, lungi dal comportare l’eliminazione di una minaccia alla sicurezza nazionale, non farebbe altro che ingigantirla ancora di più, considerando anche l’attuale stato di estrema tensione fra la Russia ed i Paesi occidentali.

La “strategia” di Putin

Per le ragioni appena esposte, quello che Putin sta cercando di conseguire in Ucraina potrebbe consistere in una soluzione, per così dire, mediana, favorita dalla stessa conformazione geografica e “culturale” del Paese. Come accennato in un nostro precedente articolo, lo schema di attacco condotto dalle forze russe su tre lati – da nord, vero Kiev; da est, attraverso Kharkiv ed il Donbass; da sud, partendo dalle basi in Crimea – è stato probabilmente congegnato allo scopo di conseguire un accerchiamento delle forze armate ucraine nella porzione di territorio compresa fra le repubbliche separatiste del Donbass ed il fiume Dnepr.

Proprio questo fiume, principale corso d’acqua del paese, costituirebbe un perfetto punto di arresto sotto un duplice punto di vista, politico e militare: nel primo caso, esso costituisce una sorta di confine naturale con i territori dove più massiccia è stata negli ultimi secoli l’immigrazione da parte delle componenti russe (difatti è ad est del fiume e nella penisola di Crimea che si concentra la maggior parte dei russofoni del paese); nel secondo caso, attestare le truppe lungo il suo corso permetterebbe di sfruttare una eccellente barriera naturale in difesa dei territori occupati.

Territori che hanno anche il pregio di ospitare buona parte delle ricchezze del paese, sia dal punto di vista delle risorse naturali (il bacino carbonifero del Donbass) sia da quello del tessuto produttivo (pensiamo ad esempio alla città di Kharkiv, polo industriale e seconda città del paese per numero di abitanti).

Che ne sarà di Kiev?

Rimarrebbe a questo punto aperto il nodo costituito da Kiev, la quale, anche in considerazione della grande enfasi posta dalla propaganda di Putin sul passato mitico della Rus e del suo Granducato nella formazione dell’identità nazionale russa, potrebbe essere annessa con un referendum pilotato, non dissimile da quelli condotti in Crimea otto anni fa. Il rimanente territorio potrebbe essere a quel punto posto sotto il controllo di un governo amico e collaborazionista sul modello Bielorusso, cosa che permetterebbe a Putin di evitare l’onere dell’occupazione diretta di tutto il territorio ucraino e di guadagnare un ulteriore stato cuscinetto lungo i confini con la Nato.

Forse il disegno putiniano potrebbe addirittura spingersi sino a prevedere il controllo diretto delle aree costiere del paese, in particolare Kherson (già occupata, e nella quale si sta apparentemente cercando di organizzare un referendum per sancire la sua “indipendenza” dall’Ucraina) ed Odessa, così da permettere ai russi di controllare tutta la costa settentrionale del Mar Nero. Una prospettiva che farebbe tornare indietro le lancette ai tempi dello Zar Pietro e dell’Imperatrice Caterina.

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