Un gradino spezzato sulla scalinata
di San Giuseppe dei Teatini
arranca prigioniero disegnando le dita
di Palermo,
il cielo viola carteggia la faccia della città
e la luce plana sul porto,
scrosta le piaghe
ormeggia gli odori della sera
che come rivoli silenziosi ondeggiano
dentro il ventre delle prime case che incontra
e miete i primi baci sull’ olfatto dei viandanti.
L’erba cresce sul selciato
in una solitudine strana,
quiete e onnipresente
disordinata ma fiera.
Si piega al vento
chinando il capo e non spezzandosi mai
piange senza lacrime in mezzo ai cesti di feci canine.
Le mura della Catena hanno l’ardore dei Vespri
e guardano i volti dei due martiri,
intorno adagio trabocca il mare
che tutto disperde strozzando l’angoscia,
infine si spegne l’ultimo raggio di luce.
di Pietro Maria Sabella, all rights reserved