Tra Musica e Bilbo Baggins. Intervista a Francesco Leineri

di Paolo Pugliese

Tra Musica e Bilbo Baggins. Intervista a Francesco Leineri

di Paolo Pugliese

Tra Musica e Bilbo Baggins. Intervista a Francesco Leineri

di Paolo Pugliese

Francesco Leineri è un giovane compositore dalle indiscutibili doti e dall’altrettanto indiscutibile talento: lo provano i suoi già numerosi lavori all’attivo, vantando collaborazioni con iniziative di respiro internazionale.
Mercoledì 27 maggio prossimo, però, si esibirà presso la scuola “Regina Margherita” di Roma, nel contesto dell’iniziativa “La musica incontra la scuola”: patrocinata dal I Municipio e dall’assessorato scuola, sport, politiche giovanili e partecipazione di Roma Capitale.
Lo scopo del progetto è di avvicinare i più giovani alla musica in maniera diversa dall’ordinario e sottolineare la precaria situazione della “Regina Margherita”, tra mancanza di fondi e parte del complesso non agibile.
Abbiamo scambiato due chiacchiere con Francesco riguardo la situazione della musica in Italia e su Bilbo Baggins: se volete sapere come si combinino queste due cose non vi resta che leggere.

Hai alle spalle anni di studio, presso il conservatorio Santa Cecilia e non solo, nonché una già lunga lista di progetti nonostante la giovane età: da dove viene la tua passione per la musica?

Potrei cominciare a raccontarti tutta la mia storia: dai miei genitori appassionati di Springsteen e Vivaldi alla mia infanzia più da enfant terrible che da enfant prodige; dallo studio in Conservatorio agli enormi sacrifici fatti per continuare ad andare avanti tenendo la fiamma della passione sempre accesa. La tua domanda è lecita, da Curioso, ma per me è del tutto ovvia da non necessitare una risposta.
Credo che la passione per la musica della quale tu parli sia innata, in generale, e credo che in un certo senso stia dentro ciascuno di noi.
Se mi stai chiedendo, invece, perché faccia questo lavoro – che è comunque una domanda ben diversa – allora la risposta non sta tanto nell’origine della mia passione per la musica: non sono un genio e quindi non ti dirò mai che a cinque anni ero un piccolo Mozart. Ho preso e continuo a prendere tanti colpi bassi, dalla professionalità, dalla formazione e dalla musica in generale, ma sono stato sempre circondato quotidianamente da persone, affetti familiari, di amore e di amicizia, che hanno onorato e rispettato la mia passione. Questo è il mio piccolo grande segreto e il vero motivo per il quale ho scelto di fare musica e continuo a cercare di farla ogni istante della mia vita. Non ti nego che a volte mi senta molto solo, ma credo che sia un mio problema esistenziale, più che altro, perché lo so benissimo – quando sto bene – che in fondo non è vero.

Come sei venuto in contatto con l’iniziativa “La musica incontra la scuola”? Come pensi che possa adattarsi uno stile fortemente legato all’improvvisazione come il tuo ad un palcoscenico così particolare?

Fra le mille cose che quotidianamente mi fanno fare la trottola per mezza Roma, curo con l’associazione Horto dei corsi di propedeutica musicale al pianoforte per bambini sopra i 6 anni. Anche questa tipologia di lavori è rientrata nel mestiere, gioco-forza, anche se credo servano persone più specializzate del musicista di formazione accademica per farle. Martina Fotia e Fernando d’Angelo, i due responsabili dell’associazione, mi hanno parlato della rassegna “La musica incontra la scuola” e mi hanno chiesto di fare un concerto di raccolta fondi per la ristrutturazione di un teatro all’interno della scuola. La scuola Regina Margherita è una fra le più grandi d’Italia ed è davvero un edificio meraviglioso.
Nonostante la mia musica non sia per nulla adatta alla scuola primaria (ride, ndr), ho scelto di aderire volentieri all’iniziativa: credo che Horto mi voglia bene a tal punto da fare un salto nel vuoto proponendo un concerto di improvvisazione libera…sono certo che c’hanno visto giusto. Per il resto, staremo a vedere.

“Alone togheter” è il titolo del lavoro che proporrai, di cui inoltre il tour va ancora avanti: quali sono state le sfide più dure che hai affrontato durante la composizione?

La sfida più ardua senza dubbio è stata parlare in francese al pubblico del Theatre de Verre di Parigi.
La seconda cosa più difficile da fare è stata fare per la prima volta ciò che volevo. Ma per davvero.

Il panorama musicale globale, dopo aver subito una durissima crisi, sembra star uscendo fortemente mutato, con l’emersione di piattaforme di streaming e abbonamenti di vario tipo. Come ti poni tu con i nuovi metodi di diffusione della musica? Ritieni che il tuo messaggio e la tua musica potrebbero essere veicolate in questo modo o proponi un altro approccio, magari più intimista?

Io sono sempre per gli approcci intimisti, ma soltanto perché sono un inguaribile tenerone.
Il mio parere al riguardo non conta molto: parlo dall’ottica di chi i dischi li fa e non di chi li produce.
Nei miei ascolti quotidiani detesto la pubblicità di Spotify e gli annunci pubblicitari su Youtube; non mi fido di gran parte delle label e degli streaming sui siti di musica “indipendente”. Compro ancora dischi, quando posso anche un paio la settimana. Vado ai concerti, quando ho tempo: quelli li prediligo su tutti. Circa questa prospettiva frenetica della condivisione, dell’ascolto online, del prodotto discografico a sé stante (sarà poi, più che altro, fine a sé stesso?) e delle piattaforme streaming – che molto spesso potrebbe trasformare dei semplici nerd in arguti critici musicali – è una nuova via di mercato molto interessante: potrebbe aprire porte infinite e mai percorse, senza dubbio, delle quali potremmo discutere per ore, ma da un punto di vista basico mi lascia spesso molto perplesso, sotto tantissimi punti di vista…se non addirittura angosciato.
Credo che una vera rivoluzione del mercato musicale funzioni solo se è efficace sotto tutti i punti di vista e su tutti i livelli, dai più essenziali ai più nobili. Siamo tutti bravi a fare dei dischi da paura, al giorno d’oggi. Davvero. Nella maggior parte dei casi potrebbe farli chiunque. Pure mi zio. Sono una grande risorsa queste vittorie, è chiaro: anche gran parte delle registrazioni in studio di Von Karajan sono frutto di acute scelte discografiche, o quelle di Glenn Gould, per esempio. Questo tipo di esperienze sono molto interessanti e a volte arrivano a nobilitare enormemente un processo di ricerca autentico a tal punto da svelare indispensabili certe scelte di mercato. Il problema è che certi sentieri di produzione musicale, di questi tempi, rischiano in un batter d’occhio di cambiare certi sacrosanti parametri di giudizio lasciando spazio ad enormi malintesi, almeno a mio avviso.
E’ quando ti ritrovi faccia a faccia con te stesso, con la tua sacra voglia di rinnovamento che ti serve quella stoffa da artigiano che purtroppo in molti casi non vedo. Certe volte rimango molto amareggiato dalle scelte di molti colleghi, di chi sta da certe e chi da altre parti.
Come direbbe lo zio Ben all’Uomo Ragno, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, e non credo che in molti abbiano afferrato bene questo concetto.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Come intendi sviluppare la tua carriera futura? Porterai avanti in parallelo vari progetti o ti concentrerai su alcuni di essi?

Preferisco non parlare a riguardo perché fortunatamente ci sono tantissime (davvero, tantissime) cose meravigliose che bollono in pentola per la nuova stagione. Nell’imminente ti posso svelare che fra qualche ora suono qui al teatro India: il futuro preferisco non anticiparlo che altrimenti svelerei la sorpresa. Per il resto, come direbbe Bilbo Baggins, avrei soltanto bisogno di una lunga, lunga vacanza.

A cura di Paolo Pugliese.

 

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