TOULOUSE LAUTREC: LA BELLE EPOQUE IN MOSTRA ALL’ARA PACIS

di Maddalena Crovella

TOULOUSE LAUTREC: LA BELLE EPOQUE IN MOSTRA ALL’ARA PACIS

di Maddalena Crovella

TOULOUSE LAUTREC: LA BELLE EPOQUE IN MOSTRA ALL’ARA PACIS

di Maddalena Crovella

Accade talvolta che un’esistenza ordinaria, sradicata dal suo contesto, s’inoltri su sentieri mai esplorati e che questo generi un destino inaspettato e rivoluzionario. Questa è la storia di Henry de Toulouse-Lautrec, aristocratico per nascita che si ritrovò a vivere da artista bohémien tra i vicoli di Montmartre, alla fine dell’Ottocento. Sono gli anni della Belle Époque, fatta di serate mondane, spettacoli, caffè-concerto e bordelli. Tra le rues di Parigi, i fratelli Lumière accendono il loro cinematografo, i giochi illusionistici di Georges Meliès catturano la folla, sui palcoscenici del Moulin Rouge si agitano le gonne delle ballerine e un uomo, nel suo metro e cinquantadue di altezza, esplora le notti parigine alla ricerca di volti e pose interessanti da immortalare nei suoi disegni.
A Toulouse-Lautrec è dedicata la mostra che dal 4 dicembre all’8 maggio riempirà gli spazi museali dell’Ara Pacis. La collezione, costituita da circa 170 opere originali del Museo Di Belle Arti di Budapest, ripercorre tutte le fasi del percorso creativo dell’artista parigino, dal 1891, data di esordio nel mondo dell’arte, al 1900, anno della sua scomparsa. L’itinerario, suddiviso in cinque sezioni tematiche, costituisce una vera e propria immersione nell’opera di Lautrec, personalità versatile e anticonformista, che ha prodotto un vasto repertorio di capolavori, passando con disinvoltura dal disegno, alla pittura, alla grafica. La serie di litografie e stampe mostra la grande attenzione e l’acume dell’artista nella raffigurazione di veri e propri “tipi umani” colti nella loro unicità: l’occhio si perde tra i volti consumati dall’alcool che s’affollano dietro il bancone di un bar, le mani di donne dissolute afferrano bicchieri vuoti, gli sguardi altezzosi delle matrone, avvolti nei colli di pelliccia, incrociano i nasi adunchi di uomini in panciotto, le gambe delle ballerine, strette nei collant, si staccano nell’aria.

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Da vero artista bohémien, Lautrec è attratto dal mondo dei dissoluti, degli sconfitti e degli sbandati che consumano le loro notti nei bordelli e nelle bettole della Butte. Fonte d’ispirazione per eccellenza è il Moulin Rouge, cuore pulsante della sua attività e luogo d’incontro di personalità che accompagneranno tutta la sua breve esistenza. Nella serie di stampe intitolata Elles, le prostitute si trasformano in modelle ideali che l’artista ritrae in situazioni d’intimità quotidiana, con il pettine tra le mani o tra le lenzuola di un letto. Le figure femminili che fino a quel momento erano rimaste nelle case “chiuse” diventano protagoniste assolute e simbolo di una sessualità indipendente che all’epoca destò scalpore e diniego. Le donne sono i soggetti privilegiati di Lautrec, che siano attrici, prostitute, ballerine o modiste, rappresentano un vero e proprio microcosmo artistico. Alla cantante Yvette Guilberte, ad esempio, Lautrec dedica un album di sedici litografie in cui spiccano i lunghi guanti neri che caratterizzavano il personaggio. Jane Avril, ballerina del Moulin Rouge, sarà protagonista di opere famosissime come il Divan Japonaise, e ancora May Belfort, eccentrica cantante irlandese o Miss Loïe Fuller, ballerina dalle ali di farfalla, ispireranno alcune tra le stampe più belle.

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A colpire maggiormente è lo stile semplice ed essenziale delle figure rappresentate: i tratti sono definiti, il colore è omogeneo e i soggetti si slegano dallo sfondo restando sospesi all’interno di uno spazio neutrale e poco importante, come l’angolo di un tavolo o un semplice fondale, riempito con la famosa tecnica “a spruzzo”. In un tentativo di ridurre la tridimensionalità, Lautrec crea un gioco prospettico in cui il fruitore diventa parte integrante della scena rappresentata e si muove insieme ai protagonisti che sembrano prendere vita come attori sul palcoscenico. Al teatro, infatti, è dedicata una delle sezioni della mostra, in quanto considerato tra le principali fonti d’ispirazione dell’artista francese. La pagina bianca è concepita come spazio in cui “congelare” la gestualità esasperata, la mimica caricaturale e le espressioni parossistiche degli attori, in pose che evocano le xilografie giapponesi Ukiyo-e, fondamentali nella creazione del nuovo linguaggio artistico di Henry. Ma l’importanza del mondo dello spettacolo è legata soprattutto all’intero complesso di stampe e manifesti indimenticabili che consacrerà, già in vita, l’incredibile successo di Lautrec. Si pensi a La Goulue, o La Gitane, litografie realizzate come affliches pubblicitarie dotate di attualità e fascino che resteranno intatti nel tempo.
Un percorso espositivo di grande valore, dunque, dedicato al genio indiscutibile di Lautrec, che prende vita nel racconto per immagini di situazioni e personaggi vissuti in uno dei periodi più felici e spensierati della storia. Della Belle Époque ci restano i manifesti che un tempo erano affissi fuori dai locali, le promesse di serate indimenticabili. Eppure oltre al divertimento sfrenato delle notti parigine, alle sagome gaudenti nei caffè e le gonne svolazzanti di un can-can, il tocco dell’artista ci mostra altre sfaccettature. E guardando attentamente i volti immortalati, tra le pieghe sgualcite dei visi, restano le ombre e le inquietudini, le espressioni dissonanti di un mondo che procede inconsapevolmente verso il baratro della prima guerra mondiale.

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