Tornano i Baustelle con “Fantasma”

di Cristina

Tornano i Baustelle con “Fantasma”

di Cristina

Tornano i Baustelle con “Fantasma”

di Cristina

Sono trascorsi circa tre anni da ‘I mistici dell’occidente’, e i Baustelle da allora hanno abbandonato la scena per dedicarsi completamente alla creazione dell’ultimo, imponente lavoro. Dopo lunghe attese e grandi aspettative, è uscito il 29 gennaio scorso per Warner il loro ultimo disco, ‘Fantasma’.

È un lavoro che si allontana dai precedenti, rovesciando il sistema al quale ci eravamo abituati con ‘Amen’ o ‘Il sussidiario illustrato della giovinezza’. Francesco Bianconi non racconta più l’adolescenza vissuta in periferia, gli amori consumati di fretta nei parchi e le droghe sintetiche. Adesso no, non è più il momento. La guerra non è finita e Charlie ha smesso di fare surf.

Abbiamo la sensazione di immergerci in un’atmosfera mistica, in un luogo senza tempo, catartico e immaginifico. Per poco più di un’ora, è come trovarsi catapultati fuori di se’ ad osservare con leggerezza i fardelli esistenziali e riflettere sul senso della vita, che oscilla ‘come un pendolo, tra la noia e il dolore’.

Il tempo è il life motive di queste 19 tracce, che affrontano temi scottanti per la vetrina musicale nazional popolare: la pedofilia all’interno della chiesa, il tempo che scorre inafferrabile, i misteri di un futuro che ‘Desertifica la vita ipotetica’, l’estinzione annunciata della razza umana, l’apocalisse, ma soprattutto la morte, i cimiteri e i fantasmi interiori. Argomenti violenti, accompagnati dalla voce da sirena di Rachele Bastreghi e dagli eleganti arrangiamenti di Enrico Gabrielli per l’orchestra sinfonica (con l’aggiunta, in alcune tracce, della solennità dell’organo della chiesa di Montepulciano) . Anche Claudio Brasini, alla chitarra, gioca un ruolo importante, inserendo in pezzi sostanzialmente lenti dei riff di chitarra elettrica capaci di ironizzare anche su dei temi così impegnativi.

È forte l’ispirazione al cinema horror degli anni ’70, al Dario Argento di Profondo rosso, così come il fil rouge dell’intero album spinge verso una velata sacralità, nella quale i fantasmi dell’immaginazione ondeggiano tra sacro e profano. È un disco meditato per tre lunghi anni e non è semplice parlarne.

Si apre come se si aprisse un carillon antico, con una cantilena malinconica intitolata ‘Fantasma’, in cui risuonano melodie ancestrali. Potrebbe fungere da colonna sonora per un racconto di Isabella Santacroce, uno di quelli che apparentemente culla gli animi, mentre in realtà vuole scuotere le coscienze. Bianconi sceglie di aprire le danze con una denuncia feroce al demonio insito nell’uomo. Le prime frasi sono incandescenti: ‘Non credo alla Bibbia.. non prego la chiesa e il fetore che fa, così come è falsa la beneficenza’. È palese e giustificabile la rabbia nei confronti della Sacra istituzione, di chi commette abusi sessuali su minori, preludio di una catastrofe imminente, della disgregazione dei valori.

La terza traccia, ‘La morte’ è il primo singolo estratto. Apparentemente semplice, è in realtà frutto di un’altra epoca, impregnato di un romanticismo ottocentesco visibile nelle parole: ‘Come la ginestra, nata sulla pietra lavica, mi vedo lottare come mosca nel bicchiere’, chiaro rimando alla Ginestra di Leopardi, a quel fiore simbolo di eroica forza che non si arrende alle sfide della natura, che vive in perpetua lotta, piegandosi e rialzandosi. E quindi, in confronto cos’è mai la morte? ‘La morte non esiste più, la vita non uccide più’, è solo una nostra costruzione mentale, e ancora: ‘credimi, morire non è niente se l’angoscia se ne va’. Allo stesso modo, nel videoclip, un’orchestra sinfonica suona al cospetto del cadavere di una giovane ragazza questo inno alla quasi felicità della morte, che non esiste. Il concetto della morte è rivisto come forma mentis: il tempo modifica tutte le cose e modifica anche noi che non smettiamo di vivere, semplicemente ci trasformiamo in qualcos’altro.

La stessa tematica è ripresa con dolcezza dalla sublime voce di Rachele Bastreghi, in ‘Monumentale’ : ‘I camposanti non hanno rimpianti, sei tu che li covi, li rendi fantasmi, li canti per sentirne meno la mancanza’. È chiaro il riferimento alla poesia sepolcrale di Ugo Foscolo. L’immagine della pietra tombale è un’invocazione affinchè l’uomo possa superare l’angoscia dell’annullamento fisico. Su un piano puramente razionale, le tombe sono inutili perché l’uomo non vive dopo la morte del suo corpo e la materia di cui è composto si ricongiunge alla materia universale per riprendere l’eterno processo della vita e della morte.

Il finale’ racconta invece una struggente storia d’amore vissuta ai tempi dell’olocausto. È un’esortazione a continuare ad amare, nonostante la guerra. Segue la seconda delle tre pause ‘Fantasma’: basi strumentali di un minuto ciascuna poste ad apertura, intermezzo e chiusura del disco.

Altri brani stravolgono la precedente lentezza, ridisegnano i confini ritmici e recuperano una certa ironia tipica degli album precedenti, come nel caso della traccia ‘Cristina’, in cui risuona l’eco di Guccini in ‘Farewell’, con le macerie delle storie d’amore esplose di colpo e di colpo distrutte.

L’apice del disco, a mio avviso, è raggiunto dall’ultimo brano ‘Radioattività’, in cui il suono del pianoforte si amalgama perfettamente con le parole. La voce sontuosa di Rachele accompagna dolcemente l’ascoltatore in un inno di pace che chiude il cerchio aperto con la prima traccia, divenendo più speranzoso. È un finale felice, in cui dopo 17 brani palesemente malinconici, si assiste ad una rivalutazione positiva. Notiamo una presa di coscienza alternativa, in cui la Bastreghi chiude il disco annunciando che per essere felici: ‘Bisogna avere fede, navigare nello spazio siderale, presupporre l’aldilà’.

I Baustelle ampliano i loro contorni sonori a tal punto da farvi entrare una vera e propria orchestra. Lo stile resta il medesimo di sempre, raffinato, bohemienne e cinematografico, ma in questo disco c’è qualcosa di più. ‘Fantasma’ è un insieme di argomenti e sonorità che osa senza porsi limiti con un organo in primo piano e atmosfere che richiamano il compositore polacco Krzysztof Pendereck, autore della colonna sonora de “L’esorcista”. Quello che ne risulta è una sequenza di storie amare, disillusioni, ombre di un’adolescenza consumata. Francesco Bianconi ci guida con una lentezza musicale sui temi dello scorrere del tempo, dell’abbandono, della morte, dell’apocalisse. Un disco che non lascia indifferenti, difficile da ascoltare con superficialità. Un disco che necessita di concentrazione per essere apprezzato e che ha diviso la critica, osannato come opera d’arte contemporanea o lapidato come ‘noioso da morire’. ‘Fantasma’ ha un linguaggio diverso rispetto ai precedenti lavori del gruppo di Montepulciano: l’innovazione qui racchiusa è tutta da scoprire, celata in ogni passaggio musicale così come in ogni strofa. Il nuovo album dei Baustelle, in sostanza, è da leggere e non solo da ascoltare.

A cura di Cristina Comparato

Questa è La morte (non esiste più):

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