Tolkien, la potenza e la bellezza dell’immaginazione

di Fabrizio Grasso

Tolkien, la potenza e la bellezza dell’immaginazione

di Fabrizio Grasso
Tolkien, la potenza e la bellezza dell'immaginazione

Tolkien, la potenza e la bellezza dell’immaginazione

di Fabrizio Grasso

Al cinema il film biografico che racconta l’infanzia e l’adolescenza del grande autore e filologo inglese. Amore, amicizia e studio per ricordare al mondo l’importanza del creatore della Terra di Mezzo.

«In un buco nel terreno viveva uno Hobbit».

In tanti conoscono questa frase come uno degli incipit più celebri della storia della letteratura fantasy. Le parole che danno avvio alle vicende de Lo Hobbit sono rese celebri dall’importanza e dal peso culturale dell’autore che le ha scritte J.R.R. Tolkien. La sua vita, o meglio, ciò che lo portò a ideare i suoi romanzi più famosi è narrato nel film biografico che porta il suo nome, Tolkien, da qualche giorno nelle sale italiane. Guai a pronunciarlo “Tolkien”: come sottolinea lo stesso autore nelle prime battute del film, il suono esatto del cognome sudafricano è “Tolkin”.

Definire il filologo e studioso britannico solo come autore del già citato Lo Hobbit e della trilogia capolavoro del genere fantasy Il signore degli anelli sarebbe riduttivo e inesatto. Capace di ideare diversi linguaggi, dalla grammatica alla fonetica, geniale nel dare vita alla Terra di Mezzo, Tolkien è uno dei pochi autori che ha creato un vero e proprio universo parallelo, con tanto di genesi e pantheon divino, che prende forma nel suo Silmarillion. Ma il vero perno del nuovo film diretto dal finlandese Dome Karukoski non è l’opera, quanto l’umanità e le debolezze del grande scrittore, soprattutto negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, i meno noti al pubblico. Protagonisti della pellicola sono Nicholas Hoult (per i fan del fantasy, interpreta “Bestia” negli ultimi X-Men) nei panni di Tolkien e Lily Collins, la figlia della star della musica ed ex frontman dei Genesis Phil Collins, che recita nei panni della moglie di Tolkien, Edith Bratt.

Vittima di un’infanzia infelice, avendo perso entrambi i genitori in tenera età, Tolkien è costretto a trasferirsi assieme al fratello Hilary (Guillermo Bedward) a Birmingham, dove si trova a frequentare la King’s Edward School e stringe amicizia con tre ragazzi che diventeranno fondamentali per la sua crescita sia fisica che culturale. In circostanze turbolente (un litigio durante un match di rugby), conosce infatti il figlio del preside della scuola, Robert Gilson (Patrick Gibson) e i suoi due compagni di studio e relax, Christopher Wiseman (Tom Glynn-Carney) e soprattutto Geoffrey Smith (Antony Boyle), che diventerà il suo più grande amico. I quattro, grazie ai numerosi pomeriggi passati a prendere il the in un locale di Birmingham, formano il TCBS, acronimo di Tea Club Barrovian Society (dal nome del pub), un club che Tolkien stesso non tarda a definire “Compagnia”. I rimandi alle opere che lo hanno reso leggenda non mancano: dagli spunti della mitologia norrena per l’anello e gli orchi, fino ai disegni e alle scritte sui muri in alfabeto elfico e nanico. La scenografia è un tripudio per gli occhi di ogni fan del fantasy.

Il legame che però fa da cardine ad ogni azione di Tolkien è quello che si instaura con la giovane Edith Bratt, un’orfana come lui che vive nel suo stesso collegio. Ama Wagner, suona egregiamente il pianoforte, ma è segregata nella posizione di dama da compagnia per la proprietaria del dormitorio. Con lei, John Ronald Tolkien scopre di non condividere solo l’alloggio, ma anche passioni e ideali. La relazione forte e affiatata mostra però al pubblico anche i lati deboli del protagonista, dalla difficoltà economica che non gli permette di pagare due biglietti per l’opera a teatro all’incapacità di gestire il binomio studio-divertimento, che lo porterà persino a non passare il primo test di ammissione a Oxford. Proprio l’opera teatrale è protagonista del momento più intenso dell’intera pellicola. Non potendo entrare nella sala, ma determinato nel far assistere la sua ragazza all’opera in qualunque modo possibile, Tolkien conduce Edith nei sotterranei del teatro, cercando un ingresso clandestino da una porta di servizio. I lucchetti bloccano la sua foga, ma l’immaginazione è in grado di scassinare ogni serratura. Grazie a dei costumi di scena dismessi, i due recitano come fossero sul palcoscenico, con la musica dell’orchestra in sottofondo, lontana ma vicina ai loro cuori. Non importano il lusso o lo sfarzo, non serve vedere qualcosa se si ha immaginazione e fantasia. Uniti in un abbraccio senza fine, con i veli dei costumi a offuscare i loro volti, i due innamorati creano un momento toccante e profondo, intimo ed emozionante.

Da collante della narrazione, c’è il periodo più cupo della vita di Tolkien: la prima guerra mondiale. Si tratta però solo di flash, poche scene che spezzano la narrazione per mostrare al pubblico la crudeltà della guerra e i suoi effetti sull’animo umano. Negli spezzoni dedicati al più grande conflitto bellico della storia dell’umanità, vediamo un Tolkien ferito, affetto dalla “febbre da trincea”, farsi strada sotto il fuoco nemico grazie all’aiuto di un suo fidato commilitone. Il nome? Sam, che ai fan de Il signore degli anelli risulterà più che familiare. È qui che la narrazione consente al regista e alla produzione di mettere in mostra gli effetti speciali della pellicola. Quasi fossero visioni, allucinazioni portate agli occhi dello scrittore, un po’ dalla stessa guerra e un po’ dalla sua eccezionale immaginazione, sul campo di battaglia appaiono i draghi al posto dei lanciafiamme, i cavalieri neri nei panni dei nemici, e persino i Balrog (bestie della mitologia antica creata da Tolkien, di cui i lettori fanno la conoscenza nel primo capitolo della trilogia prima citata, La compagnia dell’anello), che si fanno largo nelle fiamme delle esplosioni.

Poco importa se la famiglia dello scrittore non ha approvato il film e non ha condiviso pienamente la produzione e i fatti narrati. Non sono citati gli amici di Oxford, primo fra tutti C.S. Lewis (autore della saga Le Cronache di Narnia) e gli Inklings, il club letterario di cui i due fecero parte, e nemmeno il The Eagle and Child, il pub più famoso che ospitò i pomeriggi di Tolkien che ancora oggi offre ottimo the e birra ai visitatori.

Tolkien resta un film interessante, coinvolgente ed emozionante, un vero must per i fan dello scrittore che ha cambiato la storia della letteratura moderna.

di Fabrizio Grasso, all rights reserved

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati