Todos lo saben – Farhadi apre Cannes

di Alessandra Carrillo

Todos lo saben – Farhadi apre Cannes

di Alessandra Carrillo

Todos lo saben – Farhadi apre Cannes

di Alessandra Carrillo

La 71esima edizione del Festival di Cannes al via: Blanchett, Scorsese e Farhadi

 

Montano le scalette nella Croisette, l’aria fresca della sera prima della tempesta: il rosso della strada invade la città che per dieci giorni diventa capitale del cinema. Cannes unisce il gusto festivaliero dei lustrini a film che entrano nell’anima, ed è così che ci si ritrova a rincorrere i film più belli – anche se i consigli di chi assisteva alle proiezioni mattutine ora non ci sono più (i giornalisti non vedono i film in anteprima, quindi è a sorpresa per tutti la sera della prima) – mentre si pensa a come farsi fotografare sul red carpet (da quest’anno proibiti selfie e foto su la montée des marches).

Le novità dovute dai social di questa edizione si fanno sentire, assieme all’assenza di qualsiasi presenza di serie televisiva/digitale: e tutto sommato Cannes è bella anche per questo, per questo suo sapore nostalgico e serioso, di rispetto di codici e di etichette.

E così, anche se il movimento #metoo si fa sentire anche attraverso la variegata presenza femminile nella giuria capitanata da Cate Blanchett (e con al suo fianco le colleghe Kristen Stewart, e Léa Seydoux, la sceneggiatrice e regista afroamericana Ava DuVernay e la cantante e attrice del Burundi Khadja Nin, assieme ai registi Denis Villeneuve, Robert Guédiguiane, Andreï Zviaguintsev e all’attore cinese Chang Chen), è la stessa presidente a sottolineare che la scelta dei film in concorso è stata fatta per la qualità degli stessi, piuttosto che per il genere o l’origine dei/delle registi/e: “Ci tengo a specificare che le donne registe che sono in concorso sono state scelte per la qualità dei loro lavori, non per il loro sesso”. E prosegue “Quest’anno sono solo tre, qualche anno fa erano addirittura due». E che ovviamente certe situazioni “non cambiano dall’oggi al domani, ci vuole tempo”. “Mi piacerebbe vedere più donne in concorso? Certo, senz’altro. Mi aspetto di vederne di più in futuro? Lo spero tanto”. Ed aggiunge scherzando “Non c’è neppure un regista transgender in concorso, mio Dio, abbiamo fallito già!”

Intanto ad aprire il Festival è stato per la seconda volta (la prima fu del film “La mala Educación” di Pedro Almodóvar nel 2004) un film in lingua spagnola, girato dal regista iraniano Asghar Farhadi che lo scorso anno non ritirò di persona l’Oscar per il miglior film straniero come protesta al Muslim Ban di Trump.

Il tocco di Farhadi si legge anche nel film in lingua spagnola: il regista si conferma indagatore della psicologia umana, in una sceneggiatura che mette i personaggi di fronte ai propri limiti, all’orgoglio, all’amore genitoriale, che legge il sospetto negli occhi di una famiglia che si riunisce per un matrimonio dalle tinte vivaci e allegre e si ritrova a gestire un rapimento che irrompe nella vita di Laura (Penelope Cruz), una donna che torna per la festa nel suo paesino natio, dove “tutti sanno” (Todos lo saben – da qui il titolo in spagnolo, e Everybody Knows – in inglese).

Tra bambini che urlano, ticchettii di orologio e personaggi che popolano questo angolo del sud della Spagna, incroci di vita con il tormentato Paco (Javier Bardem) ed il confronto con il marito argentino Alejandro a cui spetta la visione religiosa dei fatti (Ricardo Darín) portano la storia – che procede a ritmo nella prima parte, diventando più psicologico ed introspettivo nella seconda, – verso un momento di risoluzione forse anticipato rispetto ai tempi di un thriller puro.

Un Farhadi più commerciale rispetto a capolavori come “La Separazione”, forse anche perché si muove in un territorio e geografico e culturale non suo, ma sempre capace di fare lavori intensi sulla costruzione psicologica e relazionale e nell’interazione con una società che guarda di sbieco e giudica draconianamente: in fondo, nonostante le diversità, si parla pur sempre di esseri umani, e restiamo simili in quanto tali. “Al contrario di quello che dicono i media, gli esseri umani non sono poi così diversi. Siamo molto simili in termini di amore, rabbia, odio. È il modo di esprimere queste dinamiche che cambia con la cultura. I film servono anche a questo, a mostrare quanto siamo simili come esseri umani. Per me è anche molto interessante mostrarlo agli iraniani che pensano che le altre persone siano molto diverse da loro” ha commentato Farahdi in conferenza stampa.

E mentre l’apertura ufficiale del festival, proprio prima della proiezione del film d’apertura, è stata annunciata dal duo Blanchett – Scorsese; ad aprire la 50esima edizione della Quinzaine des Réalisateurs è, in primis, l’incontro con lo stesso regista Martin Scorsese: la famiglia, la moralità ed il lato buono di ognuno di noi; il suo aprirsi al mondo attraverso il cinema, la musica ed il disegno; il suo modo di lavorare attento nell’utilizzo degli storyboards e con gli attori; l’esplorazione dei limiti, la velocità delle immagini e la tensione della narrazione. Questo è tanto altro nell’ora passata con il Maestro, che chiude così “L’esperienza del cinema è un’esperienza spirituale, trascendentale: non so come se ne possa fare a meno. Ed infatti io non ho potuto” – prima che gli venisse consegnata dalla SRF (Société des Réalisateurs de Films) la Carrosse d’Or. Il video della premiazione:

Incontro di grandi insomma, per iniziare una Cannes nella sua 71esima edizione che lascerà poi spazio ad altri grandi ma anche a nuove scoperte.

To be continued.

di Alessandra Carrillo, all rights reserved

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