The Martian di Ridley Scott – Poca “Fanta” e tanta “Scienza”

di Fabrizio Lucati

The Martian di Ridley Scott – Poca “Fanta” e tanta “Scienza”

di Fabrizio Lucati

The Martian di Ridley Scott – Poca “Fanta” e tanta “Scienza”

di Fabrizio Lucati

Vi ricordate “L’isola della Piccola Flo”? Un vecchio cartone animato degli anni ’80, adattamento de “La famiglia Robinson”, andato in ondato in onda su Italia 1 fino agli 2000. Racconta di una famiglia dell’Inghilterra vittoriana naufragata su un’isola tropicale durante un viaggio verso l’Australia. La famiglia, abituata ai confort che la Londra del XIX secolo regalava, doveva di buona leva cercare di sopravvivere in un ambiente ostile. Cosa succederebbe se l’ambiente dove ti ritrovi dopo un incidente fosse ancora più ostile, per esempio Marte? A questa domanda rispondeva nel 2011, con la sua prima opera letteraria, Andy Weir. Ridley Scott ha trasformato in film la sceneggiatura di Drew Goddard tratta proprio da quel libro, The Martian.
La trama è semplice: la missione cui partecipa Mark Witney, un ottimo Matt Damon, deve abortire, causa una violenta tempesta di sabbia. Creduto morto dopo un incidente, viene lasciato indietro. Lui si riprende e decide che non morirà e aspetterà i soccorsi. 10 minuti di intro/trailer seguiti da 2 ore e 10 minuti di appassionante fantascienza, con più spazio per la scienza. Raramente in un film nello spazio non viene fuori l’esclamazione “Se Vabbè”. La fortuna del protagonista è di essere un membro scientifico della missione, quindi può usare tutte le sue conoscenze teoriche per sopravvivere su un pianeta inospitale e desertico e in un diario di bordo spiega tutto, capacità di adattamento e sopravvivenza, il protagonista costretto a diventare un McGiver dello spazio, il film è incredibilmente geek/nerd. Ridley Scott è bravissimo a ricreare il pianeta e a portare in un’ambientazione diversa il mito della frontiera, gli sconfinati paesaggi di Marte diventano protagonisti. Lo spazio è privato di ogni elemento fantasy, non ci sono mostri, non ci sono alieni.

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Non è l’esplorazione alla Star Trek, c’è ciò che conosciamo, Marte è un deserto (almeno lo era fino a lunedì). La sceneggiatura di Goddard è solida, pregna di ottimismo e regge per tutta la durata del film (2 ore e 20 minuti se vi siete persi il calcolo prima). La storia appassiona lo spettatore e la si segue come la si seguirebbe davanti ai tg (come la segue il mondo nel film) se la storia fosse vera. La situazione e la ricerca di una soluzione fanno pensare a 20 anni fa e al film “Apollo 13” di Ron Howard.
Matt Damon è straordinario. Il suo personaggio è pazzesco: ironico, coraggioso e incredibilmente umano. Il cast di contorno è di livello altissimo. Damon è il protagonista assoluto del film e del suo ambiente. Ogni ambiente comunque è riempito da un cast eccellente. L’ambiente equipaggio è dominato da Jessica Chastain, capitano della missione perseguitata dai sensi di colpa e appesantita dal suo ruolo e un sempre irresistibile Micheal Pena (chi scrive ama questo attore). A terra ruba la scena, nonostante un eccezionale Chiwetel Ejiofor, Jeff Daniels, portando in scena un direttore della NASA umano nel suo conflitto tra la compassione umana per l’astronauta lasciato indietro e i suoi doveri istituzionali verso l’agenzia e menzione speciale per il “genietto” matematico Glover.
Gli effetti visivi del film, fondi digitali e astronavi ricostruite con teatri di posa e modellini, fanno pensare ad “Interstellar”, ma il ritorno o meglio, il mix di effetti vecchia scuola e green screen è un trend che ad Hollywood sta prendendo sempre più piede.

Concludendo, il film è bello. Bello veder tornare Scott a grandi livelli di fantascienza. Va visto in sala, il 3D è una presenza discreta, non migliora né peggiora la visione. La fotografia e la ricostruzione del pianeta sono fantastiche. La colonna sonora è un grande punto di forza, con una scusa semplice, il protagonista ha a disposizione solo discomusic e spesso ha a che fare con la stessa trama del film, vedi “Starman” di Bowie o “I Will Survive” di Gloria Gaynor. Un film nello spazio con musica pop anni ‘70/’80, Marvel e i suoi “Guardians of the Galaxy” hanno già fatto scuola. Sean Bean fa lo stronzo ma una sua battuta sul Signore degli Anelli ha fatto rovesciare la sala.
The Martian, Ridley Scott, tanta scienza e poca fanta.

Una risposta

  1. vedendo il film di Ridley Scott e non facendo un paragone con il libro, per mia ignoranza sul fattore astrofisica e anche vero dovrei anche dire, che un minimo di attualità basilare molto poverile su astrofisica e sul pianeta Marte, potrebbe essere abitabile se’ si potesse scatenare una reazione chimica dentro all’atmosfera e trasformare in ossigeno sul pianeta marte che è composto chimicamente una parte e quindi renderlo vivibile, ma mi soffermo soltanto al riguardo sulla pellicola e soltanto su alcune scene e che per me rimane soltanto “fanta” che scienza. 1°) scena iniziale come può campare, un personaggio con la perdita di coscienza, con una ferita all’addome e con il 5 o 10% di rimanenza ossigeno?!, non avrebbe una ripercussione nel cervello e sulla logica del personaggio, facendo diventare esso stesso un cerebroleso?!(se’ così non fosse, c***o è un super uomo?!) e 2°) scena, una parte della base esplode, gli si crepa l’elmo della tuta spaziale(non avrebbe percussioni al cervello rendendolo un cerebroleso?!, anche se’ possiede sulla tuta delle bombole d’ossigeno dietro alla tuta?!) e il personaggio che fa’?!, con calma riesce a trovare intorno a lui uno scotch e con un nastro adesivo ripara l’elmo?!, sapete quanto tempo occorre per i secondi?!. Si dice che in 15 secondi perdi coscienza in mancanza di ossigeno, che tra l’altro io poi non sono un astrofisico, ma di sicuro non riesco avere neanche il tempo di allacciarmi una scarpa e questo personaggio che fa’?! ha il tempo per guardarsi a torno e riparare l’elmo con un nastro?!.

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