Storie di vita quotidiana

di Francesco Barone

Storie di vita quotidiana

di Francesco Barone

Storie di vita quotidiana

di Francesco Barone

Autobus pieni e corse frenetiche. L’ora di punta ti innervosisce e ti stanca…

Alla fermata si aspetta trepidanti il ritorno a casa per la cena ed il relax.

Passa il primo autobus, ma è strapieno e quindi si spera nel prossimo.

Si sentono critiche, imprecazioni e poi un ragazzo ed un uomo…

<<Che cazzo vuoi scemo d’un negro?>>

A quelle parole il tempo si fermò. Gli occhi dei due si confrontarono per qualche secondo.

<<Allora?! Che cazzo vuoi?!>>

Come fratello? Non ti capisco… Togli quelle stramaledette cuffie e ascoltami. Cosa intendi per cazzo? Hai per caso avuto una brutta giornata e credi di poter risolvere i tuoi problemi con me? Ritieni giusto rivolgerti con questo tono ad uno sconosciuto senza nemmeno aver sentito cosa ti ha detto? Spiegami un po’, i tuoi bei vestiti ti permettono il dialogo con gli altri in questi termini? Vuoi farmi credere che perché io indosso stracci e tu firme non possiamo stare sullo stesso gradino? Ti hanno sempre trattato male ed è così che restituisci il dispetto oppure sei sempre stato, troppo, nella bambagia e questo è il ringraziamento per averti viziato? Sai che da dove vengo io le persone non hanno scuole e non possono istruirsi mentre tu hai avuto la fortuna di imparare a leggere? Io effettivamente non ho studiato, ma non vuol dire che per questo sia un poco di buono! Distingui gli scemi dal volto? Hai mai creduto che le persone che ti stanno attorno sono, al tuo e forse, ad un livello molto più alto? Con scemo intendi una persona fortunata o un pover uomo? Hai letto così tanti libri per poter giudicare uno scemo? Mio padre era scemo perché mi ha insegnato l’educazione che non mi permette di offenderti? È giusto così? Sono scemo, io, perché ho lo sguardo basso e non ti rivolgo la parola? Gridi scemo per esser superiore? Dimmi, caro ragazzo, sono scemo perché di un altro colore?

Giusto per comprenderti, non sto qua a fare tenerezza ne rimproveri: voglio capire cosa pensano quelli come te.

Ritieni che negro possa offendermi? Conosci le avventure del mio popolo? Ti sei mai chiesto perché mi trovi sul tuo cammino e non nella mia terra? Credi sia facile, per me, sentirmi diverso? Ti sei mai innamorato di una ragazza? Hai mai provato la delusione che si prova quando ti fanno sentire diverso? Hai mai perso le radici? Ti sei mai vergognato di una cosa della quale non hai nessuna responsabilità? Pensi che il mio sangue sia meno rosso del tuo? Pensi che io non mi innamori? Pensi che io non pianga? Pensi che io non provi sentimenti? Pensi che io sia un animale?

Te lo chiedo, ragazzo, perché sono curioso.

Sai che potrei essere tuo padre? Sai che potrei essere tuo nonno? Ti saresti rivolto così a tuo nonno? Sei un purista della razza o solo un qualunquista? Hai fatto ricerca sull’inferiorità rispetto al colore della pelle? Credi che sia un ladro? Credi che mi piaccia prendere l’autobus?

Feriscimi ti prego. Dammi un ceffone, ma non pronunziare quelle parole. Lo schiaffo lo subisco. Ero uno schiavo, ci siamo abituati. Ma quel tono rivestito di quei sentimenti… Non farmi questo. Piango senza orgoglio e vorrei abbracciare i miei genitori.

È facile, secondo te, non essere amati da nessuno? È facile passare inosservati nonostante le lacrime?

Scusami fratello, ti prego, regalami un sorriso. Non merito tanto odio per una scelta che non ho compiuto. Non chiedo troppa dignità a sentirmi un essere umano come te. È brutto esser guardati come esseri spregevoli. Ho mani, piedi, gambe e braccia come te… ho anche un cervello e, soprattutto, un cuore come te. Forse il cuore come il tuo no, ma solo perché l’ho spezzato fuggendo via dalla mia terra: speravo di poter fare qualcosa anche per loro. Perdonami cittadino del mondo, io chiedo solo quello che vorrebbe un qualsiasi essere umano. So che è troppo per te, ma qualcuno ci starà ascoltando, ed io credo in lui.”

Bakari lo pensò e poi rispose: <<Ti sono caduti dei soldi, mi scusi>>.

Di Francesco Barone

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