Speciale Pasolini: 37 anni dopo, un "fil noir" di sangue e petrolio

di Lilith

Speciale Pasolini: 37 anni dopo, un "fil noir" di sangue e petrolio

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Speciale Pasolini: 37 anni dopo, un "fil noir" di sangue e petrolio

di Lilith

1975. La notte tra il 1° ed il 2 Novembre, nei pressi dell’Idroscalo di Ostia, si compie il più atroce delitto commesso ai danni di un poeta in età contemporanea.

Mai è stato fatto un tale scempio, mai corpo di uno scrittore è stato massacrato con simile ferocia. Una violenza tale da ridurne le spoglie alla stregua di quelle di una strage. Una poltiglia di frantumi pestati.

Nemmeno l’epilogo di García Lorca, fucilato brutalmente dai franchisti, raggiunge tanta efferatezza. Un corpo trapassato dai fucili resta un corpo distinguibile.

Un corpo trucidato a furia di bestialità, calci, bastonate, perfino schiacciato dai pneumetici di un’auto, no.

Nei trentasette anni trascorsi dall’omicidio, si è fatto strada ( più o meno velatamente) il luogo comune, secondo cui Pasolini sarebbe morto in modo intonato alla propria vita. E allora viene da chiedersi quale condotta di vita poteva giustificare agli occhi della borghesia e della classe politica italiana, questa barbarie.

Pasolini era uno scrittore, un poeta ma anche un regista, un giornalista politico e un comunista. In più Pasolini, pur essendo comunista, si permetteva di non essere “sano e normale” ( dal punto di vista della borghesia, beninteso), aggiungendo al comunismo e alla professione, l’omosessualità.

Ed ecco il risultato che conosciamo. Una morte violenta dovuta a una “lite tra froci”. Attori del teatro di morte: una vittima, il poeta e un carnefice, Pino Pelosi. Un ragazzo di appena 17 anni, che confessa, subito. Una marea di prove schiaccianti a suo carico: non poteva fare diversamente.

Ma la versione traballa. Tempestivi sono i sospetti che ipotizzano un agguato di gruppo. Appena poche ore dopo il massacro, due giornalisti propongono una ricostruzione molto vicina a quello che sarà, trent’anni dopo, il racconto definitivo di Pino la Rana.

Furio Colombo ( all’epoca editorialista de “La Stampa” e direttore de “l’Unità”), raccoglie una serie di testimonianze, mai approfondite dagli inquirenti.

Il dialogo del cronista con un baraccato, che di seguito riportiamo per rendere più vivida la scena ai lettori, viene ricostruito nel film di Marco Tullio Giordana

“ Pasolini. Un delitto italiano”, del 1995:

– Il mio cognome si scrive co’ due T, Salvitti Ennio. E lei tanto pe’ correttezza?

– Lavoro per “La Stampa”, mi chiamo Furio Colombo.

– “La Stampa”… Agnelli.

– Sì, Agnelli.

– Lo scriva che è tutto ‘no schifo, che erano in tanti, lo hanno massacrato quel poveraccio. Pe’ mezz’ora ha gridato mamma, mamma, mamma. Erano quattro, cinque.

– Ma lei questo lo ha detto alla polizia?.

– Ma che, so’ scemo?

C’è poi il celebre pezzo di Oriana Fallaci, pubblicato sul settimanale “L’Europeo” il 14 Novembre 1975:

[…] Esiste un’altra versione della morte di Pasolini: una versione di cui, probabilmente, la polizia è già a conoscenza ma di cui non parla per poter condurre più comodamente le indagini. Essa si basa sulle testimonianze che hanno da offrire alcuni abitanti o frequentatori delle baracche che sorgono intorno allo spiazzato dove Pier Paolo Pasolini venne ucciso. In particolare, si basa su ciò che venne visto e udito per circa mezz’ora da un romano che si trovava in una di quelle baracche per un convegno amoroso con una donna che non è sua moglie. Ecco ciò che egli non dice, almeno per ora, ma che avrebbe da dire.

Pasolini non venne aggredito e ucciso soltanto da Giuseppe Pelosi, ma da lui e da altri due teppisti, che sembrano assai conosciuti nel mondo della droga.[…]

E che si conclude:

[…]E’ il caso di sottolineare che in un primo tempo fu detto dalla polizia che nelle unghie di Pasolini erano stati trovati residui di pelle. Secondo la versione ora fornita, Pasolini tentò disperatamente di difendersi. Sul volto e sul corpo di Giuseppe Pelosi non esistono segni di una colluttazione. Tali segni, o tali graffi, si dovrebbero trovare sul volto o sul corpo degli altri due teppisti.

Perché il Pelosi non parla e si assume tutta la responsabilità? È legato anche lui al mondo della droga? Perché lui stesso ha messo sulla pista la polizia raccontando di avere perso un anello che nessuno, fino a quel momento, sapeva che fosse suo? È possibile perdere un anello durante una colluttazione? Oppure l’anello è stato gettato lì di proposito, e il Pelosi ha parlato, raccontando tutto, e la polizia non ce ne dà notizia?[…]

La trama s’infittisce. Si profilano implicazioni con la Banda della Magliana.

C’è la pista dei “siciliani”, quella di Renzo Sansone, il carabiniere che nei mesi seguenti firma il primo rapporto investigativo con i nomi di altri tre presunti assassini: Giuseppe Borsellino, il fratello Franco e Giuseppe Mastini, detto Jonny lo Zingaro.

C’è poi la “Pista Nera”, riguardante esecutori assoldati da mandanti di estrema destra.

Nel 2005 Pelosi, alla trasmissione Tv “Ombre sul giallo”, rilascia importanti dichiarazioni. Così, il procuratore aggiunto di Roma, Italo Ormanni e il pm Diana De Martino, aprono la terza inchiesta, questa volta contro ignoti.

L’ipotesi: il “reato di omicidio volontario commesso con l’aggravante della premeditazione”, un reato non prescrivibile. Il Comune di Roma si costituisce parte civile.

Perché le indagini ufficiali vengono condotte così malamente?

Perché, all’epoca dei fatti, tutte le componenti istituzionali rimangono quasi in silenzio?

Cosa si cela dietro al mistero?

Chi è il mandante della carneficina? Qual è la mente che trasforma la banda di ragazzi di borgata in un commando di sicari?

La risposta a queste domande si trova in un “qualcosa”, qualcosa di pernicioso che l’intellettuale sapeva, aveva capito, e che non doveva essere rivelato all’opinione pubblica. Una minaccia terribile.

Questo “qualcosa” riguarda poteri oscuri, poteri economici e politici. Riguarda le implicazioni di queste mani oscure con la cosiddetta “strategia della tensione”, teoria che accomuna, in un unico disegno, l’insieme delle stragi e degli attentati terroristici avvenuti in Italia tra il 1969 e il 1984.

 C’è un articolo, che esce sul “Corriere della Sera” nel Novembre del 1974, intitolato“Il Romanzo delle Stragi”:

 […] Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
 Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.[…]

[…]Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.[…]

Il “Romanzo delle Stragi” esiste davvero, si chiama “Petrolio”e racconta il lato più nero della storia italiana. Pasolini inizia a comporlo nel ’72; lo sviluppa nel ’74, quando il “Corriere” pubblica il famoso editoriale, continua a scriverlo nel ’75, quando gli tappano per sempre la bocca.

Il libro parla dell’Eni, della morte di Enrico Mattei, della scalata ai vertici di Eugenio Cefis. Qui Pasolini abbandona la narrativa, usa il linguaggio della cronaca, e ci lascia in eredità un documento di denuncia.

Una denuncia per smascherare la natura perversa e assassina del potere in Italia.

di Lilith Fiorillo 

Fonti 

Periodici:

  • Il Romanzo delle Stragi- Cos’è questo golpe? Io so”- Corriere della Sera, 14 novembre 1974

  • Pasolini ucciso da due motociclisti?” di Oriana Fallaci, da “L’Europeo” n.46 del 14 novembre, 1975.

Bibliografia:

  • Laura Betti, a cura di. “ Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte” -Garzanti, 1978;

  • Pier Paolo Pasolini – “Petrolio”– Oscar Mondadori 2005;

  • Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza – “Profondo Nero”- Chiarelettere 2009.

Filmografia:

  • Pasolini, un delitto italiano” – regia di Marco Tullio Giordana, italia 1995.

 
 

4 risposte

  1. Centrato il senso, il movente, lo scopo di tali avvenimenti..
    Quali le strategie dei un sistema ke continua ad agire indisturbato perché consapevole dell’anello debole su cui poter far leva. Grazie alla disperazione dell’uomo , esso trama le sue subdole mosse senza dover neanche sporcarsi le mani di conseguenza..
    Brava!

  2. Articolo molto interessante, non conoscevo nei dettagli la questione del libro lasciato insoluto, e questo fatto merita sicuramente di essere approfondito; la storia del Pelosi d’altronde non era credibile, per sua stessa ammissione (“taccio per l’incolumità della mia famiglia”). Bisognerebbe anche sentire la campana di Citti, regista ex-collaboratore di pasolini che ha sempre affermato di conoscere la verità sul fatto e sul movente..vien da chiedersi se non gli abbian ancora tappato la bocca perchè in realtà non sa nulla o perchè in quest’Italia ormai questa vicenda rimane come fatto folkloristico del passato di cui parlare solo a tarda sera in qualche programma tv..a tal proposito, bell’articolo davvero.Si tende a dimenticare o non approfondire, invece con pezzi come questo si scoprono sempre cose nuove, o si riportano alla mente cose che non dovrebbero essere scaordate..complimenti.

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