Vialli e Mihajlovic:
una triste verità

Sinisa Mihajlovic
e una triste verità

La morte di Sinisa ci dimostra come a volte
non basta essere forti e combattere

di Claudio Rinaldi

Vialli e Mihajlovic:
una triste verità

Sinisa Mihajlovic
e una triste verità

Sinisa Mihajlovic
e una triste verità

di Claudio Rinaldi
Sinisa

Vialli e Mihajlovic:
una triste verità

Sinisa Mihajlovic
e una triste verità

La morte di Sinisa ci dimostra come a volte
non basta essere forti e combattere

di Claudio Rinaldi

La morte di Sinisa Mihajlovic ha sconvolto tanti, tantissimi, direi tutti. E purtroppo ci riporta sulla terra. Ci dimostra come – a volte – non basta essere forti, non basta la volontà. Non basta combattere. A volte – anche se è dura da accettare – si perde e basta. 

Sinisa era un bravo allenatore e prima ancora un grandissimo calciatore. Il suo mancino era una delle prove dell’esistenza di Dio. Le sue punizioni erano un quadro di Van Gogh. Ma Sinisa non era solo un uomo di sport. Non era solo un leader della panchina. Sinisa negli ultimi anni era diventato molto di più

Da quella maledetta conferenza stampa del 2019, da quando – con una naturalezza che solo i grandi possono permettersi – annunciò al mondo di avere la leucemia, si era trasformato in un simbolo per migliaia di persone, conquistando il cuore anche di chi non lo amava, di chi lo reputava strafottente, di chi lo considerava nemico per fede calcistica o politica. 

Ecco, Sinisa per tutti era un uomo forte. Uno che non aveva paura di niente. Uno che non aveva abbassato la testa neanche davanti alla malattia. In una parola: un combattente. E questo aveva dato speranza a tanti. “Se vuoi, puoi… anche sconfiggere il tumore”. Era in fondo l’insegnamento di Sinisa. Lui che, dopo l’ospedale, era tornato ad allenare. Lui che non aveva mai perso il sorriso e la voglia di stupire. 

E così sapere oggi che anche lui alla fine è caduto, sapere che la malattia più insidiosa – quella che si fa fatica persino a nominare – ha preso il sopravvento, ci dice che una cosa sono i sogni e un’altra la realtà. Ci dimostra – ancora una volta – come certi ostacoli, certi muri semplicemente non si superano. Possiamo illuderci. Ma alla fine il nostro corpo resta lì, impigliato, bloccato e poi travolto. 

Sei troppo pessimista”, qualcuno potrebbe obiettare: “C’è chi la malattia l’ha superata”. È vero. Lo so. E meno male. Ma il punto è un altro: chi ci è riuscito, lo ha fatto non perché ha combattuto di più. Non è questo il discrimine. Va detto, una volta per tutte. Per rispetto a Sinisa e ai tantissimi combattenti che non hanno mai mollato e che però non sono più tra noi. 

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