Romics. Non chiamateli fumetti.

di Adriana Bonomo

Romics. Non chiamateli fumetti.

di Adriana Bonomo

Romics. Non chiamateli fumetti.

di Adriana Bonomo

Entrare in mondi paralleli. Mondi veri: con abitanti obbedienti a proprie leggi biologiche, con città regolate dalle proprie leggi e dai propri costumi sociali. Complesso, quanto la realtà odierna.

Sono mondi che si scoprono vivendoli. Si impara a viverli, a comprenderli. Talora sono mondi in cui ci si rifugia, guidati dalla voglia di entrare in una realtà in cui ogni essere sembra avere maggior consapevolezza di sé, sembra essere in grado di leggere le regole del gioco e giocare.

Non c’è sempre il fair game. Ma ognuno di noi può giocare perché sa che, al contrario della realtà in cui viviamo, le regole si possono imparare .

Esistono quei rari momenti in cui questi mondi paralleli penetrano nella nostra realtà. Non solo quando li leggiamo, li vediamo, li immaginiamo. Esiste un giorno in cui in modo pervasivo e prorompente il mondo dei fumetti diventa realtà.

Il Romics è quel mondo in cui la superficialità, la forzata razionalità e la razionalizzazione, il workaholism e ogni forma di criterio di value for money sono osteggiati come un cancro.

Incontrare in un sol giorno Capitan America, Rubber, Naruto e Seshomaru. Sfoderare la Light Saber dei cavalieri Jedi (e fare una foto con i Jedi). Vedere Light Yagami ed Elle scattarsi una foto insieme. Cercare il Tex o il Diabolik mancante. Prendere lezioni di spada, potendo scegliere tra sciabola, spada e spadino o spada a due mani. O semplicemente vedere Toy Story 3, mangiando marshmallows. E poi naturalmente i Cosplay.

Sentire di condividere il medesimo linguaggio. Il disegno raffinato dei manga, la complessità delle saghe fantasy. Il mondo degli Shinigami.

Una letteratura leggibile dai piccoli. Divorata dai grandi.

Certo tanti mancavano. Inoltre, gli eventi sembravano lasciare poco spazio ai manga giapponesi e ai “nostri” fantasy.

Ma intanto, per un giorno, questo mondo è una realtà in cui tutti noi sognatori di mondi possibili spacchettiamo quel piccolo nucleo di disagio che nascondiamo sui nostri comodini. Questo mondo spesso osteggiato, spesso trascurato, o semplicemente non conosciuto.

A fine giornata resta un po’ di amarezza perché è finito. Perché è stato breve. Perché non ho incontrato il Sergente Sousuke Sagara. Ma mi consola aver portato con me un frammento di quel mondo. In quella busta bianca poggiata sul sedile del treno verso casa, custodisco gelosamente il primo volume di Sin City. La porta di quella che è semplicemente un’altra realtà.

 

3 risposte

  1. “Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa! Ciò che è, non sarebbe e ciò che non è, sarebbe!”
    E’ Alice a dirlo.
    Mi hai fatto pensare a lei, alla straordinaria sognatrice.
    Nella tua “Wonderland” personale.
    Adriana-Alice.

  2. Credo che sia questo che ogni Alice dentro di noi cerchi nelle nostre letture. Tanto i classici della letteratura, quanto i fantasy o i manga evocano mondi. L’esperienza del lettore non è solo addentrarsi in questi mondi per osservarli incuriosito. Entriamo in questi mondi in qualità di cittadini.

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