Roberto e le sue prime volte

di Cara Futura Rigby

Roberto e le sue prime volte

di Cara Futura Rigby

Roberto e le sue prime volte

di Cara Futura Rigby
Roberto, 36 anni, sta nel mondo e tra la gente con il sentimento di chi ci è capitato e non sa bene né come né perché.
A volte si sente un pesce fuor d’acqua, ma tutto sommato ai suoi simili, gli umani, vuole bene. Quando lo fanno arrabbiare un po’ meno, ma in quel caso ricorre a una terapia di piumoni, pizza e castagne.
Lo conosco da una strana quantità di anni che è tanta se si considera che è sopra la decina o poca quando desidero non volermene mai separare. Ed ha questo sintomo: mi racconta sempre gli stessi aneddoti. Inizia dicendo: “te l’ho mai raccontato di quella volta che…?” E sì, lo ha già raccontato, almeno 3 o 4 volte. Ma io, per non deluderlo e perché gli voglio bene, non glielo dico. Anzi, gli dico di no che “non me l’ha ancora mai raccontato”. Glielo dico anche perché Roberto ha la capacità di raccontare le stesse identiche cose ogni volta con parole diverse, ogni volta da una prospettiva diversa e ogni volta iniziando da un punto diverso.
E dunque, di fatto, è sempre la prima volta. Sia per lui, che per me.
A volte inserisce una variante, cioè mi racconta cose che non so, mi racconta di qualcosa che lo ha fatto soffrire, che lo ha colpito o che gli ha strizzato il cuore.
Spesso, alla fine di una serata, si sente in colpa e mi dice: “Scusa se ti attacco le mine.”
Le sue io non penso mai che siano mine: sono la fessuretta di persiana da cui guarda e vive il mondo.
Accade poi che qualcosa non me la racconti. Mi dice: “ho fatto un fioretto, se si avvera te lo dico.” Poi si avvera e me lo dice e, se non si avvera, me lo scrive in un sms.
I suoi ricordi migliori sono appaltati alle foto istantanee che, lui dice, sono migliori di quelle del cellulare. Uniche e incancellabili, per svilupparsi “hanno bisogno della temperatura giusta, nè troppo calda, nè troppo fredda, quella situata ad esempio, nel taschino interno di una giacca, vicino al cuore”. Per Roberto, le foto si sviluppano vicino al cuore, in quel posto in cui i ricordi non rischiano il freddo dell’oblio nè l’incendio delle rabbie distruttive.
Di notte russa, ma il rumore più forte che fa è determinato solo da un’altra sua caratteristica: una gentilezza disarmante. La cura per le sue piante sono il frutto della sua capacità di accarezzare le cose.
Ha un cane di nome Gina e quando li guardo insieme ho come l’impressione che Roberto sia una Gina nel mondo degli umani e che Gina sia un Roberto nel mondo canino.
Oggi Roberto lavora proprio a contatto con quegli umani che gli creano disagio e lavora proprio mettendo in grafica i suoi aneddoti che racconta sempre “come fosse la prima volta”.
Di quelli come Roberto avremmo tutti un po’ bisogno: che guardano il mondo come fossero nati in quel momento e che ti fanno credere che il disincanto è una malattia.
Di sè un giorno disse: “ho passato un’adolescenza a farmi le pippe e a fare disegni.”
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