“La forza di Fratelli d’Italia e della Meloni? Essere sempre stati lineari e non aver mai anteposto il potere ai valori”. Parla a The Freak Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera nell’ultima legislatura ed esponente di spicco del partito di Giorgia Meloni. Rampelli ha iniziato la sua carriera politica negli anni ’80 nel Fronte della Gioventù. E’ stato poi consigliere comunale a Roma con MSI-DN e consigliere regionale nel Lazio con Alleanza Nazionale. E’ entrato in Parlamento nel 2005. E’ uno dei fondatori di Fratelli d’Italia.

Partiamo dai numeri. Alle Europee 2019 Fdi era al 6.5%, oggi – almeno secondo gli ultimi sondaggi – viaggia attorno al 25%. Qual è la chiave di questa ascesa così evidente e repentina?
“Non aver mai bruciato le tappe ed aver costruito una storia pezzo per pezzo. Abbiamo avuto il coraggio, nel momento giusto, di rifondare una destra che era scomparsa dalla scena politica. Coraggio di esserci staccati da un partito gigantesco come il Popolo delle Libertà. Siamo sempre stati lineari e coerenti, non abbiamo mai intrapreso scorciatoie e mai anteposto il potere a progetti e valori”.
Anche perché sareste potuti andare al Governo già nel 2018 nel Conte I e poi nell’esecutivo di unità nazionale di Draghi e invece?
“Invece abbiamo scelto di essere coerenti perché abbiamo sempre detto che non avremmo governato con il Pd e con il Movimento 5 stelle. Questo ci ha dato un quid di popolarità e simpatia. E in più non dimentichiamo la figura di Giorgia Meloni, assolutamente imprescindibile. Dice quello che pensa e fa quello che dice, e questo i cittadini l’hanno capito”.
A non averlo capito però sembra essere una parte consistente dell’establishment europeo. Più di qualcuno – come il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans – teme Giorgia Meloni come futuro premier italiano. Cosa risponde?
“Avrebbero dovuto temere molto di più il Pd, partito che ha governato per oltre 10 anni non vincendo mai le elezioni. Manifestazione di un’anomalia che è di fatto un pericolo. Noi non costituiamo un pericolo intanto perché questo è il gioco democratico, quindi dopo essere stati all’opposizione se i cittadini lo vorranno, raccoglieremo abbastanza voti per essere alla guida dell’Italia. Non ci sono pericoli all’orizzonte e se si smettesse di credere alla propaganda, forse in tanti ammetterebbero che noi non rappresentiamo affatto un rischio, se mai una risorsa.
Penso che il Pd abbia esaurito la sua spinta positiva e propulsiva ed è giusto che si faccia una stagione di opposizione e ricarichi le batterie”.
Anche in Italia, tutte le maggiori star dello spettacolo hanno attaccato la leader di Fdi…
“Una star è veramente tale quando percepisce di potere essere un simbolo e un esempio per la società. Star che mistificano la realtà o si fanno manipolare non sono un problema per noi”.
Molte di queste star sono di sinistra, perché gli artisti di destra invece sono più silenziosi nell’esporre le loro idee?
“Fa sorridere, appunto, che nel mondo della musica non ci siano personalità di centrodestra o di destra, che si sentono in dovere di spezzare una lancia in favore di Giorgia Meloni dopo gli attacchi che ha ricevuto. Ti viene il sospetto che questi musicisti siano inibiti, abbiano paura di farsi avanti per non perdere il lavoro o uscire dal circuito musicale. Se così fosse, la morale ci dice che non c’è democrazia nelle modalità di funzionamento che il Pd ha immaginato per il mondo dello spettacolo”.
Si riferisce a quello che è accaduto a Laura Pausini, che in uno show estero, si è rifiutata di cantare “Bella Ciao”?
“Sì, quello che le è successo è vergognoso. Come se tutti noi dovessimo allinearci al pensiero unico dominante. Io posso non aver in simpatia per la canzone “Bella ciao”, che è anche orecchiabile per carità, perché rappresenta una stagione brutta che ha visto il popolo italiano lottare in una guerra civile. Per quanto possa esser “carina o orecchiabile”, io ho il diritto di non volerla cantare perché richiama proprio un periodo storico buio e lontana dal nostro presente”.
C’è diversità di vedute tra voi e la Lega anche sulle sanzioni alla Russia?
“L’approccio che ha impostato Giorgia Meloni non è critico verso le sanzioni, ma piuttosto verso la comunità occidentale non si sta mostrando sufficientemente solidale e coesa. Dovrebbe fare, come accaduto con il PNRR, un fondo comune per poter intervenire in sostegno di quelle nazioni che si caricano il peso delle sanzioni. Perché le sanzioni non sono tutte uguali”.
Cosa intende dire?
“C’è chi ha un approvvigionamento energetico ed è quasi autosufficiente verso il gas russo e chi invece non ha sbocchi sul mare, penso all’Ungheria. Per non parlare poi dell’Italia che a causa del blocco delle attività estrattive del gas domestico ha tantissime difficoltà, come ben sappiamo”.
Expo2030. Lei è favorevole alla candidatura di Roma, dunque ha la stessa posizione del sindaco Gualtieri, ma non vuole puntare sulle Vele di Calatrava quale elemento centrale della candidatura? Per quale motivo?
“È una operazione urbanisticamente fallimentare, e ci sarò un motivo se è rimasta parcheggiata, come progetto, per decenni. Significa che sono stati fatti male i conti. Al posto delle Vele, doveva nascere una seconda città dello sport. Il primo errore fu quello di Veltroni che pensava che la comunità potesse sobbarcarsi il peso e la gestione di due città dello sport mentre quella del Foro Italico cade a pezzi perché non ci sono i soldi per la ristrutturazione. E io penso quindi al costo di gestione di quelle vele in un momento di crisi energetica come quella che viviamo”.
Inclusione sociale e sussidiarietà, temi considerati ‘ostici’ per Fdi. In molti si chiedono se saprete capire il Paese che accoglie gli ultimi? E cosa farete in particolare col reddito di cittadinanza?
“La mia destra, la nostra destra è sempre stata una destra sociale e popolare, sempre vicina agli ultimi e agli esclusi. Ad esempio, rispetto ai flussi immigratori, noi ci siamo posti il problema di coloro i quali non hanno né le energie fisiche né i soldi per poter pagare i trafficati e gli scafisti per attraverso il Deserto o il mare.
Noi vogliamo continuare ad accogliere a braccia aperte le famiglie che scappano dalle guerre, dalle persecuzioni, come prevedono gli accordi internazionali che l’Italia ha sottoscritto e che noi vogliamo onorare. Ma bisogna dire basta all’ipocrisia secondo la quale questo genere di immigrazione, fatta da profughi e rifugiati, si debba sovrapporre con quella economica”.
Vale a dire?
“L’immigrazione economica prevede che oltre 10 milioni di africani, domani mattina, qualora potessero, si trasferirebbero tutti in Italia e in Europa. E questa cosa è impensabile e impossibile perché non abbiano la capienza per poter dar da mangiare, dormire o bere a queste persone”.
E quindi quale soluzione propone?
“Dobbiamo fare le nostre operazioni diplomatiche e commerciali, e lo deve fare soprattutto l’Italia perché siamo una terrazza che si affaccia sul continente africano. Questo servirà a dare il nostro contributo sulla cooperazione allo sviluppo, sugli investimenti alla crescita, sulla realizzazione di strade, dighe ed infrastrutture primarie. L’Africa ha il diritto ad emanciparsi dalle potenze occidentali che hanno determinato poi la fuga da quel continente”.
Parlando degli ultimi, qual è la vostra posizione per quanto riguarda il reddito di cittadinanza?
“Non vogliamo abolire questo aiuto, soprattutto per le popolazioni più fragili. Vogliamo separare però quelli che sono in grado di lavorare da quelli che invece sono inabili a farlo.
I secondi devono esser assistiti, mentre ai primi va dato un lavoro, un qualunque lavoro.
Noi vogliamo usare i fondi del reddito di cittadinanza per chiedere alle aziende, con uno stipendio di 750 euro al mese pagato dallo stato, di assumere queste persone per 3 anni”.