R.E.M. – MONSTER (1994)

di Piero Corigliano

R.E.M. – MONSTER (1994)

di Piero Corigliano
R.E.M. - Monster (1994)

R.E.M. – MONSTER (1994)

di Piero Corigliano

“Monster” dei R.E.M. Ricordo ancora la prima volta in cui lo ascoltai. Ero completamente sdraiato su una panchina, sotto il sole mattutino arido e cocente e poco vicino al mio negozio di dischi preferito. Avevo le cuffiette per la musica ed all’improvviso partì un brano dal ritmo velocissimo e spiazzante, dal suono grezzo e rock and roll. 

I R.E.M. che non sembravano i R.E.M.

In effetti non sentivo quello che in genere ci si puo’ aspettare dalla propria band preferita. O meglio, cio’ che io – fan già da tempo – in quel momento mi aspettavo dalla mia band. Erano davvero i R.E.M. cio’ che mi arrivava dal cd-audio? 

Erano davvero loro, non poteva esserci dubbio.

Andiamo un po’ indietro negli anni, al 1994.

E’ finito da poco il “sogno ad occhi aperti” portato dall’accoppiata trionfale di ‘Out of time’ e ‘Automatic for the people’ e la band georgiana, diventata popolarissima nei quattro continenti principali, decide di comporre un album rock, diverso dai precedenti, molto piu’ lenti e poppeggianti. Ne esce fuori un “mostro”, un prodotto finito che e’ decisamente diverso da cio’ che era stato fino al quel momento, un coraggioso cambio di rotta. Chitarre rock-glam distorte, così diverse da quelle belle, cristalline e limpide, dei tre album immediatamente precedenti. Un’atmosfera selvaggia e sensuale, un po’ rock, un po’ glam, un po’ punk. Si, effettivamente la gran parte del nuovo lavoro poteva considerarsi un “alieno” dalle fattezze oscure e non facilmente inquadrabili. 

Dicevo, il sottoscritto era disteso su una panchina con le cuffiette nelle orecchie. Avvertii come una ‘sveglia’ improvvisa alle note veloci e trascinanti di “What’s the frequency, Kenneth”, brano dal testo puramente non-sense (ci si chiede ancora cosa vorrà dire) ma dalla pregevole fattura rock and roll. La sezione ritmica in primo piano insieme alle chitarre ruggenti.

“Crush with eyeliner” e “King of comedy” sono invece brani che risultano addirittura ossessivi. La prima è però ai vertici dell’album, con i suoi suoni di più chitarre sovrapposte ed un’andatura irregolare e zoppicante. Non certamente una delusione, anche se sembrano più i Sonic Youth, band molto sperimentale, che i R.E.M. Dopo il viaggio, onirico e sognante, del rock leggero: “I don’t sleep, I dream” arriva “Star 69”, ovvero un missile lanciato a tutta velocità, che virando su un punk-rock dalle alte frequenze, affronta un argomento ricorrente fra le note pesanti di ‘Monster’: le ossessioni, il mistero, il lato oscuro dell’animo umano e ciò che può rivelarsi dietro le apparenze. Il brano e’ ottimo. 

“Strange currencies” e “Tongue” ci riportano ai R.E.M. che sembrano i R.E.M., essendo due ballate lente e solenni. La prima è una sincera, a tratti stucchevole, dichiarazione d’ amore, la seconda invece un piacevole lento con organo e pianoforte ad accompagnare la voce di Stipe, che canta in falsetto.

Ma in “Monster” entra anche, e fortemente, la dimensione umana del ricordo. “Let me in” è il forte, profondo vertice emozionale del lavoro; ci sono poche parole per descrivere questo urlo straziante e disperato, dedicato al famoso amico di Michael Stipe, Kurt Cobain, trovato morto nell’Aprile 1994. A quel tempo, mentre la band stava lavorando al nuovo disco arrivò improvvisamente la notizia del suicidio del frontman dei Nirvana, funesta e inaspettata, considerato anche quanto Cobain fosse diventato famoso con la sua musica.

La chitarra è un vero e proprio urlo, arcano e funebre, di disperazione che, nel combinarsi con i sussurri creati dalla voce dolce di Stipe, tratteggia un quadro dalle tinte forti e solenni, dando sfogo ad un continuo crescendo insieme dolce e disperato in un’atmosfera dark ed emozionante. ‘Bang and blame’ e’ un pop-rock di ottima fattura, ben suonato, con un basso piacevole. 

La dimensione più onirica, e’ presente anche nella conclusiva ‘You’, mentre ‘I took your name’ e ‘Circus Envy’ sono schermaglie rock grezze e potenti, adatte anche alla dimensione live del ‘Monster tour’ che accompagnerà l’uscita dell’album.

Il disco successivo ad “Automatic for the people” e’ un “mostro” quindi, a tutti gli effetti, refrattario alle definizioni, difficilmente approcciabile e catalogabile, se non come Hard-rock con punte di glam; un disco che sebbene non sia – a mio parere – un capolavoro, si guadagna un 7 pieno in pagella e aggiunge altri brani gradevoli al repertorio degli R.E.M.

 

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