QUO VADO? “Noi posti fissi eravamo venerati come dei”

di Chiara De Dominicis

QUO VADO? “Noi posti fissi eravamo venerati come dei”

di Chiara De Dominicis

QUO VADO? “Noi posti fissi eravamo venerati come dei”

di Chiara De Dominicis

Nel 2013 avevamo lasciato Checco Zalone in “Sole a Catinelle” nelle vesti di un rappresentante che si ritrovava senza clienti per la crisi e sposato con un’operaia a rischio licenziamento.

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Tre anni dopo lo ritroviamo a mo’ di lavoratore statale che combatte contro la riforma amministrativa volta a snellire gli uffici del pubblico impiego. Checco è abituato ad un sistema dove l’educazione prevede che venga portato sempre qualcosa ‘al posto fisso’ in segno di gratitudine. Un meraviglioso mondo del lavoro dove il badge è già timbrato, l’entrata in ufficio in anticipo coincide più o meno con le 11.30 e la sala riunione si sposta al bar. Mica male eh? Ricordate a voi stessi perché avete deciso di diventare schiavi delle multinazionali, delle società di consulenza e degli studi associati…

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Con l’aiuto del suo angelo custode e fonte d’ispirazione, il senatore Lino Banfi che ha sistemato tutta la famiglia al comune, in regione e alla provincia, Checco continua a difendere con le unghie e con i denti il suo posto fisso senza pensare minimamente a patteggiare la buonuscita. D’altronde “il posto fisso è sacro”. Serve altro?

Il nostro eroe combatte una funzionaria senza scrupoli e il suo assegno, diventando un vero e proprio caso istituzionale; viene mandato prima in Val di Susa (magari a me un bel posto tra le montagne!), poi a Nuoro, ed infine a Lampedusa con gli immigrati. Ma lui non molla mai.

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A questo punto la soluzione non resta che una: il circolo polare artico della Norvegia, dove sì, fa più freddo di Roccaraso mamma!, a difendere i ricercatori dagli attacchi degli orsi. Ed è lì che incontra una brillante ricercatrice.

Inutile dire che Checco agli occhi dei norvegesi sembra il più strano solo perché a 38 anni vive ancora con mamma e papà. Embè, che c’è da ridere?

E’ giunto il momento di provare ad essere anche più civili: d’altronde, anche noi italiani siamo in grado di aspettare che le macchine partano al semaforo senza suonare il clacson,  fare la raccolta differenziata e rispettare la coda.

Insomma, il nostro compatriota firmerà o meno la buonuscita? Basterà soltanto la visione di Albano Carrisi e Romina Power sul palco di Sanremo per fargli avere nostalgia del bel paese? La riforma amministrativa che voleva farlo fuori sarà effettivamente figlia di mr. Efficacia e miss Efficienza?

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Quo vado, a differenza di molti altri film nel suo genere, fa ridere e allo stesso tempo ha buone idee e fa riflettere. Sicuramente è anche merito del regista, Gennaro Nunziante, co-sceneggiatore negli altri fortunati film di Zalone. L’ironia sta non soltanto nel marcato riferimento allo stereotipo dell’italiano incivile, ma anche negli usi e costumi altrui: uomini, Checco incluso, messi a fare lavori da donne come stirare e fare il sugo mentre la propria moglie va a fare sport con l’ex fidanzato, per non parlare delle “crisi” sui balconi dei paesi del Nord…

Dunque la verità è che non tutto quel che luccica è oro. D’altronde solo un pugliese avrebbe potuto organizzare un pranzo allargato offrendo a tutti una vagonata di panzerotti.

L’ultima riflessione che Checco mi ha ispirato è la seguente: siete al supermercato, in fila alla cassa, e dietro di voi c’è qualcuno con una sola, misera, bottiglietta d’acqua mentre voi avete fatto la spesa come se la carestia arrivasse domani. Ecco, voi a quel poveraccio lo fareste passare avanti? Se la risposta è sì, allora quello probabilmente è ciò che vi distinguerà da un tipico norvegese. Se la risposta è no, sappiate che il pover uomo in fila potrebbe essere l’assessore comunale che proprio non vuol firmarvi il permesso per proseguire i lavori di casa che vi ha bloccato o, peggio ancora, un amico del vicino che, tramando alle vostre spalle, sta per denunciare la tettoia abusiva che avete fatto per la macchina. Vale la pena rischiare amici? Avete già pronta una cassa di arance di prima qualità o una mazzetta nel cassetto? Rifletteteci prima agire, mi raccomando.

 

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