Il colle dimora di Papi,
Sovrani e Presidenti

Quirinale, la storia del colle più illustre di Roma

La dimora di Papi, Sovrani e Presidenti

di Simone Pasquini

Il colle dimora di Papi,
Sovrani e Presidenti

Quirinale, la storia del colle più illustre di Roma

Quirinale, la storia del colle più illustre di Roma

di Simone Pasquini

Il colle dimora di Papi,
Sovrani e Presidenti

Quirinale, la storia del colle più illustre di Roma

La dimora di Papi, Sovrani e Presidenti

di Simone Pasquini

Per secoli il Palazzo eretto sul colle Quirinale ha costituito il simbolo stesso del potere politico nella città di Roma. Prima di assurgere a residenza ufficiale dei Presidenti della Repubblica italiana, quelle stesse mura furono il luogo dove ben trenta papi e quattro sovrani sabaudi hanno condotto il loro ufficio, decidendo le sorti di più di un momento cruciale della storia della penisola. Tuttavia, la storia di questo palazzo continuamente rappresentato e citato è molto meno nota di quella dei suoi illustri inquilini.

Già ai tempi dell’impero romano il colle del Quirinale costituiva uno dei più importanti centri di potere di Roma. Lungo le sue pendici, dominate dalla antica via Alta Semita (oggi Via del Quirinale), si ergevano alcuni fra gli edifici più importanti dell’Urbe, fra cui le magnifiche terme volute dall’imperatore Costantino e, soprattutto, il gigantesco tempio di Serapide eretto dall’imperatore Caracalla. Ancora nel ‘500 i resti di questi giganteschi edifici erano ben visibili, al punto da attirare frotte di umanisti ed amanti del classico desiderosi di ammirare le vestigia dei tempi che furono.

Per la stessa ragione, essendo ormai la zona collocata nella “periferia” di Roma, in un ameno contesto agrestre, essa divenne un luogo ambito da quei notabili, laici ed ecclesiastici, alla ricerca di un luogo dove trascorrere gli ozi estivi, lontano dalla calura del centro abitato. Uno di questi, il Cardinale Oliviero Carafa, fece costruire la propria “vigna di delizia”, ovvero un complesso di due palazzine separate, con annessa vigna e giardino parterre, nei pressi dei resti del gigantesco tempio di Serapide. Nel 1502 il cardinale decide di donare la villa ai suoi fratelli, i quali incominciano ad affittarla a vescovi e cardinali, molti dei quali incominciano ad apprezzare i grandi pregi della collocazione.

Dopo numerosi interventi apportati da Papa Gregorio XIII Boncompagni, il cui architetto Ottaviano Mascarino ridisegna la fisionomia della “vigna” gettando le basi del nuovo palazzo, sarà Papa Sisto V a voler definitivamente procedere con l’acquisto della proprietà dalla famiglia Carafa: l’intento è quello di creare un vero e proprio palazzo pontificio, degno di ospitare la corte papale durante i mesi estivi.

Purtroppo, il breve pontificato di Sisto V (1585 – 1590) impedirà di portare a termine molti degli interventi progettati, i quali verranno ripresi pochi anni dopo dal nuovo papa Paolo V Borghese. Con Paolo V il Quirinale incomincia a prendere la forma che oggi tutti noi conosciamo: la vecchia struttura della vigna ha ormai lasciato il posto ad un vero e proprio complesso su tre lati, abbellito da giardini che ormai hanno raggiunto la considerevole estensione di 3 ettari.

La volontà di fare del nuovo Palazzo una sede papale permanente è data dalla costruzione della famosa Cappella Paolina, gioiello del barocco romano, le cui dimensioni replicano esattamente quella della cappella Sistina in Vaticano. La decisione presa da Paolo V verrà sostanzialmente confermata dai tutti i pontefici successivi, i quali, alcuni più di altri, contribuiranno ad ampliare ed abbellire il complesso, mantenendo il suo nuovo ruolo di residenza pontificia fino alla conquista napoleonica del 1809.

In seguito all’annessione degli Stati di Roma da parte delle truppe francesi e la deportazione in Francia di Papa Pio VII (il quale aveva osato scomunicare l’Imperatore), il palazzo del Quirinale va ad aggiungersi alla ormai lunga lista delle residenze ufficiali di Napoleone. Il generale corso non avrà mai modo di visitare Roma prima della sua caduta, ma ciò non di meno il palazzo subì interventi strutturali finalizzati ad adattare la struttura alle esigenze della corte imperiale.

Questi adattamenti non avranno vita lunga poiché il ritorno a Roma di Pio VII nel 1815 comporterà una damnatio memoriae di tutto ciò che di imperiale era stato apposto nei 5 anni precedenti, sebbene alcune tracce siano visibili ancora oggi. Basterà ricordare, come esempio, il riadattamento della famosa Galleria di Alessandro VII Chigi, abbellita dagli affreschi di Pietro da Cortona, che era stata “scomposta” in tre sale più piccole adibite ad anticamere per le udienze dell’Imperatrice Maria Luisa.


La struttura del palazzo non subirà più interventi particolarmente invasivi fino alla fine dello Stato Pontificio il 20 settembre del 1870, quando le truppe italiane irruppero nella capitale attraverso la Breccia di Porta Pia. Seppure con qualche iniziale reticenza, il palazzo del Quirinale venne infatti confermato nel suo ruolo di residenza ufficiale, questa volta però dei nuovi sovrani dell’Italia finalmente unita.


Come gli incaricati di età napoleonica ebbero riscontrato a loro tempo, anche i sovrintendenti della Real Casa sabauda si resero conto che il palazzo necessitava di importanti interventi al fine di svolgere propriamente la nuova funzione: le stanze del nuovo re Vittorio Emanuele II vennero collocate all’interno della porzione di palazzo nota come “palazzina del Fuga”, dal nome dell’omonimo architetto.

Il Re Vittorio Emanuele II al Quirinale

Non si trattò di impresa vana in quanto, sebbene il rustico Vittorio Emanuele abbia sempre preferito soggiornare al piano terreno del Palazzo, in stanze più vicine alle nuove scuderie reali, la palazzina sarà in tempi più recenti destinata ad ospitare gli appartamenti privati dei Presidenti della Repubblica.

Gli interventi di età sabauda all’interno del Palazzo, tranne che in pochi ed isolati casi, non furono particolarmente incisivi, cosa che ha molto spesso permesso di conservare al di sotto degli arazzi e delle tappezzerie le originari decorazioni di epoca pontificia. Il passaggio dei sovrani sabaudi, tuttavia, è ciò non di meno testimoniato dai fregi, dalle decorazioni delle sale di rappresentanza e, ultimo ma non meno importante, dalla grande collezione di vasella, suppellettili ed argenteria, utilizzati solitamente nel corso di incontri di Stato ed altre occasioni ufficiali.

Nel 1946, con la partenza di re Umberto II per l’esilio, il palazzo del Quirinale continua a svolgere la propria funzione di residenza dei capi dello Stato. I dodici presidenti che finora si sono avvicendati sul colle si sono incaricati di preservare l’enorme patrimonio storico ed artistico conservato all’interno delle mura del palazzo, pur senza provvedere ad ingenti opere di modifica (i tempi dei papi umanisti erano ormai passati, anche in considerazione degli scarsi mezzi a disposizione dell’Italia del secondo dopoguerra).

Tuttavia, dopo ormai più di settanta anni dalla Proclamazione della Repubblica, ci si stava rendendo conto di come l’unico periodo storico non rappresentato dalle opere d’arte del Quirinale fosse proprio quello repubblicano.

Sulla scorta di tali considerazioni, il Presidente Mattarella, all’indomani della sua elezione a Capo dello Stato, decise di fare in modo che nel “palazzo di tutti gli italiani” fosse esposto anche l’orgoglio dell’arte contemporanea italiana: nell’ambito del progetto “Quirinale Contemporaneo” alcuni fra i più grandi pittori, scultori e designer italiani della seconda metà del ‘900 sono presenti all’interno del Quirinale con le loro opere (alcune delle quali donate alla Presidenza dagli autori stessi) le quali vanno ad arricchire ed abbellire un patrimonio già incredibilmente vasto, capace di stupire ed affascinare le migliaia di visitatori che ogni anno visitano il Palazzo sul colle più illustre di Roma.

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