QUERCIALUCE, NATURALMENTE VINO

di Fabrizio Spaolonzi

QUERCIALUCE, NATURALMENTE VINO

di Fabrizio Spaolonzi

QUERCIALUCE, NATURALMENTE VINO

di Fabrizio Spaolonzi

Quercialuce, naturalmente vino

È  da diverso tempo che seguo il trend dei vini biologici, da un lato, certamente, per capirne la filosofia, l’approccio culturale, le motivazioni, dall’altro, mi pare giusto, per testarne il sapore. Ma, pur partendo con un certo scetticismo verso tutto quello che è moda della contro-moda, ho voluto scegliere una cantina che non ha pretese da guru o esibizionismi da frontman.

Ho così scoperto, e per questo ringrazio l’amico e collega Marco, la tenuta Quercialuce, che devo dire si è dimostrata all’altezza di un ragionamento semplice, naturale, come i vini che produce. Dietro, mi racconta Massimo Monti, proprietario dell’azienda, c’è un suo pensiero, un suo modo di intendere il vino, che non è, appunto, da “follower” o da ricercatore di una mai ben chiara gara ad essere i più “naturali” “biodinamici” “bioetici” o quant’altro. Ed ecco perché, tra le imprese divi(g)ne, quella di Massimo trova un suo spazio meritato ed opportuno. Perché è la sua storia e non quella di una corrente di pensiero generalizzata.

Ma diamo la voce all’autore di questa produzione. Massimo, per farci raccontare la sua storia, e quella della sua tenuta, Quercialuce, il cui nome che illumina di etereo e fa già da solo ben predisporre alla rilassatezza di una degustazione, nasce dalla posizione della tenuta, su una collina con vista mare, ed in particolare da una panchina situata vicino a una Quercia, con la visione del mare in piena luce. In particolare, mi dice Massimo, da quando sorge il sole a quando tramonta, lì c’è sempre il pervadere della luce.
Quercialuce
Il vino in maniera naturale, cosa significa per voi? Perché oggi è anche un po’ una moda, ma mi pare voi siate un  diversi anche su questo.

Partiamo dal presupposto che sono medico, ed anche laureato in agraria – non me la tiro, ma visto che vorrei bere vino, vorrei anche avesse caratteristiche di salubrità importanti…per questo motivo ho unito il sapere medico a quello enologico, approccio che ho avuto sin dal principio, come dimostra la mia tesi di laurea, che si basa appunto sulla metabolizzazione dell’so2 nell’organismo umano e relative conseguenze (come e quanto può far male?).

Da qui è iniziato il mio modo di intendere il vino, che parte da un utilizzo minimo o nullo di sostanze nel vino, fino all’uso di semplici trucchi per ovviare al problema che spesso hanno i vini naturali, quello di non essere considerati particolarmente buoni. Quindi, unendo i due “saperi” e qualche espediente (in senso positivo), riesco a fare vino rosso con solfiti meno di 20 mg/L di totale ed avere un prodotto che risulta gradevole, il chè non è male.

A dimostrazione di quanto dico, e faccio, tutte le analisi del vino sono state pubblicate. Come esempio in questo discorso, posso citarti il Petit Fleurì, spumante metodo classico prodotto interamente in azienda (e quindi senza spedire il vino in Franciacorta a farselo spumantizzare come molti fanno!), sboccato al volo (ndr. che mi pare necessaria: la sboccatura, o dégorgement, è una parte fondamentale al termine della procedura di spumantizzazione secondo il metodo classico consistente nell’eliminazione delle fecce – lieviti e/o residui – dalla bottiglia prima della tappatura. La sboccatura al volo è un particolare metodo, il più antico. Quando non vi erano ancora i moderni macchinari, il tecnico di cantina effettuava il dégorgement à la volée, stappando la bottiglia da dove, per effetto della sovrapressione, schizzava fuori il residuo in fecce formatosi sotto il tappo e poi prontamente ritappava la bottiglia) senza liqueur, con aggiunta so2 inferiore a 30mg/L.

Terzo spunto che posso dare sul mio modo di intendere il vino riguarda il sistema di difesa delle viti che sto sviluppando, anch’esso basato, come l’intero approccio al vino di questa cantina, su un principio semplice e naturale – naturalmente semplice.

Normalmente, infatti, se si prospetta un’infezione, come ad esempio quella da peronospora, solitamente si da il rame o altro, esattamente come si fa quando una persona ha faringite e si danno antibiotici. Nel nostro caso invece, quello del biologico, si danno prima dell’infezione protezioni a base di estratti alcolici di altre piante (come il fico d’india) che vengono assorbiti dalla pianta e si comportano aumentando le difese della pianta stessa; in questo caso, rapportato agli umani, è come se si facesse una vaccinazione. Come vedi c’è proprio una differenza di fondo sul modo non solo di trattare, ma proprio di intendere il trattamento. Il procedimento che ti ho descritto, peraltro, sta per essere pubblicato sul nostro sito.
quercialuce
Idea che apprezzo molto, le etichette scritte a mano. Ma che volumi avete per poter fare un lavoro di questo tipo? E come/dove vendete i vostri vini?

Le etichette scritte a mano, sì, in effetti pesano. Però sono di grande effetto. Al momento abbiamo una produzione sulle otto mila bottiglie, tenendo presente però che nel 2014 non ho raccolto nulla. Questo perché il problema dell’uva così coltivata comporta dei rischi. E questo tipo di rischi su questo tipo di prodotto a volte inficiano non solo l’aspetto economico, ma purtroppo anche tutto il lavoro che c’è dietro.

Dove vendo? I nostri sono vini che si vendono bene al nord Italia ed Europa, ma ad esempio in toscana non vanno. Sopra il Po, ed in particolare in Lombardia, Friuli e Veneto riusciamo ad avere una presenza costante, così come abbiamo, lato estero, rapporti commerciali consolidati in Finlandia e paesi nordici.

Vedo che il sito è ben fatto, avete i social, l’e-commerce, insomma una cantina giovane e moderna. Quanto è importante per voi comunicare – e farlo bene – il vostro lavoro? E quali progetti avete per migliorare ancora?

Direi che il futuro è già attuale. Nel senso che quello che facciamo guarda già al prodotto ed al tipo di azienda che noi vorremmo e vorremo essere. Dal punto di vista della comunicazione, come si vede dal sito, dai social e dal blog, la ritengo essenziale; qualunque forma deve essere coltivata – sempre con il buon senso.

In particolare, su questo versante, la fortuna che ho – che è anche il mio vantaggio competitivo! – è di avere un figlio che questo tipo di attività le fa di mestiere, pur abitando a Sydney…e già questo la dice già lunga sulla comunicazione, che considero un utile strumento per farsi conoscere e, naturalmente, per vendere.

Per concludere, dal punto di vista del vino, per quel che mi riguarda, il futuro è di studiare meglio la parte chimica, ed a tal fine ho in corso un approfondimento sull’effetto antiossidante di alcune sostanze presenti nel vino.

Eccoci allora, alla fine di questa esperienza, a riflettere, assaporando questa nuova storia delle mie imprese divi(g)ne. Non riesco ancora a pensare alla prossima, perché questa mi ha positivamente stupito, e voglio restare a gustarmela, a riassaporarla per qualche istante, seduto sulla panchina sotto la Quercia, guardando il mare. In mano un bicchiere di semplice vino, naturalmente.

di Fabrizio Spaolonzi, all rigts reserved

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