“Durante quel volo
capii chi era Zelensky”

"Durante quel volo Londra-Kiev
capii chi era Zelensky"

Parla Julik, popolare showman ucraino che ha condiviso il palco con Zelensky
"Ho visto con i miei occhi cosa vuol dire per lui essere un uomo del popolo"

di Redazione The Freak

“Durante quel volo
capii chi era Zelensky”

"Durante quel volo Londra-Kiev
capii chi era Zelensky"

"Durante quel volo Londra-Kiev
capii chi era Zelensky"

di Redazione The Freak
Zelensky

“Durante quel volo
capii chi era Zelensky”

"Durante quel volo Londra-Kiev
capii chi era Zelensky"

Parla Julik, popolare showman ucraino che ha condiviso il palco con Zelensky
"Ho visto con i miei occhi cosa vuol dire per lui essere un uomo del popolo"

di Redazione The Freak

La sera precedente all’invasione russa dell’Ucraina, Julik posava su un red carpet in un cinema del centro di Kiev per l’anteprima di “The Big Walk”, una commedia molto attesa nelle sale di tutto il paese. Un via vai di artisti e personaggi del mondo dello spettacolo affollavano l’Oskar, a meno di dieci ore dall’inizio della guerra.

Julik, showman della televisione ucraina, era tra questi: il ragazzo che ai flash dei fotografi rispondeva sorridendo più degli altri. Dopo poche ore la fuga dalla capitale, con sua moglie e suo figlio, svegliati da un missile alle cinque del mattino. Un boato, che ha aperto uno squarcio nel cuore della città.

“The Big Walk” non uscirà nelle sale, oggi Kiev è semivuota. Julik ha trovato rifugio a Leopoli, città a 60 km dal confine con la Polonia, considerata da centinaia di migliaia di ucraini l’ultimo ‘porto sicuro’ in patria.

Sua moglie e suo figlio sono a Leopoli con lei?

“Hanno lasciato il paese alla volta della Polonia. Stanno bene, sono al sicuro. Io, come tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni, resto qui in Ucraina”. 

Resta per combattere?

“L’esercito ucraino non ha ancora bisogno di me. Per il momento mi sto dando da fare partecipando alla grande macchina degli aiuti umanitari. D’altra parte non so usare le armi, ero in Italia quando avrei dovuto svolgere il periodo di leva militare. Ma se dovessi ricevere la lettera di richiamo risponderei ‘presente’. Tutta l’Ucraina risponderebbe ‘presente’. Non c’è alcun dubbio”. 

Come mai si trovava in Italia?

“Studiavo musica al conservatorio di San Pietro a Majella, a Napoli. Mia madre e mio fratello vivono ancora lì”.

Cosa ne pensa del modo in cui l’Italia sta rispondendo all’invasione russa nel suo paese?

“Non mi aspettavo che l’Italia potesse aiutarci così tanto. Lo dico sinceramente. Ho conosciuto la politica italiana negli anni in cui Berlusconi esibiva la sua amicizia con Putin. Eppure dal popolo italiano, così come dal popolo polacco, stiamo ricevendo moltissimo. In Polonia forniscono schede telefoniche gratuitamente alle centinaia di migliaia di ucraini che, come mia moglie e mio figlio, hanno trovato rifugio lì. Molti popoli europei si stanno superando”.

E i governi?

“I governi un po’ meno, penso soprattutto alla Nato. Non mi pare che ci stia aiutando tanto quanto potrebbe. Se non chiudono i nostri spazi aerei, l’inferno che riusciamo a respingere in terra ci piomba sopra dal cielo. E il cielo non finisce in Ucraina”.

In che senso?

“Nel senso che dopo aver provato a conquistare l’Ucraina Putin minaccerebbe la Polonia, l’Europa e anche la Nato. Ma i russi non riusciranno a conquistarci. Non pensavano di trovarci così coesi. E invece questo ora li sorprende e li sconfigge. Pensate che qui anche i senzatetto preparano le bottiglie molotov. Giorno dopo giorno gli invasori si stanno rendendo conto di che pasta è fatto il popolo ucraino, e il nostro presidente”.

A proposito di Zelensky, entrambi provenite dal mondo dello spettacolo ucraino. Lo conosce? 

“Conosco Zelensky da molto prima che diventasse presidente dell’Ucraina. Abbiamo condiviso il palco più volte, durante una tournee teatrale in Gran Bretagna. Io posso dirvi che Volodymir Zelensky è una persona perbene. Per quanto molti fatichino a mettere a fuoco un attore che diventa un uomo politico, ho visto con i miei occhi che cosa vuol dire per Zelensky essere un uomo del popolo, fuori dalla finzione televisiva e dai palazzi del potere”.

Un aneddoto?

“Tornavamo in volo a Kiev da uno spettacolo tenuto a Londra per la comunità ucraina che vive in Gran Bretagna. All’epoca io facevo parte come musicista di una band che si chiama Dzidzio, che faceva da supporto alla compagnia di Zelensky durante la tournee. Lui era il capocomico, e come ogni capocomico avrebbe avuto diritto a viaggiare in prima classe. Ebbene, è un diritto che lui non ha mai esercitato. Ha sempre viaggiato con noi nelle classi inferiori, in compagnia della moglie. Ed è in quelle occasioni che ho compreso chi fosse Volodymir Zelensky”.

Pensava già di candidarsi alle elezioni presidenziali?

“Non lo so, non credo. Ciò che so è che l’ho votato, e che anche chi non l’ha votato preferendogli Porošenko oggi si è ricreduto. Zelensky vuole l’Ucraina in Europa, sta difendendo i valori su cui si fonda la comunità europea, e questo per noi è determinante. Pensate che in passato il popolo ucraino ha costretto alla fuga un presidente (ndr Janukovyč) che si rifiutava di firmare gli accordi di alleanza con l’Unione Europea”.

Cosa si aspetta dai prossimi giorni?

“Mi aspetto di vincere la guerra, di tornare a Kiev con mia moglie e mio figlio, di ritrovare i miei amici, i miei collaboratori e i tanti artisti ucraini che in questi giorni stanno combattendo. Tutti insieme ricostruiremo l’Ucraina mattone per mattone, da cittadini europei”.

Le capita in questi giorni di pensare al suo pubblico, ai molti telespettatori che magari non ha mai conosciuto, ma con i quali ogni giorno aveva un appuntamento fisso sui canali della televisione ucraina?

“Certo che penso a loro, gli ucraini non ci vedono più in tv ma ci vedono sicuramente. Sanno che noi ci siamo e vedono chi siamo veramente oggi che non lavoriamo più per la televisione ucraina, ma lavoriamo per l’Ucraina. Né più né meno di chi vive per strada e prepara bottiglie molotov per difendere non una casa – perché non una casa non ce l’ha – ma una patria. Perché almeno una patria possa averla per sempre”.

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