Quali aspettative per noi giovani alla ricerca della felicità?

di Sarah Suraci

Quali aspettative per noi giovani alla ricerca della felicità?

di Sarah Suraci

Quali aspettative per noi giovani alla ricerca della felicità?

di Sarah Suraci

Secondo l’ultimo Rapporto sul Divario Generazionale presentato dalla Fondazione Bruno Visentini, su circa 12 milioni di giovani in età tra i 15 e i 34 anni, oltre un quarto si trova in condizioni di inoccupazione, sia volontaria che non.

Un dato abbastanza preoccupante se si pensa che circa 3 milioni di ragazzi non hanno un’occupazione e non la stanno neanche cercando e, ancora più preoccupante, che circa 400mila di questi sono in possesso di una laurea, quindi hanno investito tempo e soldi per poi finire, nel migliore dei casi, sul divano di casa a fare zapping col telecomando o a guardare serie tv mangiando patatine.

 Ma cos’è il divario generazionale? Questo termine affonda le sue radici nel crescente gap che separa le nuove generazioni, i cosiddetti Millennials, senza lavoro e disoccupati, dai baby boomers, nati tra il 1946 e il 1960, che hanno beneficiato (e continuano a beneficiare) del precedente sviluppo economico e della piattaforma di sicurezza sociale, pensionistica e previdenziale. Il divario dimostra, perciò, il ritardo e la difficoltà con cui i giovani potranno acquisire la piena indipendenza economica rispetto alle precedenti generazioni. Secondo le stime, se non verranno adottate delle soluzioni concrete, nel 2030 potremmo assistere a un’intera generazione incapace di maturare che sarà in grado di assicurarsi una vita autonoma non prima del raggiungimento dei quarant’anni. Ciò comporterebbe il non poter svolgere le azioni più normali quali comprare o affittare una casa, un’auto, richiedere un prestito, andare a lavoro. E potrebbe avere delle drammatiche conseguenze anche sul dato demografico: in primo luogo, perché senza un lavoro e possibilità di accedere al credito, è, ovviamente, impensabile poter formare una famiglia e, parimenti, per quanto le aspettative di vita siano in rialzo, per una donna sostenere una gravidanza dopo i 40 anni può essere rischioso ed è sicuramente difficile poter rimanere incinta una seconda volta.

A questo punto, sorge spontanea una domanda: è possibile sovvertire lo stato delle cose? Nel rapporto del 2017, la Fondazione Bruno Visentini aveva delineato una sorta di piano Marshall per i giovani con una riprogrammazione delle numerose e frammentate misure generazionali esistenti (quale Garanzia Giovani, finalizzata all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro). Ad oggi, però, siamo nelle mani di un Governo il quale, sin dal suo insediamento, si è sempre professato “del cambiamento” e dalla parte del popolo: sicuramente con l’adozione di provvedimenti quali il regime forfettario (che favorisce la piccola e media impresa) e il reddito di cittadinanza è stato fatto un passo in avanti a sostegno dei soggetti in maggiore difficoltà, ma con la completa assenza nella legge di bilancio di un provvedimento che favorisca e incentivi l’occupazione giovanile si è deciso di trascurare coloro che più di tutti rappresentano il futuro del nostro Paese. Trovo alquanto difficile che l’assistenzialismo possa creare degli stimoli per un ragazzo di venti/trent’anni a ricercare un lavoro o a investire in un sogno, né tantomeno ne accelererà la voglia di indipendenza.

 Emerge, dunque, più che mai la necessità di rendere consapevoli le autorità locali e soprattutto i giovani stessi della gravità della situazione in cui potrebbero incorrere. Un primo passo in tal senso è stato fatto con il progetto “Millennial Lab 2030”, co-finanziato dal programma Erasmus+ / Jean Monnet in qualità di iniziativa d’eccellenza nel settore degli studi sull’Unione Europea. In questa iniziativa sono stati coinvolti istituti scolastici di tutta Italia, ma con una maggiore concentrazione di scuole del Mezzogiorno (data la maggiore criticità che affligge quest’area del nostro Paese).

Si è deciso, quindi, di partire proprio dalla scuola, che dovrebbe essere il luogo di formazione di una coscienza critica, con l’obiettivo di sensibilizzare i ragazzi sull’importanza dell’azione rivolta a ridurre il divario generazionale. Con un percorso di alternanza scuola-lavoro durato circa sei mesi, gli alunni hanno analizzato i domini più critici afferenti al loro territorio per poi elaborare delle proposte da esporre alle istituzioni locali al fine di illustrare il futuro che attende la cosiddetta “zero generation” e l’impatto che queste dinamiche avranno altrimenti nel medio-lungo periodo.

Citando il filosofo Melchiorre Gioia, il portavoce di AsviS Enrico Giovannini ha aperto il convegno svoltosi lo scorso 7 marzo alla Camera dei Deputati sul tema “L’economia del benessere: la rivoluzione possibile” con questa frase “Oltre che dell’ambiente, della demografia e dell’economia, la statistica si deve occupare di cosa fanno le persone quando non lavorano. Dunque, deve studiare la cultura, il piacere, il benessere e, infine, la loro felicità.”

Ed è proprio quello che spero per la nostra generazione, che la politica possa occuparsi della nostra felicità!

di Sarah Suraci,all rights reserved

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