Posh – Il vizio della violenza

di Ilaria Pocaforza

Posh – Il vizio della violenza

di Ilaria Pocaforza

Posh – Il vizio della violenza

di Ilaria Pocaforza

Posh è un film della regista danese Lone Scherfig (nota per aver realizzato anche An Education e One day), adattamento cinematografico dell’omonima opera teatrale di Laura Wade.

La storia è ambientata ai giorni nostri nell’università di Oxford dove, gli 8 membri dell’antico ed esclusivo Riot Club (versione fittizia del reale Bullingdon Club), cercano 2 nuovi adepti che, come loro, possano “diventare delle fottute leggende”. I prescelti sono Miles (Max Irons) e Alistair (Sam Claflin), due ragazzi profondamente diversi: mentre Miles, o Milo, come lo chiamano gli amici, è un ragazzo tollerante e di buon cuore, Alistair è frustrato perché sempre paragonato al fratello Sebastian, mitico ex presidente del Riot Club. L’iniziazione dei 2 giovani e la loro ammissione al club fa da preludio ad una lunghissima cena (che nella pièce era l’ambiente unico della storia) in cui i ragazzi, cinici e sprezzanti, diventano elementi di sempre maggiore disturbo per gli altri avventori e per il proprietario del locale, incarnazione perfetta (secondo loro) della mediocrità borghese.posh3

La storia assume così i contorni della tragedia che metterà di fronte ad una scelta i membri del club.

L’espressione Posh è sinonimo di elegante e snob e si riferisce alla upper class o, più semplicemente, è l’acronimo dell’espressione Port Out Starboard Home – che indica la parte della nave sulla quale viaggiavano i ricchi inglesi di una volta, e proprio dei giovani esponenti della classe sociale agiata, spocchiosa e cinica racconta la regista, convinti che il proprio posto nel sistema di caste che ancora oggi caratterizza la società inglese sia frutto di un disegno divino,  persuasi che la borghesia “ci odia, ma vorrebbe essere come noi”.posh1

Inoltre, se in An Education e in One day il microcosmo che la regista raccontava era prevalentemente femminile, qui le donne restano ai margini, sono maltrattate e umiliate, mentre il dramma si consuma in un’autocelebrazione delle componenti maschili più stereotipate.

Non si cerca la redenzione o il pentimento, non vi sono “insegnamenti” da trarre dalla tragica vicenda che i ragazzi mettono in atto; l’unico tra loro che sembra manifestare più compassione è Miles, il quale si innamora di Lauren, che rappresenta una figura forse meno glamour rispetto ai suoi omonimi maschili, ma di sicuro più sana ed educativa.

Lone Scherfig si serve di un ottimo cast (oltre ai 2 protagonisti è sicuramente degno di menzione anche Douglas Booth) per denunciare un classismo arrogante e deleterio, superbo nei confronti di tutto ciò che è considerato “out”, così questa boy gang che somiglia a una boy band rappresenta la base di un intero sistema sociale, il cui costante riperpetuarsi sembra sfuggire alle regole della giustizia.

A cura di Ilaria Pocaforza.

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