Non dimentichiamo
Patrick Zaki

Non dimentichiamoci di
Patrick Zaki

Sulla vicenda Zaki l'unica verità che abbiamo è che non possiamo più aspettare

di Leonardo Naccarelli

Non dimentichiamo
Patrick Zaki

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Patrick Zaki

Non dimentichiamoci di Patrick Zaki

di Leonardo Naccarelli

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Patrick Zaki

Non dimentichiamoci di Patrick Zaki

Sulla vicenda Zaki l'unica verità che abbiamo è che non possiamo più aspettare

di Leonardo Naccarelli

Vicenda Zaki. 7 febbraio 2020. Pensando a quello che è successo dopo, la vita di tutti è stata stravolta. O meglio, di quasi tutti. Perché questa data non è un giorno qualunque: è il giorno in cui l’incubo di Patrick Zaki ha avuto inizio. Sarò onesto con te: parlare della sua storia mi è profondamente difficile. Si frappone come ostacolo lo sgomento, un rispetto quasi sacrale di fronte all’altrui sofferenza e dolore. Il sentimento di impotenza cresce sempre di più e con esso la frustrazione. Non sono, tuttavia, il solo ad assistere inerme al fluire degli eventi. C’è infatti in questo Paese un altro silenzio, più odioso e più inaccettabile: quello della politica.

Patrick Zaki

Per quanto il livello rasoterra dell’attuale classe dirigente si impegni da tempo a dimostrarci il contrario, non è vero che in politica il silenzio è d’oro. Infatti, le inerzie della politica, qualunque siano le sue ragioni, sono sempre un suo venir meno al compito di dare un’impronta ed una direzione alla società. Lasciando che gli eventi seguano il proprio corso, la classe politica, divenendo inutile, istituzionalizza il caos o, ancor peggio, attende che si istituzionalizzi da solo. Una volta che la democrazia ha smarrito l’utilità della politica, la storia poi insegna che è solo questione di tempo prima che essa smarrisca se stessa.

In realtà, qualcosa si è tentato di fare: si pensi alla possibilità di conferire la cittadinanza italiana a Zaki. Eppure, il quadro, a mio modo di vedere, non migliora, anzi. Non tanto perché probabilmente tale iniziativa non avrebbe risolto la situazione- in ogni caso sarebbe stata lodevole l’iniziativa- ma il vero problema è che la proposta è, politicamente parlando, figlia di nessuno.

Da un lato, infatti, non può seriamente essere considerata frutto dell’attività di governo una proposta snobbata dal Presidente del Consiglio. A prescindere da valutazioni sul suo operato su cui non c’è modo di soffermarsi, Mario Draghi in ogni conferenza stampa trova il modo di alzare un polverone. Da uno abituato a rendere, da Presidente della BCE, dichiarazioni in cui una parola sbagliata manda per aria uno Stato mi ha onestamente sorpreso.

Ad ogni modo, relegare ad attività parlamentare un tema così importante è un segnale grave. Potrebbe, certo,  trovarsi una giustificazione nel tentativo di tenere insieme la maggioranza ma non convince fino in fondo: se la maggioranza, seppur variegata, che compone il suo governo è posta sotto stress da un’iniziativa, finanche simbolica, in favore di un soggetto detenuto ingiustamente da un anno non andiamo mica bene; inoltre e con affetto, a quando per dichiarazioni di sinistra per onor di governo? Viste pure le parole discutibili sul ruolo della Libia nella gestione dei flussi migratori si starebbe anche in credito.

Dall’altro lato, non può neanche essere considerata un’idea partorita dall’opposizione. Difatti Fratelli d’Italia, l’unico partito a non sostenere il governo Draghi, in Parlamento si astenuta con l’argomentazione, discutibile a dir poco, di non voler contribuire ad un’ingerenza del Parlamento italiano. Non si è ben capito cosa ciò significhi. Ammesso e non concesso che l’Italia faccia questa mossa per mettere pressione all’Egitto, mi sembra che la situazione sia abbastanza grave da giustificare tali metodi. Inoltre, non è un caso isolato quello di Zaki: tiene ancora banco la questione di Giulio Regeni sulla cui vicenda una parola fine è ancora lontanissima.

Non si può poi fare a meno di evidenziare la profonda incoerenza che vi è nel basare la propria fortuna elettorale sul nazionalismo e poi parlare di ingerenza quando il Parlamento italiano tenta di farsi rispettare con un Paese estero il cui rapporto con i diritti umani è, per usare un eufemismo, complicato.

Non resta quindi che affidarsi alla società civile e sulla propria ostinata intenzione di mantenere vivo l’attenzione, rifiutando garbatamente l’opposto invito del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dell’opinione pubblica su questa vicenda. Certo, secondo schemi forse non più validi, i cittadini dovrebbero limitarsi a segnalare il problema alla politica ed attendere che essa faccia il suo mestiere. Tuttavia, che non possiamo più aspettare è forse l’unica verità che abbiamo.

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