HUMAN +. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE

di Tommaso Fossella

HUMAN +. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE

di Tommaso Fossella

HUMAN +. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE

di Tommaso Fossella

OLTRE LA FANTASCIENZA C’È LA REALTÀ

Fino a quale futuro siamo in grado di pensare? Ormai il progresso tecnologico non è più un argomento di discussione tra nerd o tra esperti del settore. La tecnologia è parte della vita di tutti gli essere umani, nolenti o volenti che essi siano, nei confronti dell’avanzamento che il progresso scientifico ci sottopone ogni giorno.

“HUMAN +. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE” non è solo una mostra, è innanzitutto una sfida, una sfida al pensiero umano. La mostra infatti mette in evidenza tutti quei contesti dove la tecnologia ha interagito con l’essere umano a partire da quei casi in cui, per esempio, un semplicissimo paio di occhiali si usi per compensare le mancanze visive e che fanno parte dell’essere umano da sempre. A evitare di farci preoccupare è la certezza che abbiamo nel sapere che un paio di occhiali, più che uno strumento di tecnologia, rappresenta un oggetto frutto della tecnica che oltre alla restituzione di una vista adeguata non può andare. O forse no. E se invece le nostre abilità e potenzialità fossero gestite da un chip sottocutaneo o da una tecnologia innestata nel nostro corpo? Chi ci assicura sul controllo di un dispositivo tecnologico connesso con il mondo del web?

Durante il percorso della mostra vengono messi in luce entrambi, e non solo, questi aspetti: da una parte la tecnologia come ausilio alle deficienze del corpo umano come per esempio le protesi, grazie alle quali molte persone tornano a vivere normalmente tanto da poter continuare a fare sport; dall’altra quegli aspetti che mettono in gioco anche i dogmi etici e morali che fino a poco tempo fa imperavano senza problemi nelle nostre vite. Fino a che punto siamo disposti a cedere abilità e competenze alle macchine? È ovviamente il caso dei cyborg, dei veicoli computerizzati che controllerebbero momenti essenziali della nostra vita. Non è solo, però, un problema di delegare competenze alle macchine, ma anche di concedere a chi gestisce le macchine, informazioni, talvolta sensibili, che tornerebbero in forma di dati da vendere o da studiare ad esseri umani che plasmano le nostre abitudini sempre di più, grazie a questi meccanismi.

Come infatti è spiegato molto bene sul libro di supporto alla mostra, tutto ebbe origine da quando nel 2011, Wafaa Bilal, docente della NYU si fece impiantare una videocamera sulla nuca, la quale videocamera inviava fotogrammi ad un server, incutendo nei suoi studenti una certa preoccupazione per la loro privacy, così come l’esperimento dell’artista Stelarc che si è fatto impiantare un terzo orecchio con un microfono bluetooth per far sì che tutti potessero ascoltare le sue conversazioni via internet. Entrambi gli esperimenti sono falliti a causa della nascita di infezioni sui corpi degli interessati ma questi sono problemi facilmente superabili, come infatti possono suggerire alcuni prototipi di “bambole-neonati” presenti nella mostra, le modifiche sul corpo umano al fine di curare e prevenire malattie ormai diagnosticabili in fase embrionale sono ormai una realtà. Creare un orifizio artificiale dove l’assorbimento del medicinale sarebbe più lento, garantendo una maggiore durata dell’effetto del farmaco; modificare il genoma umano, mischiarlo con quello animale è parte degli esperimenti quotidiani di molti scienziati nei loro laboratori. Ma fino a che punto si può spingere la ricerca? Quali altre questioni etiche potrebbero essere svelate nei prossimi giorni alle quali non avevamo ancora pensato? E se le macchine che costruiamo per imparare e facilitare la vita dell’uomo imparassero anche ad auto gestirsi e riprodursi senza più l’ausilio di un creatore umano?

Per il momento le tre leggi della robotiche ipotizzate da Asimov non sono state infrante, ma una cosa è certa: più che di una rivoluzione delle macchine, ciò che dovremmo tenere maggiormente sotto controllo è la bramosia che l’uomo può avere di creare, modificare e gestire il mondo a proprio piacimento. Ad essere al centro degli scenari futuri non ci sono le macchine, bensì l’uomo, la vita, l’ambiente e le tutte le modalità di interazione che si possono creare tra, almeno questi due elementi che di certo non sono i soli. Dietro ogni invenzione nata per sopperire alle mancanze che la natura ci ha imposto, vi è sempre un secondo utilizzo che apre scenari fino a prima impensabili e sui quali dovremmo iniziare a riflettere e discutere maggiormente non solo nei laboratori ma anche nei nostri salotti di casa e nei luoghi a noi più comuni.

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