Ministero della Transizione Ecologica: ecco perché no

Ministero della Transizione Ecologica:
ecco perché no

Davvero serve un dicastero specifico per sostenere l'innovazione ecosostenibile?
I motivi di un fallimento annunciato

di Pietro Maria Sabella

Ministero della Transizione Ecologica: ecco perché no

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ecco perché no

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ecco perché no

di Pietro Maria Sabella
Ministero della Transizione Ecologica

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Ministero della Transizione Ecologica:
ecco perché no

Davvero serve un dicastero specifico per sostenere l'innovazione ecosostenibile?
I motivi di un fallimento annunciato

di Pietro Maria Sabella

A rifletterci bene, nessun essere razionale e di buon senso potrebbe essere contrario all’avvento del Ministero della Transizione Ecologica, quale nuova compagine istituzionale completamente orientata a sostenere un processo di innovazione economica eco-sostenibile e di assoluto rispetto per l’ambiente.

Del resto, non è ormai più possibile potere immaginare la nostra stessa sopravvivenza sulla Terra senza un reale cambiamento di rotta dell’intera comunità internazionale, senza una effettiva integrazione dei valori del Protocollo di Kyoto e dell’accordo di Parigi con i nostri ordinamenti giuridici ed assetti economici, che spinga le nazioni verso modelli di società ed economia in equilibrio con l’ambiente e la natura. 

Basti pensare, giusto per far intendere quali siano le radici alla base di questo ragionamento, alle parole di Amartya Sen, secondo cui l’economia, per diventare realmente sostenibile, debba condurre le prossime generazioni a godere degli stessi benefici nostri, se non addirittura ad avvalersi di risorse maggiori di quelle attuali.

Ecco che, apparentemente, innanzi a questa rivoluzionaria opportunità di “cambiamento”, ogni polemica risulterebbe sterile, negletta, quasi inopportuna. L’Italia si converte ai paradigmi della cultura ambientale. Un ottimo risultato per noi, per l’ambiente e potenzialmente per l’economia nazionale ed europea.

Eppure, le perplessità sorgono comunque. Non perché si possa obiettare – come detto – contro questo nuovo indirizzo, quanto piuttosto perché, anche stavolta, un appuntamento così importante per le generazioni attuali e future diventa strumento di approvvigionamento dei consensi in un contesto molto particolare, dettato dall’attuale crisi istituzionale e politica, dalla disoccupazione, dal virus che ogni giorno porta centinaia di vittime.

Legare a doppia mandata l’appoggio ad un governo nascente alla creazione di un nuovo “super-ministero” sembra già depotenziare la finalità innovativa e di crescita per il Paese. Sembra già spegnere la reale conquista sociale e lasciar pensare ai risultati avuti con <<la lotta alla povertà>> e al ruolo propulsore che avrebbe dovuto avere la figura del navigator nell’allocazione dei cittadini privi di lavoro all’interno del mercato.

Questo effetto di depauperamento delle idee, che tale approccio determina, è quanto verificatosi ieri plasticamente con il quesito posto ai sostenitori del M5s, i quali sono stati chiamati a rispondere a: “Sei d’accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?“.

Al di là dell’ambiguità ontologica della domanda, in primo luogo, non si comprende bene allora cosa abbia ostacolato fino ad oggi alla conversione effettiva del modello politico-sociale-economico a favore di una maggiore sostenibilità e di impatto di C02 pari a zero e dunque all’introduzione di un Dicastero di tal tipo nel nostro sistema. Tutte le condizioni, anche politiche, erano presenti.

Sarebbe facile rispondere affermando che questa scelta dipenda dalla possibilità contingente di attirare e utilizzare meglio i miliardi che arriveranno grazie al Recovery Fund. Ma il punto è proprio questo. La soluzione ai problemi ambientali non è dettata (almeno soltanto) dalle risorse economiche a disposizione, bensì – quasi esclusivamente – dalla sensibilità e dalla cultura diffusa della legalità e del rispetto che lega la persona, la comunità all’ecosistema in cui vive. 

Ecco perché il tema ambientale non deve diventare solo una questione di etichette. Ciò perché, all’interno del Ministero dell’Ambiente italiano esiste già un Dipartimento della Transizione Ecologica che potrebbe assumere un ruolo di guida. Ma è un’assoluta questione di sostanza, che non traspare al momento. 

La tutela dell’ambiente, la cura per il paesaggio, la dimensione eco-sostenibile dell’economia, in particolare nel nostro Paese, richiedono inevitabilmente una previa e forte presa di posizione da parte di tutta la classe politica e amministrativa a favore del reale contrasto alla criminalità organizzata, alla corruzione e alla cattiva amministrazione, nei confronti delle quali, in questo campo, non è stato fatto ancora abbastanza, per non dir poco.

La prevenzione degli incendi boschivi, la bonifica delle “terre dei fuochi”, la repressione contro forme gravi di inquinamento da parte di privati (e non solo) di immensi bacini di acqua dolce e salata, dell’aria e della terra, non possono più dipendere da nomenclature, slogan o iniziative elettorali, ma devono fondarsi sulla reale consapevolezza di riportare alla legalità un intero sistema politico-economico. Solo questo tipo di coscienza può poi guidare l’economia e la società verso un superamento della visione della Terra come elemento da sfruttare, svuotare, frustrare per ragioni più o meno lecite.

Ecco perché, da solo, il Super-Ministero appare privo di reale appeal e non sembra, in sé, potenzialmente dotato delle reali capacità di risolvere i problemi dell’Ilva, delle industrie di Mestre o di Gela, né del trasporto su gomma o degli allevamenti intensivi, per non parlare del trattamento illecito di rifiuti e dell’edilizia abusiva (accipicchia quanto questo settore tocca l’ambiente).

Ecco perché, anche alla luce delle figure che stanno dando vita al nuovo Governo, sarebbe stato di meno impatto mediatico, ma certamente di significativo effetto per la nostra vita, incentrare il futuro del nostro Paese sull’esigenza di avvalerci di maggiori controlli e di regole, nonché di una chiara intenzione di contrastare ogni forma di criminalità del profitto che si fonda sullo sfruttamento delle risorse naturali e umane, con il rischio certo di non accontentare tutti ma di tracciare il nuovo percorso verso modelli trasparenti, legali, equi.

<<sei d’accordo a sostenere un governo tecnico-politico che garantisca un sistema rispettoso per l’ambiente e innovativo per l’economia, fondato sulla legalità, la concorrenza e il rispetto per il prossimo e la natura quale paradigma essenziale per una crescita sana, anzi per un futuro di speranza?>>

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