Meglio un singolo oggi o un album domani?

di Federico De Giorgi

Meglio un singolo oggi o un album domani?

di Federico De Giorgi

Meglio un singolo oggi o un album domani?

di Federico De Giorgi

Da che mondo è mondo, l’uscita di un nuovo album è sempre anticipata da uno o più singoli che fungono da vero e proprio “biglietto da visita” del lavoro dell’artista o della band presa di volta in volta in considerazione. Sono diverse, a tal proposito, le strategie che possono essere adottate nel periodo che ne precede l’uscita.

Innanzitutto c’è chi (ormai pochi se non nessuno) fa uscire il proprio lavoro “al buio”, senza cioè l’uscita anticipata di alcun singolo, strategia tanto affascinante (fondamentalmente alla release date l’ascoltatore si ritrova, infatti, di fronte ad una sorpresa totale, in positivo o in negativo che sia), quanto rischiosa e inadatta al periodo musicale in cui viviamo, in cui – riformulando la celebre citazione di Gotthold Ephraim Lessingl’hype e l’attesa di un nuovo album – alimentati dall’uscita ben programmata di più singoli – sono essi stessi il nuovo album.

Vi è poi chi fa uscire uno o massimo due singoli, cercando il giusto compromesso tra creazione dell’attesa e ricerca di sorpresa nei fan al momento del primo ascolto, strategia che era tipicamente usata nell’era immediatamente antecedente a quella del dominio delle piattaforme di streaming musicale: in questo modo infatti si invogliava il pubblico a comprare il disco, dando solo un assaggio di quello che sarebbe poi stato il lavoro in toto.

La terza strategia, infine, è quella oggi – purtroppo – adottata da praticamente chiunque: tre – o più! – singoli, scandagliati in circa 3-5 mesi all’uscita del disco. Volendo fare un paio di esempi, si pensi a Stanza Singola di Franco 126 (25 Gennaio 2019): Frigobar – 9 Ottobre 2018, Ieri l’altro – 17 Dicembre 2018 e Stanza Singola feat. Tommaso Paradiso – 18 Gennaio 2018; ma anche e soprattutto ad Evergreen di Calcutta (25 Maggio 2018): Orgasmo – 15 Dicembre 2017, Pesto – 2 Febbraio 2018, Paracetamolo – 16 Maggio 2018.

Orgasmo di Calcutta, uscita addirittura 6 mesi prima del lancio di Evergreen

A me onestamente è quella che piace meno ed è anche uno dei motivi per cui, se non si gestisce in maniera perfetta la scelta dei singoli da far uscire, si corre il rischio di rovinare un buon album: quando esce un nuovo disco infatti l’ascoltatore è portato, al primo ascolto, a skippare i pezzi che già conosce per sentire gli altri. Nel momento in cui questi pezzi che vengono saltati sono i migliori dell’album, il primo ascolto (dei restanti) lascia quasi sempre un’impressione del disco inferiore rispetto a quella che si avrebbe avuto la prima volta ascoltando l’intero l’album tutto d’un fiato.

Secondo me proprio Evergreen è l’emblema di ciò: album che è stato inizialmente sottovalutato in quanto Calcutta ha preferito “monetizzare” già nei mesi precedenti il successo che ormai lo accompagna ininterrottamente – e meritatamente – da Mainstream.

Se a primo ascolto gli ho dato un 7, a distanza di quasi un anno mi sento di dargli un 8 pieno, proprio perché, col tempo, si assimila l’inevitabile frammentazione che ne è scaturita spoilerando eccessivamente l’album in un primo momento.

Ma perché questa esasperazione che, a volte, diventa una vera e propria forzatura nell’uscita dei singoli?

È indubbio che ciò sia dovuto prevalentemente a motivi promozionali dell’album e alla creazione e all’alimentazione di quel fenomeno ormai abusato che l’hype.

Calcutta e Niccolò Contessa in una conferenza di tre anni fa dedicata alla “sopravvivenza all’hype”

Con la maggiore facilità nella fruizione della musica che è oggi assicurata dalle piattaforme di streaming musicale, è evidente come, una volta uscito l’album (alla portata di tutti), si perda interesse nel fare uscire dei singoli dopo di esso, come invece si faceva un tempo. O meglio, oggi questo avviene ma solamente per far passare dei singoli pezzi in radio.

Così, invece, si fa in modo di tenere alta l’attenzione sia sul singolo che sul disco, perché, chiaramente, facendo uscire un singolo al mese prima del disco crei l’attesa, fai assaporare il disco, fai salire l’hype.

I PTN si dichiarano ironicamente fuori dall’hype, ma sappiamo benissimo che non è così

Che poi, in effetti, è una cosa che si è sempre fatta, ma in passato lo schema che si seguiva era diverso: si faceva uscire solo un singolo un mesetto prima del disco, adesso si parte molto prima con 2/3 singoli e la ragione è, appunto, insita all’uso che si fa dei servizi streaming e delle conseguenze che inevitabilmente ne derivano, ovvero che tutto quello che viene dopo non è più visto come novità.

Prendiamo un caso limite: quello degli Ex Otago. La band genovese, prima di Corochinato, ha fatto uscire addirittura 4 (!) singoli. Sicuramente un numero eccessivo, quasi spropositato, ma è probabile che ciò sia dovuto ad almeno due motivi: innanzitutto perché il primo singolo (“Tutto bene”) non è partito benissimo e quindi hanno cambiato strategia, e poi, soprattutto, perché ad un certo punto sono stati travolti dall’onda Sanremo, la quale ha provocato inevitabilmente la modifica della data di uscita del disco.

Corochinato, pubblicato lo scorso 8 Febbraio 2019, è il sesto album della band genovese

È anche vero che le diverse impostazioni di cui sopra sono strettamente collegate a due modi diversi di intendere e di impostare un album: per esempio ci sono artisti che producono dischi che, per essere apprezzati, devono essere ascoltati tutti d’un fiato. Uno su tutti, Kanye West, che molto raramente pubblica brani dell’album come singoli; dall’altra parte ci sono dischi che sono delle vere e proprie “collezioni” di singoli. Se l’album è concepito come un insieme di pezzi senza un vero e proprio filo conduttore, ma forti, da sentire uno alla volta, allora si fanno uscire molti singoli proprio per rendere subito fruibili queste canzoni.

Che poi in realtà un filo conduttore, solitamente, si può individuare anche in questi casi: prendiamo Evergreen di Calcutta, per esempio, che dà l’impressione di essere un album fatto di singoli slegati e avulsi tra loro. Ebbene, il filo conduttore è proprio quello: fare un insieme di canzoni “forti” e belle, destinate ad essere ascoltate singolarmente anche a distanza di anni, destinate a durare per sempre. A diventare degli evergreen, appunto.

È vero infatti che, nella prassi, questo tipo di album solitamente non lo si ascolta dalla prima all’ultima traccia, ma si ascoltano singoli pezzi in ordine sparso.

Scomodando paragoni eccellenti e permettendoci di essere “blasfemi”, prendiamo in considerazione gli Oasis e i Radiohead: i primi hanno prodotto capolavori che, però, altro non erano che un insieme di singoli (alla Evergreen di Calcutta o ancora di più alla Carl Brave, tanto per capirci), i secondi invece facevano dei capolavori nei quali sicuramente era più difficile trovare un singolo che permettesse di apprezzare in pieno il valore dell’album, perché, appunto, ascoltare il disco tutto d’un fiato è oggettivamente tutto un altro tipo di esperienza (alla Cosmo, sempre per capirci). Sono entrambi capolavori, ma progettati diversamente.

Che poi sul fatto che Kanye West sappia fare anche singoli meravigliosi siamo assolutamente d’accordo

Detto ciò non c’è una strategia necessariamente migliore dell’altra, ma, appunto, il da farsi deve essere valutato caso per caso per meglio valorizzare l’impostazione del lavoro data dall’artista, e, ovviamente, sempre che, l’anticipazione di singoli, non vada a discapito della qualità del lavoro completo.

Volendo tirare le somme, l’attuale conformazione del mercato musicale sembra imporre questa esasperazione della maggiore anticipazione e diluizione possibile di brani nel tempo, per non far mai calare del tutto l’attenzione dall’artista e fidelizzare sempre più i fan, che su Instagram si ritrovano a “sbavare”, aspettando la storia in cui il Gazzelle di turno annuncia che la settimana seguente annuncerà la data di uscita del singolo che anticipa l’album.

Ma se invece il futuro non fosse altro che un ritorno al passato?

Una bella scomparsa dai social per un paio di anni per lavorare in santa pace su un lavoro di qualità, rilasciato senza preavviso una qualunque mezzanotte di un qualunque venerdì? (Sì Niccolò Contessa, ce l’abbiamo con te).

A noi non dispiacerebbe affatto.

Niccolò, stai tornando, vero?

di Federico De Giorgi, all rights reserved

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