RIBERA, STOMER E MATTIA PRETI DA MALTA A ROMA
In occasione dell’avvio del semestre di Presidenza Maltese al Consiglio dell’Unione Europea, le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, nella sede di Palazzo Barberini, ospiteranno dal 12 gennaio al 21 maggio: Mediterraneo in chiaroscuro. Ribera, Stomer e Mattia Preti da Malta a Roma, un’importante mostra che porta in Italia alcuni capolavori provenienti dal MUŻA (Mużew Nazzjonali tal-Arti) di Malta.
L’esposizione, a cura di Sandro Debono e Alessandro Cosma, oltre a rappresentare il primo traguardo di una serie di collaborazioni che le Gallerie Nazionali hanno avviato con importanti musei internazionali, si pone come punto di incontro tra due nazioni che, lungo il corso dei secoli, hanno mantenuto reciproci e continui scambi culturali. I diciotto dipinti in mostra, infatti, ripercorrono la relazione storica e artistica intercorsa tra i due Paesi a partire dal Seicento, secolo in cui, sia Caravaggio (1571-1610) che Mattia Preti (1613-1699), si trasferirono a Malta come cavalieri dell’ordine di San Giovanni contribuendo, nel corso della loro permanenza, all’apertura dell’isola verso le novità del Barocco romano.

All’inizio del Seicento, lo stile rivoluzionario di Caravaggio incise profondamente sui pittori stranieri che erano attivi a Roma e nacque una vera e propria corrente artistica, detta caravaggismo, che riproduceva gli schemi e i principi del maestro di Merisi. L’incontro tra le due collezioni, quella maltese e italiana, che costituisce il cuore pulsante dell’esposizione di Palazzo Barberini, permette di esplorare ed apprezzare i capolavori prodotti da questo gruppo di artisti, mettendone in risalto l’inestimabile valore artistico.
Ad aprire il percorso è Jusepe de Ribera, detto “Lo Spagnoletto”, che fu tra gli interpreti più originali di Caravaggio. Il Santo Stefano, proveniente dalla collezione di Malta è messo a confronto con il San Gregorio Magno di Palazzo Barberini, realizzato dallo stesso artista su committenza della famiglia Giustiniani. Entrambi i dipinti mostrano la messa in atto di alcuni principi pittorici di matrice caravaggesca riscontrabili in diverse componenti, quali la scelta del particolare taglio compositivo “di spalle” di San Gregorio, l’accurata resa materica delle superfici dipinte e l’introduzione di un fascio di luce diagonale che illumina Santo Stefano, una citazione esplicita alla Vocazione di San Matteo.

Il contrasto tra luci e ombre emerge vistosamente in una serie di dipinti incentrati sugli effetti del “lume di candela” sulle figure. Le espressioni stupite o assorte dei personaggi delineati dal fiammingo Matthias Stomer, si accendono nell’oscurità rivelando una dimensione intima e segreta, spesso portatrice di significati emblematici. In Sansone e Dalila, ad esempio, la luce colpisce direttamente il volto della fanciulla raffigurata nell’atto di tagliare i capelli dell’eroe, il cui corpo abbandonato nel sonno, riversa nella parte inferiore del quadro. Non è un caso che i due protagonisti del racconto biblico siano stati scelti come soggetto del dipinto, essi rappresentano, infatti, il contrasto tra la luce e le tenebre, che è contenuto nell’etimologia dei loro stessi nomi: in ebraico Dalila è “colei che distrugge” mentre Sansone ha il significato di “piccolo Sole”.
L’attenzione ai contrasti luministici nelle opere seicentesche è testimoniata anche da altri dipinti inseriti nella rassegna, tra cui spicca Vanitas del maestro convenzionalmente definito Candlelight Master, raffigurante l’allegoria della vanità o nell’opera intitolata La buona Ventura di Simon Vouet che ritrae un soggetto già reso celebre dallo stesso Caravaggio: il giovane ingenuo raggirato da due zingare. Di natura simile ma di soggetto diverso è l’Eraclito di David Haen, un ritratto inusuale ed emblematico di un uomo anziano che emerge dall’oscurità, identificabile con il filosofo greco del panta rei, che in questo particolare caso, lascia “scorrere” sul viso un rivo di lacrime.

Un’altra importante sezione è dedicata a Mattia Preti, il “cavaliere calabrese”, che dopo una fortunata carriera a Roma spenderà gli ultimi trent’anni della sua vita a Malta contribuendo alla trasformazione barocca dell’isola. Le opere della collezione Barberini, come Fuga da Troia, che ripropone l’epopea virgiliana o la Resurrezione di Lazzaro, incentrata sull’episodio evangelico, mostrano la fase di crescita e affermazione del pittore negli anni giovanili, mentre le opere provenienti da Malta testimoniano la definitiva maturazione del Preti, riscontrabile ne: L’Incredulità di San Tommaso, L’ebbrezza di Noè e Le figlie di Lot.
Chiude la mostra il dipinto simbolo dell’isola che è opera del cosiddetto “primo dipintore” della città: Francesco De Mura. Con la sua straordinaria Allegoria della Nobiltà dell’ordine di Malta, il pittore rende omaggio all’isola e ai suoi cavalieri attraverso la rappresentazione tradizionale di Malta come nobildonna. La chiara e intensa luminosità dei toni esalta lo sguardo fiero e profondo della figura che da un lato, impugna una lancia mentre dall’altro, sostiene la statua della dea Minerva, sul cui scudo è incisa la gloriosa croce di Malta.
Mediterraneo in chiaroscuro non è solo una rassegna di importanti opere d’arte ma è soprattutto un momento di fruizione e scambio culturale tra due nazioni che per secoli hanno condiviso una visione e un insieme di valori comuni. Nel grande mosaico che definisce l’identità europea, l’esperienza artistica di Caravaggio, Preti, Ribera e Stomer è dunque, paragonabile a un prezioso tassello “in chiaroscuro” atto ad arricchire l’essenza, in continua evoluzione, dei popoli mediterranei.
di Maddalena Crovella, all rights reserved