La precarietà e il cambiamento nel film di Ligabue
Il ritorno di Luciano Ligabue dietro la macchina da presa, a 20 anni dal suo esordio con Radiofreccia, al quale fece seguito nel 2002 Da Zero a Dieci, è dovuto alla conversione in film del suo concept album – anche questo progetto, come dice Liga “balordo, anacronistico e al limite della presunzione, in questi tempi di ascolto fugace”. E così, la storia di uno, Riko, classe operaia della bassa padana, diventa una dichiarazione frustrata d’amore per l’Italia, Paese dove si perdono le certezze in una precarietà da posto di lavoro e d’identità.

Stefano Accorsi (Riko) torna ad interpretare pensieri e parole di Liga, accompagnato da Kasia Smutniak (Sara) in una storia che racconta lo scorrere della vita sotto i portici, tra un salumificio ed una casa difficile da mantenere, tra infedeltà, semplice gioia e depressione, dove il contesto sociale è forte e presente.
Colonna sonora che interseca i primi piani sfacciati e spudorati, un Non ho che te acustico che accompagna più che gli eventi la reazione agli eventi, attraverso il cambiamento che è movimento naturale della vita: “Cambia te, invece di aspettare i cambiamenti” esorta così l’amico di Riko (Carnevale), interpretato da Fausto Maria Sciarappa.

Carnevale è la molla di una serie di equilibri e squilibri di questo film. Ne abbiamo parlato con lui:
Nei luoghi comuni di un’Italia piagnona, tra licenziamenti e amici delle scuole medie, si tocca il fondo per riprendersi con un colpo di coda all’insegna della nostalgia dell’emigrato: ma in realtà, la nostalgia non viene solo agli Italiani che sono all’estero, anzi. Sono gli Italiani in Italia quelli di cui Liga parla: quella storia di Riko che si mette i vestiti di ognuno di noi, tra i gabbiani notturni e le memorie di una città, con l’alba che insegna che “qualche cosa va fatta”.
Il film, nelle sale cinematografiche dal 25 gennaio, è prodotto da Domenico Procacci e distribuito da Medusa Film.
di Alessandra Carrillo, all rights reserved