MACBETH – Le paure reali sono meno tremende di quelle immaginarie

di Ilaria Pocaforza

MACBETH – Le paure reali sono meno tremende di quelle immaginarie

di Ilaria Pocaforza

MACBETH – Le paure reali sono meno tremende di quelle immaginarie

di Ilaria Pocaforza

“[…] Io oso fare tutto ciò che è degno di un uomo: chi osa di più non lo è […]” Macbeth.

Il 5 gennaio è giunto sul grande schermo uno dei film più attesi di quest’anno: si tratta della settima trasposizione della più breve tragedia di Shakespeare, Macbeth, per la regia di Justin Kurzel, che vede protagonisti uno straordinario Michael Fassbender (già visto, tra gli altri, in 12 anni schiavo, A dangerous method, Jane Eyre) ed un’altrettanto formidabile Marion Cotillard (interprete di Un sapore di ruggine e ossa, Midnight in Paris e vincitrice del Premio Oscar come miglior attrice protagonista nel 2008 per La vie en rose).

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La storia è nota: nelle cupe atmosfere di una Scozia medievale, tre Streghe (Le Sorelle Fatali) predicono a Macbeth, barone di Glamis che è riuscito a sconfiggere gli eserciti di Norvegia ed Irlanda, guidate dal ribelle Macdonwald, la sua futura ascesa al trono. Da quel momento si innescheranno una serie di meccanismi manovrati dal destino (tema molto caro a Shakespeare) che condurranno Macbeth e la sua compagna verso un abisso di follia e perdizione.

Michael Fassbender e Marion Cotillard danno vita ad una bellissima coppia cinematografica, che trova senza dubbio il suo cardine in una Lady Macbeth algida e intensa, la quale alimenta costantemente il fuoco della brama di potere del proprio compagno e lo spinge a compiere i più efferati delitti, pur di conquistare il tanto ambìto trono di Scozia.

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Interessanti sia la scelta di usare i rallenty nel corso di ogni battaglia, in modo da dare ancora maggior risalto alle emozioni dei guerrieri, che quella di adoperare una colonna sonora dominata dagli archi, che aggiunge alla pellicola un tono cupo e profetico, in cui le lotte ed i loro fatali esiti vengono posti in secondo piano rispetto ai sentimenti umani che li hanno causati, autentici protagonisti della tragedia shakespeariana, sottolineati dai dialoghi bisbigliati, rivolti primariamente all’animo ormai alla deriva dei personaggi.

Fassbender ha affermato in conferenza stampa: “Macbeth è un dramma sulla perdita, la perdita di un figlio, del legame tra marito e moglie ed infine della salute mentale”, una perdita che conduce i protagonisti a compiere delle azioni gravissime e senza ritorno, tanto che anche Lady Macbeth se ne rende conto quando inizia a ripetere affannosamente: “L’Inferno è buio, l’Inferno è buio…”.

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Le profezie, costanti della letteratura shakespeariana, incarnano alla perfezione i tormenti dell’animo umano, in perpetua lotta con le proprie ambizioni ed emozioni, ed in questo film sembrano essere a metà tra presenze umane e personificazione delle più inconfessate aspirazioni del protagonista, vittima del costante ricatto della sua donna che lo sfida ad essere ‘uomo’.

Kurzel, però, risparmia allo spettatore la violenza in alcuni momenti chiave, come l’uccisione del re Duncan, per affidarla alle atmosfere cupe e nebbiose, alle carni dei protagonisti (divenute un altro campo di battaglia) ed alle loro parole; bellissima è, infatti, la frase “Oh, ful of scorpions is my mind, dear wife!”, pronunciata da un Macbeth con le mani macchiate di sangue e la cui mente, ormai sulla via della perdizione, è preda dei fantasmi delle sue vittime.

Tra i tanti autori che nel corso degli anni hanno portato in scena Shakespeare – e, nello specifico, anche il MacbethOrson Welles affermava che i testi teatrali del Bardo sono così tanto ricchi e sfaccettati che coloro che decidono di affrontarli e rielaborali non possono che limitarsi a mettere in risalto solo una delle migliaia di possibili letture che essi contengono. Ebbene, Justin Kurzel ha deciso di mostrare sia il lato più visivo della tragedia, giocando su musiche e colori di grande impatto (in questo senso, l’incipit basato sui toni del rosso e sui contrasti visivi ne è un chiaro esempio), che l’aspetto più cupo e introverso dell’ambizione umana, il tormento interiore dei personaggi, il loro inquieto soffrire, la loro lenta ma inevitabile autodistruzione.

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Coloro che amano le opere del Bardo, i temi universali, gli insegnamenti sempre attuali che fanno di ogni opera un classico senza tempo, non rimarranno certamente delusi da questo film ricco di suspense e dal ritmo assai concitato. La pellicola di Kurzel, infatti, descrive mirabilmente le ambizioni e i timori degli uomini di ogni tempo e di ogni epoca, regalandoci anche una Lady Macbeth la cui follia ed il cui dolore non sono mai stati così realistici ed umani.

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