Lukaku, razzisti per tornaconto

Lukaku, invocare il razzismo
per il proprio tornaconto

Ecco perché Lukaku non può rappresentare un esempio
nella lotta contro le discriminazioni

di Berardo Berardi
di Redazione The Freak

Lukaku, razzisti per tornaconto

Lukaku, invocare il razzismo
per il proprio tornaconto

Lukaku, invocare il razzismo
per il proprio tornaconto

di Berardo Berardi
di Redazione The Freak
Lukaku

Lukaku, razzisti per tornaconto

Lukaku, invocare il razzismo
per il proprio tornaconto

Ecco perché Lukaku non può rappresentare un esempio
nella lotta contro le discriminazioni

di Redazione The Freak
di Berardo Berardi

Parto da un presupposto. Io sono con Romelu Lukaku. Sono dalla parte di chi è vittima di razzismo, in ogni modo esso sia perpetrato e sono a fianco di chiunque combatta il razzismo, in ogni sua manifestazione, come si dice, “senza se e senza ma”.

Sono visceralmente antirazzista, fino al midollo. Io sto con Gandhi, con Martin Luther King, con Nelson Mandela, totalmente ed incondizionatamente. Ma sono anche per l’accoglienza totale degli immigrati, anche se qui entriamo in un tema molto più complesso, perché sono contro chi, ipocritamente, aspetta gli immigrati per sfruttarli o per avere i sussidi per la loro accoglienza. E, comunque, essendo anche uno skipper ed un marinaio, ritengo che chiunque si trovi in mare, vada salvato, soccorso e accolto.

Dunque, sono con Lukaku. Per cui, sono con Lui, nel momento in cui, insultato per tutta la partita, da una curva (da alcuni componenti di essa, in realtà, subito individuati e duramente sanzionati, dalla Juventus, fatto più unico che raro, per le società di calcio), dopo aver segnato il rigore del pareggio, all’ultimo secondo, proprio davanti a quella curva di beceri e sottosviluppati, si presenta davanti a loro e, nell’esultare nel suo caratteristico modo, saluto militare con la mano sinistra e dito indice della mano destra, portato verticale, nel tipico gesto di chi intima il silenzio, li sfida gridando: “Muti, muti”.

E’ un bellissimo modo di esultare, in quel momento. E’ un gesto provocatorio di chi, vittima di insulti beceri, sfida gli infami, guardandoli idealmente negli occhi e, esultando in quel modo, gli rappresenta, al cospetto del mondo, cosa bisogna pensare di loro, esseri frustrati ed abietti, per i quali, la commiserazione è il sentimento, più edulcorato che si possa provare.

Dunque, io sono accanto a Lukaku, in quel momento, ad esultare per un gol che ha segnato, contro la mia squadra (sì, perché io sono juventino), perché esultare, in quel momento e in quel modo, significa molto di più, che esultare per un gol segnato. Significa dire a chiunque nutra sentimenti di razzismo, quanto lercio e sottosviluppato sia il suo esistere.

Ma la mia vicinanza a Lukaku, alla Sua squadra (sportivamente, quanto di più antitetico possa essere, per me come detto, tifoso Juventino), ai Suoi dirigenti ed al Suo allenatore, per continuare, con gran parte della classe giornalistica (veramente misera) e dell’opinione pubblica, finisce qui. In quel momento. Perché, un attimo dopo, a cominciare dall’allenatore dell’Inter, a seguire tutti gli altri, comincia il walzer dell’ipocrisia. 

Il primo è, appunto, l’allenatore Simone Inzaghi che, nell’intervista a caldo, detta la linea; linea che sarà seguita fino all’epilogo in cui, il peggior presidente della storia della FIGC (ma questo meriterebbe un articolo a parte e, forse, un articolo non basterebbe), per la prima volta nella storia del calcio Italiano, grazierà il giocatore, che potrà giocare il ritorno di Coppa Italia stasera a San Siro, togliendogli la squalifica comminatagli, a norma di regolamento, per aver esultato in un modo provocatorio, nei confronti del pubblico avversario.

In sostanza l’allenatore dice: “E’ stato frainteso, quello è il Suo modo di esultare, prova che è che, tre giorni prima, segnando un tripletta, con la Sua nazionale, ha esultato sempre nello stesso modo”. Questa è la linea e questa sarà seguita, nei giorni a seguire, dall’allenatore stesso, dalla dirigenza, dal giocatore stesso, nelle interviste ricevute e sposata da parte dei giornalisti e, a quanto pare, dal massimo responsabile della FIGC.

E questa tesi è quella che io, da vero antirazzista, non posso tollerare e mi fa dire: “Caro Lukaku, io sono contro ogni razzismo, Tu sei solo un povero ipocrita, senza palle”. Hai fatto un gesto che meritava totale solidarietà. Lo hai vanificato, rinnegandolo. Hai fatto un gesto che meritava di essere sostenuto da dichiarazioni del tipo: “Sono andato ad esultare, davanti alla curva avversaria, che mi ha ricoperto di insulti beceri, volutamente in quel modo provocatorio, consapevole che era un modo di fare, meritevole di sanzione, perché era un modo di contribuire alla lotta al razzismo.

E ci sono andato, assumendomene la responsabilità, consapevole che sarei stato ammonito e, dunque, squalificato. Perché ci sono valori, non negoziabili, per i quali sono pronto a pagarne le conseguenze”. Questo avrebbe reso Lukaku, il suo allenatore, la sua squadra ed i Suoi tifosi, e tutti i moralisti ed antirazzisti, a convenienza ed orologeria, meritevoli di ogni tipo di sostegno.

Ma se fai il gesto e, un attimo dopo, poiché Ti becchi la squalifica, lo rinneghi, sostenendo che è il Tuo tipico modo di esultare, allora non meriti alcuna vicinanza. Non meriti niente. Sei solo un ipocrita opportunista. Tu e tutti gli altri a seguire. Perché quello, non è il Tuo tipico modo di esultare. Lo sarebbe stato, se Ti fossi limitato ai gesti delle mani, che fai in maniera consuetudinaria.

Ma, se mentre fai quei gesti, gridi: “Muti, muti”, allora hai trasformato il Tuo gesto, in una provocazione al pubblico. E, siccome la cosa era plateale, i Tuo compagni di squadra, nel venirti ad abbracciare, per festeggiare il gol, Ti sommergono per impedirti di continuare. Perché lo sanno anche loro che, con quel gesto nobile e provocatorio, stai violando il regolamento e prenderai l’ammonizione e l’espulsione (perché eri già ammonito) e salterai il ritorno della semi finale. E sarebbe stato da standing ovation, se Tu avessi rivendicato il gesto. 

Ma, purtroppo, così non è andato. Un attimo dopo, appunto, il Tuo allenatore ha dato via al teatrino dell’ipocrisia, nel quale Ti sei bellamente accomodato, come vittima protagonista, atteggiamento che ha generato un crescendo intollerabile, che ha portato alla grazia dell’ineffabile presidente della FIGC; personaggio, quest’ultimo del tutto inerme, ogni domenica quando, in diversi campi di calcio, specialmente in quelli dove gioca la Juventus, i giocatori di colore, ma anche quelli di appartenenti ad altre etnie, come quelle di provenienza balcanica, sono sistematicamente bersagliati da cori razzisti, nell’indifferenza generale, di Federazione, commissari di campo, giornalisti e opinionisti.

Giocatori sistematicamente insultati i quali, se provano a fare un gesto provocatorio come il Tuo (successe a Kean, centravanti della Juventus, di colore, peraltro di nazionalità italiana, in una trasferta a Cagliari il quale, dopo aver segnato, si presentò davanti alla curva dei tifosi avversari, senza dire una parola, a mani aperte e fu ammonito, come prevede il regolamento), vengono sistematicamente sanzionati, come da regolamento. E, un attimo dopo, non si presentano davanti alle telecamere, facendo le vittime e sostenendo che il loro gesto è stato frainteso. Se ne assumono la responsabilità e le conseguenze. Cosa che Tu, caro Romelu Lukaku, non hai avuto il coraggio di fare. 

E’ come se Gandhi, nel momento in cui strappava il lasciapassare, davanti alle guardie inglesi, consapevole che sarebbe stato arrestato e seviziato, avesse detto “sì, l’ho strappato, ma mi ero sbagliato, pensavo fosse la lista della spesa che mi ha dato mia moglie, non il lasciapassare”; come se Martin Luther King, una volta pronunciato il discorso “I have a dream” si fosse affrettato a precisare che, in realtà, era sua abitudine raccontare la Sua attività onirica, ma che non volesse veramente dire che fosse un discorso, in cui auspicava che cessasse ogni tipo di discriminazione razziale.

Era come se Nelson Mandela, per essere scarcerato, si fosse affrettato a dire che, in fondo, i bianchi consentivano ai negri di sopravvivere e, tutto sommato, la situazione in Sud Africa, non fosse, poi, così tanto grave. 

No caro Romelu Lukaku. Questi signori, il razzismo lo hanno combattuto veramente, assumendosi la responsabilità di ogni comportamento e pagandone le conseguenze in prima persona. Perché questa è la vera disobbedienza civile, quella in cui fai qualcosa di provocatorio, consapevole che stai violando delle regole e consapevole che, per questo pagherai un prezzo, subirai una sanzione, ma lo rivendichi, pubblicamente e senza condizioni. Questo significa fare gesti contro il razzismo.

E Tu, caro amico, non hai fatto questo. Tu hai provocato, ma non sei stato capace di assumerti la responsabilità del Tuo gesto. Sei andato a piangere, dal Tuo allenatore il quale, primo tra tutti, ha dettato questa linea, auspicando che Tu non fossi squalificato e, una volta che la squalifica, da regolamento è arrivata, rilasciando dichiarazioni, tese a creare il clima, affinché la squalifica Ti fosse tolta.

E, in quel preciso momento, cessa la mia vicinanza e la mia solidarietà al Tuo gesto, caro Romelu Lukaku. E Tu cessi di essere una vittima del razzismo ed un combattente dell’antirazzismo. Tu con Gandhi, con Martin Luther King, con Nelson Mandela, non c’entri niente. Sei solo un ragazzone viziato e multimilionario, che va a piangere dalla mamma, incapace di assumerti le Tue responsabilità e le inevitabili conseguenze.

Comportandoti in questo modo, hai dimostrato che a Te, la lotta al razzismo, non interessa in quanto tale, non interessa per combattere contro le ingiustizie che, ogni giorno, su questo pianeta ricevono milioni di Tuoi fratelli di colore, in ogni parte del mondo, compresa la parte che dovrebbe essere più civile, nella quale Tu percepisci lauto compenso, per giocare a pallone.

Hai dimostrato che la lotta al razzismo Ti interessa come strumento per il Tuo tornaconto personale, per farti togliere la squalifica. E questo, caro amico, non Ti rende degno di stare dalla parte di chi, veramente, è contro il razzismo.

Sono i comportamenti come il Tuo, che rendono la lotta al razzismo, ogni giorno più difficile. E dunque, non meriti vicinanza e solidarietà. Almeno non la mia. Personalmente non avrai nessun insulto razzista, da parte mia, (per quello che può valere), perché IO SONO PROFONDAMENTE ANTIRAZZISTA. IO.  Ma Ti sei guadagnato, Tu e tutti gli altri attori del teatrino, tutta la mia disistima, come essere umano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati