L’ISIS È STATO SCONFITTO VERAMENTE?

di Nadia Feola

L’ISIS È STATO SCONFITTO VERAMENTE?

di Nadia Feola

L’ISIS È STATO SCONFITTO VERAMENTE?

di Nadia Feola

Il Califfato Islamico ha le ore contate. Infatti, la scorsa notte, le Syrian Democratic Forces (Sdf) supportate dalla coalizione internazionale a guida Usa, hanno evacuato l’ultima roccaforte dell’ISIS in Siria, il villaggio di al-Baghouz, situato sulle sponde dell’Eufrate, nei pressi del confine con l’Iraq. La battaglia è iniziata tra venerdì e sabato scorsi quando le forze dell’Sdf hanno circondato il villaggio da cinque direttrici diverse. Purtroppo, però, dalle notizie che sopraggiungono sembra che circa 10 mila civili siano stati utilizzati come scudi umani e che gli ultimi terroristi ancora in vita abbiano in ostaggio 24 persone, tra cui alcuni occidentali. Secondo alcune fonti, tra questi potrebbe esserci anche il gesuita Padre Dall’Oglio, scomparso in Siria nel 2013.

Volendo fare un breve excursus, l’ISIS è un’organizzazione jihadista i cui membri professano un credo religioso estremista e usano la violenza brutale per imporre la legge islamica. Nel 2014, l’obiettivo dello Stato Islamico era creare un Califfato che comprendesse l’Iraq, la Siria e i paesi limitrofi per ritornare alla purezza dell’Islam ed eliminare la cultura occidentale. A tal fine, i jihadisti hanno conquistato Raqqa, divenuta poi la capitale dello Stato Islamico e la città irachena di Mosul. Da quel momento in poi il leader Abu Bakr al-Baghdadi ha dato inizio al Califfato. In un anno lo Stato Islamico ha conquistato un terzo dell’Iraq e la parte est della Siria. Al fine di contrastare il Califfato, 77 paesi hanno formato una coalizione internazionale che tra il 2017 ed il 2018 ha sconfitto militarmente l’ISIS e ha riconquistato le maggiori città dei due paesi anche se, secondo un report delle Nazioni Unite, tra le 20.000 e le 30.000 persone continuano a rimanere in Iraq ed in Libia. Tra queste, molti sono foreign fighters.

Lo scorso dicembre, gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro delle truppe dalla Siria, dove negli ultimi anni l’esercito statunitense ha appoggiato quello curdo nella lotta contro lo Stato Islamico. Nonostante vari esponenti dell’amministrazione Trump ritenevano che fosse necessario rimanere in Siria anche dopo la sconfitta definitiva dell’ISIS, con un comunicato della portavoce della Casa Bianca e con un tweet del presidente Trump, è stata annunciata la decisione di ritirare le truppe statunitensi dal paese. Dopo circa tre settimane, un portavoce della coalizione a guida Usa, ha annunciato che le forze americane hanno avviato il processo del ritiro di circa due mila soldati dalla Siria ma che per motivi di sicurezza, non verranno diffusi i dettagli riguardanti i tempi, i luoghi o i movimenti delle truppe. Nello stesso tempo, il presidente Trump ha riferito l’intenzione di voler lasciare un contingente composto da forze speciali per operazioni di peacekeeping. Con il ritiro delle truppe statunitensi però, i curdi potrebbero essere ancora più esposti agli attacchi da parte della Turchia e l’ISIS avrebbe i mezzi e le opportunità per riformarsi e riorganizzarsi.

Nonostante la sconfitta del Califfato in Siria, non si può ancora parlare di una sconfitta dell’ISIS. In primis, esso è ancora presente in altri paesi come Afghanistan, Mali, Nigeria e Somalia, dove si avvale dell’ausilio di gruppi terroristici della zona come Boko Haram o Al-Shabab. In secondo luogo, oltre alla sconfitta dell’ISIS sul piano militare occorre anche la sconfitta sul piano ideologico. L’ISIS è nato dalle ceneri di al-Qaeda in Iraq, da un gruppo di miliziani che si sono radicalizzati in carcere a partire dal 2003. Secondo la giornalista Francesca Mannocchi, “ieri si chiamava al-Qaeda in Iraq, oggi si è chiamato Isis, domani forse si chiamerà in un altro modo, ma il fondamentalismo di oggi è nato sulle ragioni medesime di quello di ieri e stiamo rischiando di far crescere una nuova generazione di fondamentalisti sulle stesse identiche ragioni”. Infatti, altro problema posto dalla sconfitta militare dell’ISIS è quello dei foreign fighters. Secondo la Commissione Europea più di 42 mila foreign fighters si sono uniti alle organizzazioni terroristiche tra il 2011 ed il 2016. Si stima che ne siano rimasti in vita circa 2400, 800 quelli in mani siriane, irachene e curde e in attesa di processo. I foreign fighters sono oggi la minaccia principale che va aggiunta a quella dei radicalizzati già presenti all’interno degli Stati e si ritiene che siano circa 850 i foreign fighters catturati dall’SDF. Ciò ha indotto Washington a chiedere ai vari Paesi di rimpatriare e processare i propri cittadini. Sul piano del diritto, tale situazione non è facile da gestire. Infatti, alcuni governi europei sarebbero riluttanti nel far rientrare i combattenti poiché le prove raccolte potrebbero non essere sufficienti ed essi potrebbero quindi rimanere impuniti. Il modo migliore potrebbe essere quello adottato dalla Gran Bretagna, ossia togliere la nazionalità ai propri cittadini e lasciare che vengano processati nel paese dove sono stati arrestati.

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