ESCLUSIVO: Linea 77: Ketchup Suicide dieci anni dopo! Intervista per The Freak

di Redazione The Freak

ESCLUSIVO: Linea 77: Ketchup Suicide dieci anni dopo! Intervista per The Freak

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ESCLUSIVO: Linea 77: Ketchup Suicide dieci anni dopo! Intervista per The Freak

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2001, un quindicenne con 30 mila lire entra in un negozio di dischi. Tanto rumore a quel tempo, con una serie di avvenimenti che sconquassano fino alle radici il mondo finora conosciuto: monsignor Milingo che si sposa, Erika e Omar, il G8 di Genova, la morte di Carlo Giuliani, il crollo delle Twin Towers, Dario Hubner che segna 24 gol in serie A, il declino delle boy band. Ma aldilà  di questo rapido copia e incolla dalla pagina “2001” di  Wikipedia, quell’ anno segnò sicuramente un passo in avanti per il rock italiano.

Usciva infatti il 30 ottobre Ketchup Suicide dei LINEA 77. Undici tracce di un nuovo furente cross-over cantato in inglese da 5 ragazzi di Torino. Il quindicenne con 30 mila lire sa finalmente come spendere i suoi soldi.  Due cantanti, testi diretti, un impatto live mostruoso e centinaia di concerti in Italia e all’ estero. La dimensione dal vivo è rimasta sempre al primo posto, assieme ad un approccio diretto con i fan con l’utilizzo massiccio di internet e filmati, tanto che la band ha sentito l’esigenza di pubblicare quest’ anno anche un disco live Live 2010 (http://linea77.bandcamp.com/ ) disponibile in formato digitale.Ketchup Suicide, un legame indissolubile tra i Linea ed i loro fan. E così, 10 anni e 5 album in studio dopo, i cinque di Venaria Reale decidono di celebrare quel disco con un tour assieme a Bianco e I treni all’ alba. Parliamo di questo e tanto altro con una delle due voci del gruppo, Nitto.

Era il 2001, Crossover, Nu- Metal, Hardcore, tante etichette per dire una sola cosa: Ketchup Suicide era ed è un grande album. Ne è passato di tempo, cosa è cambiato in questi 10 anni per i Linea 77 e cosa hanno significato per voi quelle 11 canzoni?

Personalmente stiamo parlando del periodo più bello della mia vita. Questo perché quel disco ci ha permesso di uscire dall’Italia e dall’anonimato. Abbiamo iniziato a capire cosa voleva dire vivere di musica, respirare musica e mangiare musica.

Eravamo ogni due mesi in Inghilterra a fare concerti, un giorno dopo l’ altro, senza sosta tra una data e l’altra, ed è stata proprio tutta questa gavetta che ci ha insegnato tantissime cose, dall’ imparare a convivere al sapersi dosare con le forze, al capire le persone che ti stavano davanti e a come riuscire a coinvolgerle. Un anno che ci ha regalato tantissimo e ci ha fatto crescere esponenzialmente dal punto di vista  personale e professionale.

Non so se oltre all’età  anagrafica sia cambiato molto. Ora cantiamo soprattutto in italiano ma l’attitudine rimane la stessa, forse, l’ essersi concentrati negli ultimi anni soprattutto sulla nostra penisola, ha leggermente diminuito quella fame di “conquista” che avevamo sempre all’ estero, ma l’emozione che si prova nei live è sempre positiva e ineguagliabile.



“That’s life man, oui c’est la vie, a volte sa di fragola ma spesso sa di merda” urlavate con “Moka. Quanta merda avete visto scorrere dal 2001?

Troppa, e tanta dovremo ancora vederne. In dieci anni nel nostro paese non è cambiato molto. Dal punto di vista dei concerti per esempio, parlando del livello tecnico sarebbe bello pensare di essersi avvicinati anche solo di poco all`Inghilterra o ad altri paesi europei come l`Olanda, o la Spagna o il Belgio.

Invece ci si trova spesso e volentieri a dover discutere con i vari promoter perché gli impianti acustici non sono quelli richiesti, perché le schede tecniche non vengono rispettate, perché la tua dignità  di musicista non ha assolutamente nessuna valenza. All’estero che tu sia un big oppure l’ ultimo dei gruppi di questo pianeta, troverai sempre o quasi ciò che hai richiesto, le eccezioni si contano su una mano qui è l’ esatto opposto. In poche parole non si riesce a concepire la musica come un business reale, che muove o può muovere sempre più denaro ma per fare ciò del denaro deve essere investito altrimenti la macchina si inceppa e diventa tutto un po’ più grottesco.

Abbiamo suonato in posti dove l’ impianto era più piccolo di un medio stereo da casa, ridicolo.

Inoltre volevo sottolineare un fatto che è veramente tipico italiano. Siamo riusciti, e ti parlo come paese, a limitare l’ inquinamento acustico mettendo dei limiti di decibel ai concerti. Credo che la legge parli di un 96-98 db come media. Ora, senza togliere nulla alla professionalità dei fonici che a volte fanno i salti mortali per rendere un concerto accettabile nonostante questi limiti,  trovo ridicolo questo tipo d’ interventi. Ci sono alcuni generi di musica che hanno bisogno delle basse che ti fanno vibrare lo sterno e di un volume che ti deve permettere di isolarti dal mondo che ti sta attorno. Il riuscire a parlare tranquillamente sotto un palco durante una qualsiasi performances, lo vedo come una bestemmia. Rende tutto lo sforzo degli artisti assolutamente inutile e frustrante. Ah dimenticavo, la musica samplata o meglio conosciuta con il nome “da discoteca” può godere di un limite più alto di decibel. Forse chi ha fatto questa legge era un discotecaro incallito e aveva voglia di più volume, e a vedere il livello vomitevole ed imbarazzante dei nostri parlamentari, non faccio fatica a crederlo.

Di voi si è sempre detto che avete avuto più successo all’estero che in patria, ma siete veramente messi così male in Italia? Come è possibile che chi fa della buona musica è conosciuto solo dai più curiosi e che non si punti così tanto sui gusti musicali più alternativi?

Come dicevo prima, in Italia, a meno di non essere dei big, non si gode di alcuna considerazione. Penso anche solo alla nostra storia, che per essere apprezzati in patria, siamo dovuti scappare all’ estero. Le radio o i canali televisivi musicali trasmettono solo un certo tipo di musica, e non si rendono conto, che educano i propri ascoltatori. Per fortuna esiste un sottobosco musicale che è iperattivo ed esistono i curiosi che si formano un proprio gusto musicale girando in rete o soprattutto andando ai concerti, ma i numeri sono assolutamente iniqui. Alla domanda a “siamo messi cosi male in Italia? La risposta è tristemente ed inesorabilmente, sì.

Qual è il vostro pezzo che meno si amalgama con quello che è considerato il sound tipico dei Linea 77?

Ci sto pensando da un po’, ma abbiamo fatto talmente tanti esperimenti sulla nostra musica che trovo difficile risponderti. In un modo o nell’ altro tutti i pezzi che abbiamo fatto, rappresentano qualcuno di noi 5, qualcuno è più melodico, altri più gridati, altri più rappati ma rispecchiano ciò che sono i linea77, ovvero l`unione di 5 persone, 5 personalità, 5 gusti a volte distanti e a volte più vicini fra loro

“Dieci”, il vostro ultimo album in studio, ha sfidato non poco la cerchia di fan legata ai lavori più pesanti dei Linea. Ma il tempo sta passando ed i live aumentano, come sta reagendo il pubblico a questa vostra sfida?

Per essere sincero quest’ ultimo disco è stato apprezzato in maniera più lenta rispetto agli altri. Ma questo proprio perché 10 è un disco meno immediato, richiede più ascolti da parte del pubblico, e non per questo deve essere considerato più o meno bello. A noi piace pensare che ogni disco rispecchia il periodo in cui è stato scritto, ed evidentemente eravamo in una fase più introspettiva della nostra storia. Per quanto riguarda i compromessi, spesso e volentieri, non diamo ascolto a quello che i nostri fan vorrebbero, ma piuttosto siamo noi che a volte ci auto limitiamo perché pensiamo a quello che gli altri potrebbero pensare, una sorta di auto-censura. Tutto questo naturalmente succede in fase di scrittura e parlando fra di noi riusciamo poi a trovare la via da percorrere anche litigando o mandandosi allegramente a cagare. Se dovessimo ascoltare i nostri fan dovremmo fare sempre e solo un certo tipo di musica invece ci piace spiazzare chi ci ascolta, quasi sfidarli, ma non per mero piacere autolesionistico, ma perchè come tutti seguiamo i nostri gusti in quel particolare periodo.

“Ketchup Suicide” il passato, cosa vedete nel vostro futuro?

I Linea non riescono a stare troppo lontano da un palco quindi mi piace pensare che saremo da qualche parte a fare un concerto oppure chiusi nel nostro studio a scrivere un nuovo disco.

Stefy Blood & Luca Di Tizio

4 risposte

  1. Dei grandi, non c’ho altre parole…già solo per la disponibilità che hanno avuto per l’intervista con The Freak…ed che esiste gente che se la tira dopo un demo…

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