L’embargo israeliano nella Striscia di Gaza: verità storiche e verità attuali.

di Melissa Miller

L’embargo israeliano nella Striscia di Gaza: verità storiche e verità attuali.

di Melissa Miller

L’embargo israeliano nella Striscia di Gaza: verità storiche e verità attuali.

di Melissa Miller

Come tutte le verità del mondo, le verità non possono che essere storiche. Perché i retroscena delle relazioni internazionali non possono che essere rivelati solo  dopo il loro capitolo conclusivo. Stavolta però il periodo di incubazione è molto più breve. Il sigillo “confidential” sull’embargo economico contro la striscia di Gaza decade infatti con un ordine di una Corte interna chiamata a giudicare sulla denuncia di . Il Ministero della Difesa Israeliana si è cosi visto costretto a pubblicare le sue strategie “matematiche”. Allo stesso tempo, Israele si trova nuovamente a fronteggiare i movimenti umanitari che tentano di penetrare nelle acque di Gaza.

Già da settembre 2007, Israele aveva imposto un embargo nei confronti della Striscia di Gaza, definendo quest’ultima come territorio ostile.

Le sanzioni economiche costituirebbero una forma di rappresaglia legittima se operate in risposta a una violazione del diritto internazionale, e salvo che non sfocino in una forma di uso della violenza. Ammesso che Israele agisca in una condizione di diritto nei confronti della non State entity palestinese, secondo Israle, l’embargo costituirebbe una risposta al takeover di Hamas.

Fra le varie restrizioni: armi, carburante, elettricità, ma anche approvvigionamenti alimentari. Secondo lo stesso Ministro della Difesa, lo scopo delle misure sarebbe stato quello di paralizzare l’economia di Gaza ed esercitare una pressione sul governo di Hamas.

De facto, Hamas ha eluso le misure con il contrabbando di alimenti e armi, forniti dall’Egitto, attraverso tunnel sotterranei ad hoc. La misura restrittiva è stata, ed è, sostanzialmente sofferta dai civili di Gaza.

Se da un lato far soffrire le sanzioni economiche nei confronti di un singolo gruppo politico a una popolazione di 1.5 milioni di persone è moralmente discutibile; dal punto di vista strettamente legale la legittimità di un tale embargo è piuttosto opaca.

Se si accetta la premessa secondo cui i diritti sovrani di Israele sono stati violati da Hamas, allora l’embargo sarebbe, da un punto di vista strettamente legale, legittimo. Tale legittimità potrebbe essere inficiata o dall’eventuale risvolto violento della condotta delle autorità israeliane, oppure dalla concretizzazione di una violazione dei diritti umani.

Muovendosi sulla lama sottile di un embargo le cui premesse di legittimità sono opinabili e i cui limiti di azione sono molto ristretti, il Ministero della Difesa Israeliana ha operato un puntiglioso calcolo matematico al fine di non violare diritti individuali inalienabili.

Sono queste le rivelazioni dei documenti dischiusi dal Ministero della Difesa israelina, il quale – su ordine di una corte distrettuale nazionale – ha dovuto rendere pubblici i limiti di importazione imposti nell’embargo alimentare.

Per evitare violazioni dei diritti umani, nella stima del limite di importazione di alimenti, Israele avrebbe applicato la media del fabbisogno giornaliero per persona (di 2279 calorie), conformemente alle direttive della World Health Organization. Conformemente a tali direttive, ogni giorno potevano attraversare il confine della red zone solo 106 camion trasportanti alimenti (mentre prima dell’embargo nella striscia di Gaza entravano ogni giorno, in media, 500 camion).

La minuziosità si era spinta ben oltre. Sembra infatti che Israele avesse stabilito delle red lines for food consumption in the Gaza Strip volte a stabilire una differenziazione tra: necessità umanitarie e beni di lusso non essenziali.

(Per il testo integrale dei disclosed documents: Procedure for monitoring and assessing inventories in the Gaza Strip).

Il risultato concreto? L’embargo lasciava passare salmone congelato e yogurt, ma non il coriandolo e il caffè istantaneo. Un rigore più grottesco che drammatico.

Fortunatamente, l’embargo alimentare é stato abbandonato sotto la pesantissima pressione internazionale a seguito del raid navale di Israele ai danni di Mavi Marmara, nave battente bandiera turca, nel Maggio 2010, in cui sono morti nove civili di nazionalità turca.

Mavi Marmara era solo la prima nave a tentare di sfidare l’embargo israeliano. Nell’ambito del movimento “Freedom Flotilla” – movimento umanitario organizzato dalla popolazione civile al fine di rompere le barriere economiche imposte a Gaza – altre navi hanno tentato l’impresa. Nel luglio del  2011, una flotta di navi di varie nazionalità pronte a salpare da Atene sono state bloccate dalle autorità turche. Di nuovo, nel novembre dello scorso anno, la marina israeliana ha intercettato in acque internazionali due navi, una canadese e l’altra irlandese, che stavano per oltrepassare il limite delle 20 miglia dalla costa.

Oggi, nell’ambito delle importazioni, permane unicamente un più ampio embargo economico che impedisce non solo il commercio di armi, ma anche tutti i tipi di materiale da costruzione, alla luce del fatto che questi “potrebbero essere utilizzati per attaccare la comunità israeliana residente a sud”.

Al contrario, le esportazioni restano vietate e l’embargo navale è assoluto.

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Intanto, una nuova nave di – battente bandiera svedese e trasportante aiuti umanitari – proprio negli scorsi giorni ha tentato di penetrare nella barriera marittima. A bordo si trovavano 16 persone, tutte di origini “occidentali”, salvo un israeliano. Estelle ha fatto un breve giro d’Europa prima di salpare da Napoli alla volta di Gaza.

Il 20 ottobre però, Estelle è stato abbordato dalle navi della marina israelian , a largo delle coste egiziane in acque internazionali. In assenza di fonti certe, si pensa che i membri equipaggio siano stati condotti presso un centro di detenzione israeliano.

Ancora oggi sul successo di “Freedom Flottila” e sul destino di Estelle pende una spada di Damocle. Intanto, per i più curiosi, i comunicati dall’equipaggio sono diffusi sul Ship to Gaza website.

Le verità sull’embargo navale imposto alla striscia di Gaza sono tante, alcune affiorano di giorno in giorno, altre restano nei polverosi archivi che solo la storia potrà dischiudere.

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