Le donne, lo sguardo maschile ed i supereroi per cambiare visione

di Alessandra Carrillo

Le donne, lo sguardo maschile ed i supereroi per cambiare visione

di Alessandra Carrillo

Le donne, lo sguardo maschile ed i supereroi per cambiare visione

di Alessandra Carrillo

Una considerazione femminile che prende spunto dalla giornata contro la violenza sulle donne e si rifà anche agli incontri della Festa del Cinema di Roma, tra il MIA ed Alice nella Città

Donne.

Se ne parla tanto ultimamente. Iniziano le mobilitazioni, si alzano le voci, si incrociano pareri sulla valenza del femminismo oggi: chi si sente femminista, chi ha paura di utilizzare quella parola, uomini stessi che si dichiarano femministi, altri che storcono il naso e la ricevono come un’aggressione contro di loro. Dove è la verità?

 

La verità, ahimè, sta nel numero di vittime di femminicidi (106 in 10 mesi nel 2018), nel conformismo di certi discorsi ancorati a pensieri di un passato patriarcale e maschilista, nelle difficoltà di sentirsi libere di vivere la propria vita, di essere rispettate, di ricevere opportunità lavorative ed equo compenso rispetto ai pari maschili, di essere e sentirsi “Donne”.

 

Non si tratta di uno scontro di genere, non è una guerra agli uomini. Anzi. Vorremmo che di uomini al nostro fianco a combattere per una vera eguaglianza di diritti, per il rispetto delle donne senza soprusi, prevaricazioni e soprattutto senza violenza, ce ne fossero sempre di più.

 

Sabato 24 Novembre la marcia contro la violenza sulle donne #NonUnaDiMeno ha raccolto, l’organizzazione dice dal carro, 150mila presenze a Roma, in un corteo pacifico, vestito di fucsia e di allegria, di parole forti e di speranza: c’erano anche gli uomini in piazza, a sostegno della causa.

 

E allora pian piano, o forse no, forse anche più velocemente, si può arrivare ad una battaglia comune, che restituisca alla donna il rispetto ed un ruolo parimenti significativo nella società: servono quei piccoli steps, quei cambi di visione, di parole, di giudizi e pregiudizi, quelle positive actions che permettano e alle donne di prendere il proprio posto ed agli uomini di riconoscere che le cose possono cambiare, in meglio, per tutti.

 

Bisognerebbe cambiare il modo di vedere le cose, il non accettare che sia normale ciò che normale non è, che sin da bambini maschi e femmine inizino a riconoscersi in altri role models, non quelli di tradizione patriarcale o machista che vedono la donna come possesso o oggetto, ma in esempi moderni di parità e rispetto.

 

In questo il settore culturale ha la sua carta da giocarsi, ed ancora di più il cinema che è esso stesso mezzo di identificazione e riconoscimento ufficiale di modelli: in occasione della morte di Stan Lee, il padre dei supereroi Marvel, in tanti hanno scritto nei propri post di Facebook per ricordare quanto gli fossero grati per quei personaggi, supereroi con superproblemi, in cui si identificavano. Peter Parker – il “secchione sfigato” investito di un potere che gli permetteva una rivalsa sulla società che fino ad allora lo aveva messo ai margini – diventa simbolo di speranza per intere generazioni di liceali amanti dei fumetti.

E come Spider Man, altri potrebbero diventare degli esempi per giovani donne e uomini. Basterebbe far sì che si faccia più attenzione già nelle piccole cose, nelle scene svilenti per le donne, nella scelta dello sguardo da dare al racconto (spesso uno sguardo maschile, perché si è abituati così), nella scelta di scrivere ruoli femminili che possano essere d’ispirazione o che raccontino la donna nella varietà dei ruoli della vita sociale moderna, e non costretta agli archetipi tipici in funzione di protagonisti maschili.

 

Proprio nel corso degli incontri organizzati al MIA Market lo scorso ottobre ci sono stati degli appuntamenti importanti che hanno messo in evidenza questi punti: nell’incontro “The Female Gaze. How gender can drive storytelling” con la produttrice Elizabeth Karlsen e la regista SJ Clarkson, queste due donne d’ispirazione hanno raccontato come siamo talmente abituati a vedere cinema e tv con uno sguardo maschile che le donne stesse alle volte si identificano in quegli standard, e come, dall’altra parte, ci sia un interesse ed un forte impegno perché si inizi ad assistere anche al cosidetto female gaze, sguardo femminile – che non necessariamente è uno sguardo di una donna, ma un modo di vedere le cose che tenga in considerazione il punto di vista femminile, anche se scritto o diretto da un uomo.

Dall’altro lato, l’incontro organizzato da Women in Films con un panel dal titolo “ReFrame”: ReFrame è un piano di azione volto a promuovere la parità di genere nell’industria dei media e dell’audiovisivo attraverso dei riconoscimenti (il cosidetto ReFrame Stamp) per i film che rispettano una serie di parametri (ad esempio la partecipazione di capi reparto al femminile o il riconoscimento che in un film ci siano ruoli femminili importanti e 50% di screen time) ed un training contro i bias inconsci. Nel nutrito dibattito si è levata forte la voce di Desiree Akhavan, regista americana di origine iraniana del bellissimo film “La Diseducazione di Cameron Post” presente alla Festa del Cinema di Roma: chi scrive per il cinema, per la televisione, non deve vendersi alle logiche rituali che vedono le donne in ruoli svilenti o di donne oggetto. Anche lo stupro ha modalità e modi di essere raccontato, se è proprio necessario: se se ne rimarca la connotazione sessuale, quasi a caratterizzarla eroticamente, ecco che si perde il senso di tutto il discorso che si sta facendo. L’arte ha modo di cambiare le cose – ha commentato nell’accesa polemica sul ruolo educativo del cinema e della televisione.

 

Una Festa del Cinema di Roma che nella sua tredicesima edizione ha dato spazio a numerose registe, ha creato un contest di corti “Cuori al Buio” contro la violenza sulle donne ed ha contribuito con la sfilata sul red carpet dell’associazione Women in Film, TV e Media Italia ed il movimento Dissenso Comune alla celebrazione della firma della Carta per la parità e l’inclusione messa a punto dal movimento internazionale 50/50 by 2020 da parte dei vertici della Fondazione Cinema per Roma e della Festa del Cinema.

walks the red carpet ahead of the “The Miseducation of Cameron Post” And “Women in Film” screening during the 13th Rome Film Fest at Auditorium Parco Della Musica on October 20, 2018 in Rome, Italy.

Interessanti le scelte di film come “Back Home” e “Daughters of the Sexual Revolution”, che hanno aperto ad un dibattito al femminile, ma anche nella sezione “Alice nella città”, curata da una grande donna quale è Fabia Bettini, numerose le presenze di film diretti da donne (tra cui le italiane Luna Gualano, Laura Luchetti, Margherita Ferri, fino ad Agustina Macri, la figlia del Presidente Argentino, con il suo film intenso “Soledad”) e bella la scelta del film “Capernaum” a chiusura, diretto da Nadine Labaki: ma il vero piccolo gioiello animato da regalare ai più piccoli ed alle più piccole è stato “Dilili à Paris” di Michel Ocelot.

Ambientato negli anni della Bella Epoque parigina, il film invita ad esplorare con la piccola Dilili (una bambina mulatta che arriva dalla Nuova Caledonia – “In Nuova Caledonia mi sentivo troppo chiara, qua mi sento troppo scura, le persone mi guardano come se fossi strana”, dice all’inizio Dilili al suo nuovo amico. “Io non ti ho mai guardato così”, risponde Orel. “Lo so, a quello serve avere un colore diverso: vedi il modo di reagire degli altri e capisci subito quale sono le persone che valgono” conclude lei) le strade più belle della Ville Lumiere ed a conoscere i personaggi più stimati dell’epoca, da Touluse-Lautrec a Louis Pasteur, in un intento anche educativo, che si apre ancora di più ad uno stimolo fiabesco di lotta per i diritti delle donne e, nell’incontro con tre icone femminili, quali Marie Curie, Sarah Behrnardt e Louise Michel e, nella missione di scovare i Maestri del Male, un’organizzazione criminale che sequestra le piccole bambine per fermare, attraverso le nuove generazioni, l’eminente emancipazione femminile.

 

E’ una fiaba che è un inno alla forza femminile, all’ispirare le bambine a poter essere tutto ciò che desiderano (scrittrice, medico, ricercatrice, attrice e quant’altro) ed a farsi avanti, senza paura, ma con sorriso e tenacia. Eccolo il cinema che porta role models per le giovani donne che crescono.

 

E, novità dell’ultim’ora, è uscito proprio oggi l’elettrizzante poster ufficiale della prima super-hero femminile protagonista di un film Marvel: “Captain Marvel”, interpretata da Brie Larson. La sua regista, anche qui, una prima volta femminile per un colossal Marvel, Anna Boden (che dirige a quattro mani con Ryan Fleck) dice della protagonista: “Non è una super-eroina perfetta, con legami con l’altro mondo o qualche dio. Ciò che la rende speciale è la sua umanità. E’ buffa, ma non ha sempre la battuta pronta. Sa essere una testa dura, spericolata, non prende sempre le decisioni migliori per se stessa. Ma dentro di sè ha tanta generosità e umanità, nel bene e nel male.”

 

Restiamo in attesa di vedere: nei cinema di tutto il mondo a Marzo. Il film per cui darsi l’appuntamento la sera dell’8 Marzo. Altro che cinquanta sfumature..

 

di Alessandra Carrillo, all rights reserved

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