LA VERITÀ STA IN CIELO

di Aretina Bellizzi

LA VERITÀ STA IN CIELO

di Aretina Bellizzi

LA VERITÀ STA IN CIELO

di Aretina Bellizzi

Il caso di Emanuela Orlandi al cinema

La verità non sta in cielo ma sta su questa terra, impastata nel cemento assieme al corpo di Emanuela. La verità sul caso Orlandi da oltre 30 anni percorre silenziosa le vie di Roma, cerca di non farsi scoprire, di non rivelarsi agli occhi indiscreti di giornalisti troppo svegli o troppo attenti. Non si mostra a chi, ancora indignato per quanto accaduto, chiede giustizia. Si nasconde ma non si sa dove: forse in qualche scaffale polveroso e dimenticato dentro alle stanze del Vaticano, o forse nella memoria di chi sa e non vuole parlare o vorrebbe ma non può farlo.

Perché, secondo quanto Faenza racconta nel film, è ancora pericoloso tentare di scoprire cosa è accaduto quel 22 giugno 1983.  È una data vicina, eppure sembra lontanissima per chi è nato dopo, per chi ha sentito parlare di De Pedis solo quando, qualche anno fa, si è scoperto che il suo corpo, il corpo di un criminale, era sepolto in una chiesa consacrata, a Sant’Apollinare. Mentre del corpo di Emanuela non si sa nulla se non quello che Sabrina Minardi, l’amante di “Renatino” De Pedis (nel film Riccardo Scamarcio) ha dichiarato nel corso dei numerosi processi aperti e poi chiusi sul caso. Una brava Greta Scarano interpreta questa super-testimone dei fatti, da alcuni creduta, da altri invece considerata troppo inaffidabile. A guidare le sue confessioni nel film è una giornalista interpretata da Valentina Lodovini. Il filo delle indagini è invece seguito dall’inviata di una tv di Londra interpretata da Maya Sansa. A personaggi reali si mescolano figure di fantasia, il risultato è un mix che non sempre funziona. La verità sta in cielo, locandina

Il rischio era di rendere il tutto troppo didascalico e a tratti questa è l’impressione che emerge dal film: nulla è lasciato alla deduzione, all’intuizione, tutto è troppo scritto. Certo l’intento è e rimane lodevole: ricostruire una vicenda complessa quale quella del rapimento di Emanuela Orlandi è un lavoro faticoso e di responsabilità notevole. Il regista peraltro cerca di tenere conto di molte delle ipotesi formulate nel corso di anni e anni di indagini, depistaggi e archiviazioni, seppure è evidente che scelga di seguire un’unica tesi. E si impegna ad argomentarla con dovizia di particolari, raccogliendo anche i dettagli, connettendoli l’uno all’altro per tentare di ricostruire una rete di relazioni e accordi molto articolata.

Si comprende infatti con chiarezza come questo caso coinvolga tutti i poteri forti del nostro Paese, nessuno escluso, in un fitto intreccio di rapporti che lascia sbalordito lo spettatore. Non che certe cose non si sappiano, ma lo strabordare di testimonianze si abbatte come una vera valanga su chi, del caso Orlandi, ricorda poco o nulla. È proprio l’eccesso di dati, forse, a far smarrire l’empatia che pure nelle prime scene il film era riuscito a creare, mostrando il dolore e l’angoscia della famiglia di Emanuela, rievocando i tragici attimi in cui di quella ragazza di 15 anni si è persa traccia. Speriamo non per sempre.

Un film come questo potrebbe forse avere un ruolo nella riapertura del caso ed è quello che ci auguriamo. Se anche non fosse così avrà comunque contribuito a ricordarci che fin ora ci siamo rassegnati a credere che “la verità sta in cielo.”

di Aretina Bellizzi, all rights reserved

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