La strega

di Simone Bonfiglio – SimBo

La strega

di Simone Bonfiglio – SimBo
La strega

La strega

di Simone Bonfiglio – SimBo

Ero stato un pessimo figlio, poi un pessimo marito e infine un pessimo genitore. Avevo da sempre vissuto nella perdizione, tra orge, droghe, alcol e quanto di più disdicevole ci sia per la morale dell’uomo. Nulla mi turbava ed ero un peccatore incallito, di quelli per cui bisognerebbe creare un girone dell’inferno su misura.

Bighellonavo intere giornate da un locale all’altro, saltando da un letto all’altro per trovare il piacere fisico che più lo provi e meno ti basta. E allora sei costretto a ricominciare ad evadere cercando altro, sempre di più. Nulla finiva, perché quando sei ricco puoi comprarti tutto, anche il Padre Eterno e portarlo su questa lugubre terra. Non avevo fissa dimora, la mia casa era una stanza d’albergo, sempre diversa e per ogni città in cui passavo avevo sempre amici diversi che mi aspettavano. Il copione quasi sempre simile però, chiamavo tre o quattro prostitute d’alto borgo, bottiglie in quantità, medicina in polvere e via ai bagordi.

La mattina seguente poi via di corsa, pagando alla hall dell’hotel mentre tutti erano ancora lì a dormire, io ero già su di un taxi diretto verso altre mete, pronto a ricominciare. Certo il mio fisico cominciava a dare segni di cedimento ed evidenziava qualche ruga qua e là ma per la vita che conducevo era un miracolo che non fossi già morto di overdose o di qualche altra complicazione in una vasca da bagno.

Ogni tanto ricevevo la chiamata del mio avvocato che mi ricordava di dover ottemperare alle richieste di quella megera della mia ex o dei miei figli a cui dovevo il mantenimento, anche se non mi ricordavo più  nemmeno come fossero fatti. Che cosa mi importava di loro? Fondamentalmente nulla, fosse stato per me non gli avrei passato un euro ma la legge è legge e ci si deve adeguare.

Nel mio corpo da quasi cinquantenne era rimasto intrappolato il ragazzo bohémien di quasi un ventennio prima; quello dei viaggi psichedelici, dell’eroina, delle icone rock, dei pantaloni in pelle mai lavati e dall’arrapamento facile. Ero uno scrittore ormai vuoto, avevo fatto successo ma adesso non avevo più nulla da raccontare e vivevo di rendita per quello che avevo pubblicato negli anni precedenti.

Uno di quelle sere in cui attendevo che mi venissero a trovare per iniziare un festino, ero intento a sorseggiare del buon rum in un bar, seduto in un angolo, solo. Però avevo quella sensazione che prende a tutti quando ci si sente osservati senza sapere da chi. Era come se sentissi che potesse succedere qualcosa da un momento all’altro ma non capivo esattamente cosa. Non stavo bene e ciò mi preoccupava perché di solito ero sempre di buon umore.

All’improvviso vidi dietro me un’ombra fredda e scura, un brivido mi penetrò fin dentro le ossa, mi voltai, ma il nulla. Poi di nuovo, e ancora una volta. Ero atterrito e attonito allo stesso tempo, guardai in fondo vicino la porta d’uscita e quella nuvola nera era là. Feci finta di non accorgermi e mi rivoltai con la testa sul bancone ma il panico mi bloccò.

Una splendida donna, di nero vestita, con capelli neri, tranne una ciocca bianca che le scendeva sulla fronte, si presentò di fronte a me, seduta sullo sgabello accanto al mio, chiedendomi se potessimo bere qualcosa insieme.  Le domandai da dove sbucava dato che nel locale non avevo visto nessuno, a parte qualche cliente che, di tanto in tanto, entrava per consumare e di fretta se ne andava. Mi disse sorridendo che facevo troppe domande e che non ne valeva la pena. Mi quietai anche perché era splendida e, tra me e me, pensai di portarla in camera a partecipare alla festa che avrei dato di lì a poco.

Mi anticipò, al secondo bicchiere mi baciò, e mi disse di voler venire a letto con me immediatamente. Non ci pensai due volte e in un baleno fummo in camera. Mi fece sdraiare e mi sussurrò all’orecchio di rilassarmi e di lasciarmi trascinare dalla situazione, quindi chiusi gli occhi e feci come mi aveva chiesto.

Prese la cinta dei miei pantaloni e mi legò le mani, poi mi salì cavalcioni bloccandomi le gambe. Qualcosa proprio da questo momento mi sembrò non andare più, il suo peso addosso era sempre più impossibile da sostenere e la sentì parlare in una lingua a me sconosciuta. Riaprì gli occhi carichi di terrore e vidi le sue pupille  completamente dilatate e tetre, un ghigno che le prendeva tutto il volto, da cui usciva una lingua biforcuta. Non ce la facevo a parlare, non sapevo nemmeno cosa dire, ma la strega tornò a parlarmi in modo comprensibile e mi disse di essere venuta per farmi saldare il conto. La messaggera del diavolo era venuta a riscuotere il debito. Il vizio di cui tanto mi ero approfittato aveva un costo e quel prezzo era la mia vita. Poi uscì un coltellaccio e iniziò a colpirmi violentemente mentre il sangue imbrattava le lenzuola bianche, la parete e le ricopriva totalmente il corpo.

Ogni colpo era assestato per farmi pagare un peccato di cui mi ero macchiato in vita, potete quindi immaginare quanti ne ricevetti. Sentivo la lama scavare e martoriare il mio corpo che ormai era quasi in pezzi. Poi qualche ora dopo, mentre giacevo smembrato sul letto, arrivarono gli invitati al party, che furono spaventosamente colpiti da quella scena agghiacciante. Fuggirono tutti quanti perché conoscendo il personaggio che ero stato, ognuno immaginava in quale altro losco traffico avessi potuto cacciarmi per fare quella fine. Chissà quale pusher non avevo pagato o a quale magnaccio avessi mancato di rispetto.

 Io però ero ancora lì però nel limbo della non morte che urlavo senza nessuno che potesse sentirmi, mi sgolavo, mi dimenavo.

“Questa volta sono innocente! Aiutatemi! É stata la strega, prendete la strega!”.

 E intanto due angeli neri mi trascinavano nel mio personale girone infernale.

di Simone Bonfiglio, all rights reserved

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati