LA SEDE ANATOMICA DI UN CUORE

di Cara Futura Rigby

LA SEDE ANATOMICA DI UN CUORE

di Cara Futura Rigby

LA SEDE ANATOMICA DI UN CUORE

di Cara Futura Rigby

La sede anatomica di un cuore

Potrebbero fare così. Loro due.
Potrebbero fare un gioco. Anzi un mezzo gioco.
Un mezzo gioco di mezze verità.
Farebbero che è silenzio ed è notte.
E chiudono gli occhi.

E lei gli racconta la storia inventata di una ragazza.
La storia di una ragazza che forse ha cose belle, ma anche molte cose brutte nella testa. È la storia inventata di una ragazza che le cose brutte nella testa non le dice, le bisbiglia solo di notte e, quando invece il giorno la risveglia dalle cose brutte della sua mente, pensa che avrebbe il desiderio di raccontarle anche a lui. La ragazza vorrebbe scoprire se queste cose potrebbero spaventarlo. Perché a lei la spaventano e chissà lui invece cosa pensa, se anche a lui farebbero così paura. Magari a raccontarle le cose brutte, sono sempre brutte, ma brutte a metà.

Il gioco ha un altro turno.

Ed è il turno in cui lui racconta la storia inventata di un ragazzo.
La storia di un ragazzo che forse ha cose belle, ma anche molte cose brutte nella testa. È la storia inventata di un ragazzo che le cose brutte nella testa non le dice, le bisbiglia solo di notte e, quando invece il giorno lo risveglia dalle cose brutte della sua mente, pensa che forse avrebbe il desiderio di dirle anche a lei, stavolta. Chissà se il ragazzo vorrebbe scoprire se queste cose potrebbero spaventarla. Perchè a lui lo spaventano, ogni tanto, e chissà lei invece cosa pensa, se anche a lei farebbero così paura. Magari a raccontarle le cose brutte, sono sempre brutte, ma brutte a metà.

E così, il gioco potrebbe finire in due modi.

Se essi si spaventano, se il buio degli occhi chiusi è troppo intollerabile per certi mali da ascoltare, essi li riaprono, gli occhi.
E tutto svanirebbe. E tutto sarebbe solo e soltanto la nebbia di due storie inventate.
“Brutte eh? Per fortuna non siamo noi.”
Era solo un gioco.
Si alzano, si salutano e si congedano.

Ma se non si spaventano, accadrebbe che il gioco continua.
Ed entrambi rimarrebbero ad occhi chiusi con la fiducia che anche l’altro in quel momento ha le palpebre serrate, che non è il solo a starsene con lo spavento nelle orecchie, che anche l’altro resiste alla ferocia dei segreti con lo stremo di occhi sigillati e il coraggio dell’ascolto.

L’ascolto di una storia inventata che era vera, come vero era il loro gioco finto.
Il gioco di certe brutte cose che non se ne vanno mai dalla mente e convincono gli umani che il cuore ha sede solo nel petto e non piuttosto nelle orecchie.

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