La poesia di Besnik Mustafaj alla Fiera Più Libri Più Liberi di Roma, il 9 Dicembre alle 17.00

di Redazione The Freak

La poesia di Besnik Mustafaj alla Fiera Più Libri Più Liberi di Roma, il 9 Dicembre alle 17.00

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La poesia di Besnik Mustafaj alla Fiera Più Libri Più Liberi di Roma, il 9 Dicembre alle 17.00

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Scritture migranti, libertà di espressione, universalità del linguaggio poetico. Questi i temi che vedranno riunire la comunità poetica romana in occasione della presentazione della collana poetica Erranze diretta dal poeta albanese Gezim Hajdari e che avrà luogo giorno 9 alle 17.00 nella Sala Corallo della fiera Più Libri Più Liberi. La conferenza – in una delle fiere letterarie ormai più note nel panorama editoriale italiano –  sarà l’occasione per incontrare la poesia a Roma, sempre schiva e spesso silente. La conferenza è un momento importante per la comunità poetica a Roma.

Proprio in questa occasione, sarà presentatata Leggenda della mia nascita, la raccolta di poesie di Gezim Hajdari. La poesia di Mustafaj nasce nelle Bjeshkët e Nëmuna (Montagne Maledette), nel nord dell’Albania, nel pieno inverno della dittatura comunista albanese.

Il verso di Mustafaj sembra pacato a una prima lettura, epico come nei racconti degli antichi, senza grida né enfasi. Ma è solo un inganno, perché rileggendo con l’attenzione dovuta si scopre che sotto l’essere del suo verbo abitano echi, suoni, ritmi interiori intensi, che penetrano nella memoria del lettore accorto, rimanendovi per sempre. È un verso vero e vissuto profondamente, carico di umanità e universalità. Mustafaj sa colloquiare con le cose, dando loro voce e volto, attraverso una prosa poetica che colpisce per la forza e per la bellezza antica e ancestrale. A volte tumultuosa e carica dell’inquietudine quotidiana, la sua poesia si fa carico del dolore e della sofferenza dell’uomo, in attesa di un raggio di luce durante le notti nere, che sembrano non avere mai fine: Non arriverà mai l’alba. Fare il poeta nel cuore della dittatura più feroce del vecchio continente, in cui s’intrecciavano i vivi con i morti, poteva essere una scelta fortunata per i poeti di corte, ma pericolosa per gli “eretici”. Attraverso metafore e simboli ambigui, i poeti tentavano di recuperare la libertà quotidiana perduta. Chi osava spingersi oltre il limite proibito, fissato dalla censura, pagava con la propria vita, “uccidendosi” con la propria poesia.

Il territorio poetico di Mustafaj è un territorio minacciato, abitato da streghe, notti nere, boschi oscuri, lupi mannari, sangue versato… Sono simboli negativi che, come presagi, preavvisano un lugubre destino per il poeta e per la poesia stessa. L’amore come anima del mondo; è la poesia stessa che sopravvive, sfidando qualsiasi oppressione e i recinti di filo spinato. Toccanti sono i versi dedicati alla propria donna e alla madre che, pur essendo assente, è sempre presente accanto al proprio figlio, pronta a proteggerlo, insegnandogli le leggi antiche degli avi malsor (montanari).

È questa la leggenda della nascita del poeta e della sua poesia imponente, dai toni epici ed elegiaci, che assomigliano a una leggenda vivente sorta nel gelido e lungo inverno della dittatura albanese. Proprio la leggenda che sarà protagonista della conferenza di Domenica 9 Dicembre. Dove ogni poeta è invitato a partecipare e ogni orecchio a danzare.

 All’incontro, oltre ai due poeti albanesi, saranno presenti Matteo Chiavarone (Edizioni Ensemble), Ugo Fracassa e Andrea Viviani.

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