La notte appartiene a chi ha il coraggio di prendersela!

di Giuseppe Ruggero Sabella

La notte appartiene a chi ha il coraggio di prendersela!

di Giuseppe Ruggero Sabella

La notte appartiene a chi ha il coraggio di prendersela!

di Giuseppe Ruggero Sabella

Nell’oscurità più tenebrosa, se scorgi bene, puoi rinvenire la luce più grande.”  

William Valentine

 

Gli antichi Nizariti dicevano che, tra il tramonto e l’alba, lo Spirito della Terra si manifesta in tutta la sua più intima essenza; è nella notte, quando la luna tradisce il sole facendo l’amore con tutte le stelle del firmamento, che gli uomini più audaci hanno realmente l’occasione di poter plasmare, con la materia magica dell’inestinguibile fiamma dell’anima umana, i propri sogni. Sogni di potere, di gloria, di avidità, di amore, di ricchezza, di coraggio…

“E’ nella notte, quando il sottile dito del Maestro dei Cieli tinge ogni cosa di quella dolce e calda coltre color corvina, che l’uomo può far muovere le cose con la semplice forza del proprio pensiero…”

– Ed a pensarci bene è vero accidenti! – , ruminò in sé Jack, mentre assaporava quel fiocco di hashish alla cannella e miele donatogli qualche giorno prima dal suo vecchio amico egiziano Valh, adesso in viaggio nel Sud America, perduto, come voleva lui, tra il delirio demoniaco delle bettole di Caracas e l’ebbrezza profumata dei paesaggi dell’Argentina…

– Valh mi disse che la testimonianza dell’ infinito mistero e dell’intellegibile magia della notte è rappresentata dalla mancanza di luce. La luce è troppo scontata, illumina ogni cosa, non ti dà la possibilità di compiere le tue libere scelte senza il gusto dell’avventura, dell’ignoto, dell’inesplorato, dell’imprevedibile. Tutti son buoni per la luce! Ma la notte, quella che ti brucia nel sangue come l’assenzio mescolato alla cocaina, l’oscurità, che al termine del travaglio notturno ti riconsegna al candore dell’alba, quella è di pochi, appartiene solamente ai coraggiosi! –

E gli venne in mente la colorata immagine epica di un guerriero iraniano armato di due lame affilate ed ammirato tempo addietro in un libro sul profeta Zarathustra che, smarritosi nel cuore della notte in una foresta da incubo, sterminava uno dopo l’altro lupi inferociti di un selvatico mucchio nel quale si era imbattuto durante una passeggiata . Ne ricordò i dettagli in maniera impressionante, quasi che l’effetto di quell’ormai quinto bicchiere di vodka purificata fosse assolutamente inavvertito da quella tempra mezza italiana e mezza francese che aveva sempre caratterizzato quel testardo ed orgogliosissimo Jack. Le lame del guerriero di Theheran brillavano nella notte più dell’efferato scintillio color ghiaccio degli occhi di quei lupi affamati, più della stessa falce di luna che, quella notte, regnava sovrana nell’alto, in un manto sereno assolutamente privo di nuvole. – Yussuf,  cosi si chiamava il guerriero! – esclamò Jack schioccando le dita piacevolmente sporche di tabacco – divenne ancor più sanguinario di quelle bestie quando nel suo cuore fece breccia il pensiero di Kora, la sua bellissima fidanzata berbera, che, impressa sui suoi occhi, quasi vi fosse scolpita come un fulmine, sembrava in quel momento che stesse combattendo a fianco dello stesso impavido Yussuf. Il raggio esplosivo della sua amata lo stava rendendo un avversario formidabile, nei movimenti, nei colpi, nella grazia impareggiabile con la quale trafisse l’ultima di quelle creature bramose uscite direttamente dalle fiamme dell’’inferno. Kora era dentro Yussuf, danzava freneticamente, con quelle vesti di seta arancio che le lasciavano scoperte le gambe, dentro i suoi pensieri; ed anche se a distanza di centinaia di chilometri, per via di quell’infausto ratto che era avvenuto qualche giorno prima per una questione d’onore riguardante la famiglia di Kora, nè quei deserti, nè quei mari, né quei boschi che si frapponevano tra i due innamorati, potevano essere d’ostacolo a quell’ardente desiderio di carne e di spirito che muoveva i passi dei due giovani, e che in quel frangente aveva accompagnato le spade di Yussuf con tanta maestria.

La vodka era oramai finita, sicché Jack, scrollandosi lentamente di dosso quell’immagine di dolcezza  evocatagli dal libro che per poco non rischiava di commuovere quel suo curioso ed ancora indefinibile cuore forgiato sulla pietra e sui petali delle rose, si sgranchì le dita come era solito fare nei momenti meno opportuni, e giocherellando col suo anello dei Rinnegati regalatogli da una donna in un tempo oramai dimenticato, decise di andare e prendere una nuova bottiglia di whiskey e di fumare un ultimo fiocco di quella delizia profumata che era di Valh.

La seconda faccia della medaglia rischiava però di palesarsi ora, perché, inutile dirlo, quel dannato libro che Jack adesso quasi malediceva, non aveva lasciato indifferente la sua anima, dentro cui, ormai da più di un ventennio, i demoni del male lottavano furiosamente ad armi pari contro altrettanto decisi angeli del cielo, senza che nessuno dei due schieramenti fosse mai riuscito ad avere la meglio dentro a quel virgulto di fierezza e determinazione che adesso si stava smarrendo nell’alcool.

Jack si stese adesso sulla terra, mentre i delicati pizzichi argentei che quella notte invadevano il cielo rischiaravano gentilmente il vicino ruscello, dove due notti prima aveva assaporato una fanciulla spagnola  con gli occhi nerissimi che non avrebbe mai più rivisto. Era quello il momento, quello l’attimo di audacia in cui avrebbe potuto permettersi di materializzare i propri pensieri, i propri sogni, di essere uno di quei “Signori della Notte”, anche se la cosa inizialmente gli dava un certo fastidio. – Maledetto il tuo orgoglio dannato ragazzo!  – concludeva ogni volta Valh quando Jack finiva col violentarsi privandosi di ciò che avrebbe voluto. Ma questa volta il pensiero era troppo forte, e nessun liquore, né droga, né sugo di femmina di passaggio, impastato sulle sue labbra, avrebbe potuto distoglierlo da quel dipinto femmineo che a poco a poco stava cominciando a riprendere forma nella sua mente.

Era Kirst. Lei. Sempre lei. Ancora lei. Ovviamente lei. Che tra una sentenza della Corte Suprema a Washington ed un invito ad un meeting con i vertici del Governo Italiano a Roma, dove tre anni prima avevano fatto un meraviglioso week end insieme in un quartiere chiamato Monti, in un grazioso attico fiorito, a due passi dal Colosseo, stava per cominciare a divertirsi con i sogni di Jack, quel Jack gelido e spietato che però una volta le aveva fatto dono di un tralcio di rose scarlatte che Kirst gli rimproverava di non averle mai fatto, cosi grande era il suo inspiegabile orgoglio.

La bottiglia di whiskey stava oramai per fare la stessa fine della sua precedente sorella bianca, e, forse per l’hashish, forse per tutti quei fiumi di spirito così pesanti, o, in verità, per quel furente desiderio, che né sole né vento potranno mai prosciugare, Jack sapeva che anche se Kirst era distante anni luce da lui e, probabilmente, a quel tardo orario della notte, chissà con chi a far baldoria in qualche sperduto angolo del mondo, in realtà lo stava sentendo, lo stava percependo, Jack, in quel suo richiamo su cui i due erano soliti scherzare quando stavano assieme. – Il pensiero non conosce ostacoli – disse Jack sottovoce, tirando l’ultimo soffio di quel mozzicone oramai spento. – Il pensiero può violare qualsiasi cosa, superare ogni fottutissimo confine e basta… Mi senti Kirst, vero? Lo sai che in questo momento spero solo che il chico di turno ti stia trattando bene e non ti ammorbi con quelle che magari in realtà sono le sue luride zampacce, vero? – Ed in quel momento Jack fu colto da un sentimento di rabbia accecata che avrebbe volentieri voluto riversare a colpi di coltello a serramanico sulle mani del potenziale energumeno che magari si stava deliziando dell’immenso profumo e della freschezza di Kirst.

– Lascia stare quell’idiota Kirst, questa sera lascia stare tutti. Sai quello che devi fare, no? Esci da quel locale di quart’ordine, prendi la tua moto, corri a casa, e una volta arrivata, chiuditi in camera, spogliati di sopra e stenditi sul letto… Non vedi che ti sto accarezzando Kirst? Lo senti il mio profumo di vaniglia che fa a cazzotti con il profumo del tabacco intriso sulle mie mani che ti piace tanto? Chiudi gli occhi tesoro, afferra i miei capelli come solo tu sai fare, baciami, qui, adesso, in modo che i nostri morsi alcolici possano almeno questa notte e per sempre, in questo mondo che nessuno può invadere, fondersi insieme ai nostri corpi ed alle nostre anime. K, lo sai che quella porta è chiusa a chiave e che nessuno, perché noi non lo vogliamo, può entrare, no? Continua a baciarmi, pennella la mia lingua con la tua e stringimi  fino a che i nostri corpi uniti non si saranno delicatamente sciolti in un verde ed unico veleno che è la vita che ci impazza dentro e che tutti, solo a noi due riconoscono.  Baciami Kirst, ora, mai e per sempre… –

Jack apri gli occhi, si alzò, si sistemò i capelli e i jeans, si asciugò le labbra inspiegabilmente bagnate di rossetto e sorrise. – Sei meravigliosa Kirst, sei la mia macabra e straordinaria regina, tesoro; la notte appartiene a noi che abbiamo il coraggio di prendercela! – disse schiacciando l’occhio al cielo.

di Jack Forrest Sabella

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