L’ arte di essere fragili (A. D’ Avenia,2016)

di Piero Corigliano

L’ arte di essere fragili (A. D’ Avenia,2016)

di Piero Corigliano

L’ arte di essere fragili (A. D’ Avenia,2016)

di Piero Corigliano

La fragilità, questa sconosciuta.

Per i ragazzi di oggi, per una società che troppo spesso lascia ai margini quelli considerati ‘diversi’, gli ultimi, o preferisce rifugiarsi in una rassicurante presa di ‘posizione’ piuttosto che accettare il rischio dell’ integrazione con altre culture ed altre tradizioni, la convivenza con gli altri.

In questo libro vi è una sorta di trattato-commento sul tema dell’ “essere fragili”, accompagnato da alcune citazioni tratte dall’ opera di Giacomo Leopardi, poeta e scrittore Recanatese, vissuto nell’ ‘800 e quindi non lontanissimo dai tempi moderni.

Ma, in fondo, di cosa parla il libro? Prima ancora che di integrazione, il tema portante è come una “debolezza” o un limite possano essere trasformati in forza, in potenza ed atto creativo, andando oltre la propria fragilità, la propria mancanza originaria.

Nel ‘trattato’ che ha un taglio un po’ sentimentale, per via del debito che il Prof. di lettere Alessandro D’ Avenia riconosce di avere nei confronti del suo maestro, l’ autore si muove con un approccio morbido, ma con altrettanti slancio e passione nell’ approfondire la condizione dell’ uomo moderno proiettandola verso sentieri inesplorati, fatti di curve, rettilinei e salite, pause e riprese (anche i momenti di pausa sono valorizzati e danno respiro tramite i versi di Leopardi), snodi vorticosi (e dolorosi) lungo il percorso e vette da raggiungere. Sono sentieri con i quali, probabilmente, ciascun uomo si è trovato a convivere. In modo particolare, gli uomini che con un atto di volontà sono stati disposti a ‘intraprendere’ il rischioso viaggio alla scoperta di sé attraverso la vita.

In questa avventura – che per primo l’ autore ha intrapreso da giovanissimo, leggendo l’ opera di Giacomo Leopardi– qualsiasi uomo può evolvere nel corso del tempo e degli anni, imparando persino dalle “cadute” ad amare di più la vita, fino ad arrivare in cima ad una vetta dalla quale possa esprimere e donare il proprio talento, il meglio di sè stesso. 

Per poi ripartire verso nuovi viaggi, s’intende. 

Nel ‘lessico’ d’ aveniano, del resto, viene attribuita maggiore importanza all’ apprendimento ed alla formazione, piuttosto che al “risultato”. Il modo in cui una persona occupa il proprio tempo e spende i propri giorni è considerato centrale dall’ autore, grazie ad un “rapimento” verso la vita che comporti un coinvolgimento autentico nelle proprie passioni, valorizzando così la propria unicità.

Del rapimento e dei passi ad esso successivi (i quali portano alla definitiva scoperta della propria unicità), l’ autore dà descrizione attraverso i vari stadi (del Libro-percorso) rappresentati precisamente dall’ adolescenza, la maturità, la riparazione (o arte di essere fragili) ed il morire (o arte di rinascere). 

Il passo successivo consiste nella fedeltà ai propri rapimenti (i quali sono i c.d. ‘momenti di folgorazione’); da intendersi quale costanza nel vivere e “creare” il proprio destino, fino a renderlo, giorno dopo giorno, una ‘destinazione’. 

Esso vive di pause e slanci, di rettilinei e risalite, di speranze e sogni da alimentare con fiducia e con costanza, per cercare di non spegnere mai il “sacro fuoco” che arde dentro ciascuno di noi, che c è già, ma tante volte può essere minacciato dagli eventi e dalle circostanze negative della vita.

D’ Avenia in questo contesto sottolinea l’ importanza di attraversare anche le “cadute”, i momenti di  incertezza che possono attraversare l’ animo umano.  

 I ‘DUE’ AUTORI

Giacomo Leopardi e’ il grande esempio di un talento, magari imperfetto, ma davvero brillante dell’ Italia dell’ Ottocento. Nei suoi confronti si sono purtroppo accumulati molti pregiudizi, stereotipi tramandati tra alcune generazioni di studenti, tendenti solo a vederne le negatività. Eppure dalla sua penna sono uscite pagine bellissime e persino commoventi.   Ma dove si trova il talento, e chi sa riconoscerlo? A giudizio dell’ autore, bisogna avere il senso dell’ originalità per riconoscerlo e scovarlo, anche dove non sembra esserci.  

Così, il cielo stellato, il tramonto, o un paesaggio sono spesso vere e proprie d’ arte, perché “le cose non mentono”; sono gli uomini a volte a fingere, e a mentire.

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