JE SUIS “SICK OF THIS SHIT” – TERRORISMO E SOLITUDINE

di Pietro Maria Sabella

JE SUIS “SICK OF THIS SHIT” – TERRORISMO E SOLITUDINE

di Pietro Maria Sabella

JE SUIS “SICK OF THIS SHIT” – TERRORISMO E SOLITUDINE

di Pietro Maria Sabella

Je suis “sick of this shit” – Terrorismo e solitudine

Adesso bisognerebbe riempire di parole e di un lessico profondo e preciso questa pagina bianca. E lo si potrebbe fare in vari modi: mediante un’analisi dei fatti, una valutazione ideologico-politica, religiosa, rabbiosa. Si potrebbero ricordare le migliaia di persone morte dal Bangladesh alla Spagna, dalla Danimarca al Niger, quasi come se fossimo in un nuovo impero Alessandrino dove il sincretismo è dato dai consumi e dalla telefonia e non più dalla filosofia e dalla religione.

Si potrebbe scrivere di tutto oggi: immaginare, guardando i video postati, quanto possa essere stato agghiacciante trovarsi sulla Promenade des Anglais ed avere magari in braccio un bambino o la fidanzata per mano, la mamma o il papà anziani, il fratello che si è allontanato per andare a comprare i pop corn dolci dall’altro lato della strada. Potremmo immaginare poi l’intervento della polizia, l’atto eroico della poliziotta che si arrampica sul camion per fermare il terrorista franco-tunisino; potremmo immaginare il sangue e l’orrore, le urla di gioia sul web dei jidhaisti o l’incazzatura di Hollande e l’eccitazione antisemita di quelle destre populiste che vedono avvicinarsi giorni di referendum e randellate a casaccio sulle teste di neri, musulmani, gay (perché poi amano fare un bel calderone) per raggiungere un coito intellettuale maledetto, nonché di quelle sinistre deboli, belle solo da guardare perché fuori dai giochi veri.

Si potrebbe incitare all’uso delle armi, come qualcuno fa con estrema semplicità e spregiudicatezza su facebook, alla chiusura dei confini o allo smantellamento dei trattati che ci legano a doppia mandata con Paesi quali Arabia Saudita, Yemen, Kuwait – che molto sanno di tutto ciò – o ricominciare a riportare l’infinita tiritera sulla divisione tra sunniti e sciiti, per poi passare ad accusare noi stessi per essere andati a incipriare con il napalm migliaia di persone tra Afghanistan e Libano negli ultimi trent’anni.

Solo che il francese che ieri si è visto trasformare in tritato la moglie o il fidanzato se ne può anche fregare per soli dieci minuti di tutto questo gran caos che, quasi provvidenzialmente creato ad arte, ci lascia proprio così: smantellati, attoniti, soli.

La solitudine speziata di un continente, di una civiltà, che sta iniziando ad abituarsi a vivere una guerra mascherata.

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di Pietro Maria Sabella, all rights reserved

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