Intervista agli A67. Quando la musica è speranza.

di Marica Dazzi

Intervista agli A67. Quando la musica è speranza.

di Marica Dazzi

Intervista agli A67. Quando la musica è speranza.

di Marica Dazzi

“E se ‘a paura fa nuvanta ‘a dignità  fa cientuttanta, ‘a camorra simm nuje ca tenimmo paura ‘e parlà  e ci guardà  dinto pe’ ascà ‘a chesta mentalità …” 

Gli A67 sono un gruppo musicale originario di Napoli e precisamente di Scampia, la periferia nord di Napoli.

La zona è meglio nota come ” a sissantasett”, dalla legge che ne ha permesso l’edificazione. Da questa definizione ha avuto origine il nome della band, e non a caso, perchè Daniele Sanzone, Enzo Cangiano, Gianluca Ciccarelli e Luciano Esposito nelle loro canzoni si preoccupano proprio di denunciare le condizioni in cui versa la città , partendo proprio dal famoso quartiere campano.

Piena di speranza, di rabbia, di potenza e passione ma soprattutto di tanta voglia di cambiamento, la loro musica, fin dagli esordi, con l’album “A camorra song’io” del 2005 accolto con ottime critiche, è stata considerata presto degna di grandi riconoscimenti: gli A67 sono stati vincitori del “Premio Siae per Demo” 2004 e di “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty” 2006, finalisti di “Video Clipped The Radio Stars” 2005 e del “Mantova musica Festival” 2006.

Le loro melodie si sono poi spesso prestate ai progetti più disparati, sempre nella difesa dei diritti e nella lotta contro le mafie: del 2006 è lo spettacolo, fra teatro e concerto: “Alien’azione. Dallo spazio periferico dritti al centro” patrocinato da Amnesty International, dedicato agli emarginati. Nel 2007 le loro canzoni diventano strumento di educazione alla legalità con “Voglie parlà “: il gruppo incontra le nuove generazioni nelle scuole della Campania e di tutta Italia, distribuendo ai giovani le copie dell’omonimo album.

“Suburb” la loro seconda opera, del 2008, classificatasi al terzo posto per la targa “Miglior album in dialetto” al Premio Tenco dello stesso anno, è  ricca di collaborazioni italiane: artisti del calibro di Mauro Pagani, ‘O Zulù , F.Di Bella dei 24Grana, gli scrittori Roberto Saviano e Valeria Parrella, e internazionali come Calixto “il rapper delle favelas” (Brasile), i Dupain (Marsiglia) e Kara Gunes (Istanbul).

Sempre nello stesso anno gli A67 debuttano al Festival diretto da Carlo Lucarelli “Politicamente scorretto” con “Generazione suburbe” uno spettacolo-concerto, creato con Massimo De Cataldo, risultato dalla fusione delle storie raccontate dal gruppo nei propri album e del libro “Teneri assassini” dello scrittore, che prosegue a Roma sul palco del teatro di Tor Bella Monaca diretto da Michele Placido e, tornato a Scampia, si è unito al progetto teatrale “Punta Corsara”.

Nel 2009 stringono una collaborazione con Libera e la loro cover della canzone di Giorgio Gaber “Io non mi sento italiano” a sostengo dell’azione dell’associazione nei beni confiscati alla criminalità , è¨ apertura del tour “Libero cinema in libera terra”.

Nel 2010 con “Scampia Trip” raccontano tramite un lavoro che è  cd, libro e film, la Scampia di chi ci è nato e ha deciso di restare, resistendo. La prefazione è di Sandro Ruotolo, il documentario di Luigi Pingitore.

Nel 2011 sono invitati al “Festival Musicando” della Libera Università  di Alcatraz dove improvvisano sul palco con il premio nobel Dario Fo.

Con Edoardo Bennato, che torna nelle vesti di “Joe Sarnataro”, realizzano il brano “Accussi va ‘o munnu” colonna sonora del film “L’era legale” di Enrico Caria, che è anche primo singolo dell’ultimo album della band, coordinato all’omonimo libro: “Naples Power”, un disco che rivisita il movimento culturale e musicale soprannominato “Neapolitan Power”. Il lavoro degli A67 anche questa volta si avvale di maestose collaborazioni: da James Senese (voce e sax tenore-Napoli Centrale) a Teresa De Sio, mentre il libro è affidato alla stesura di soli scrittori napoletani.

The Freak ha avuto il piacere di intervistarli:

Il vostro gruppo musicale è nato dall’esigenza forte di denunciare le condizioni in cui versa la periferia napoletana e non solo, ma esattamente come si sono formati gli A67? Come vi siete conosciuti e come scrivete i vostri pezzi?

Un po’ come accade con tutti i gruppi: ci siamo conosciuti a scuola e poi c’è chi porta qualcuno e chi nel frattempo se ne va. Ma, ad accomunare gli A67, è stato sicuramente l’humus della periferia più tristemente conosciuta d’Italia. Le canzoni possono trarre ispirazione da qualsiasi cosa, spesso nasce prima il testo e poi la musica ma non c’è una regola.

Le vostre sono canzoni che rivendicano luce su quelle verità scomode che nessuno vuole ascoltare. C’è un messaggio di speranza che volete far passare? Cosa vi proponete nel momento in cui vi sedete a stendere i vostri testi? Quali emozioni volete suscitare in chi vi ascolta?

Già  il fatto che facciamo musica di per sè  è un segno di speranza. Abbiamo sempre cercato di raccontare la realtà  che ci circonda, a 360°, cercando sempre nuovi punti di vista in modo da allontanarci dai luoghi comuni. Con le nostre canzoni speriamo di far riflettere chi ci ascolta su temi che riteniamo fondamentali, di farli incazzare, piangere e sorridere come accade a noi.

Può essere fatto molto per combattere la camorra, la vostra carriera ne è anche prova, indubbiamente però serve molto coraggio e molta passione per farlo, voi dove trovate la forza di ribellarvi? Ci sono stati dei momenti in cui avete tentennato?

Da subito abbiamo avvertito il problema come una priorità . Se non parlassimo nei concerti, nelle interviste, nelle canzoni, nel blog, non riusciremmo a guardarci la mattina allo specchio. Oggi sentiamo che il problema camorra ha monopolizzato l’intera nostra produzione, spesso, ingabbiandoci e soffocandoci in nuovi stereotipi; è¨ per questo che stiamo sperimentando nuove strade e nuovi approcci, per non apparire prevedibili e soprattutto per trovare nuovi stimoli.

Qual è stato invece un momento particolarmente felice nel vostro percorso? Un episodio che vi ha fatto sentire che con la forza della musica e della cultura si possono cambiare le cose?

Ma sicuramente la musica ha cambiato noi stessi e questo è  già  un grandissimo risultato. Ci ha dato la possibilità di girare l’Italia in lungo e in largo, arrivando persino in Brasile, Germania, Grecia e presto in Belgio. Sono tanti i feedback che abbiamo ricevuto in questi anni. Al di là  dei fan che ci seguono e ringraziano per le emozioni e l’impegno trasmessi attraverso la nostra musica, non ci saremmo mai sognati, qualche anno fa, di salire sul palco col premio nobel Dario Fo o ancora di suonare con i maggiori artisti italiani. Nel cuore portiamo sicuramente il giorno in cui andammo a suonare e a parlare di camorra in un istituto di Casal di Principe. Gli studenti non dissero una sola parola durante la lezione/concerto, ma mentre stavamo andando via con timidezza un gruppo di loro, a bassa voce, ci disse: “avete ragione”. Si scusarono per non aver avuto il coraggio di parlare. Quel gesto non lo dimenticheremo più.

Mauro Pagani, ‘O Zulù/99 Posse, Roberto Saviano e Valeria Parrella… c’è fra i grandi nomi con cui avete collaborato qualcuno con cui vi siete trovati particolarmente in sintonia? Qualcuno che più degli altri è riuscito ad emozionarvi nel progetto che avete condotto assieme?

Spesso a legarci a questi nomi non è solo la collaborazione estemporanea ma una profonda stima ed amicizia, di conseguenza tutti, anche, se in modi diversi ci hanno emozionato sia prima che dopo la collaborazione. Le collaborazioni ci arricchiscono, e ci danno la possibilità di condividere, attraverso l’arte, visioni del mondo.

A quale delle vostre canzoni siete più legati?

Sarà  banale ma è vero: le canzoni sono come figli si amano tutti in egual modo…

Quali consigli dareste ai giovani per aiutarli e emanciparsi da quel ghetto mentale dove spesso è facile finire confinati quando si vive così a stretto contatto con la criminalità  organizzata? Qual è  il modo per salvarsi dalla spirale psicologica che attanaglia le generazioni nate e cresciute in quartieri difficili? 

L’unico consiglio sensato è quello di sfondare, attraverso la lettura e il viaggiare, i confini mentali in cui siamo relegati. Alla base ci deve essere la volontà  di conoscere tutto ciò che è nuovo, che non deve spaventare ma incuriosire. E purtroppo la società non aiuta anzi fa di tutto per mantenere questo stato di cose incutendo paura e lasciando abbandonati a se stessi luoghi e persone.

A quali progetti state lavorando? Cos’avete in cantiere? 

Ci sono tanti progetti in cantiere, tra cui uno spettacolo teatrale, un nuovo disco ma soprattutto il nuovo tour di Naples Power che il 13 Marzo sarà  al Teatro Valle Occupato con lo Special Guest di Raiz. Tutti gli aggiornamenti sarà  possibili seguirli sia sul sito ufficiale “www.a67.it” che sulla pagina Facebook.

A proposito: “Naples Power” , il vostro ultimo lavoro, è un album dedicato alla rivisitazione degli autori che hanno reso famoso il Neapolitan Power, ed è anche un libro la cui stesura è stata affidata alle più grandi firme napoletane contemporanee. Parlateci di questo grande progetto, com’è stato realizzarlo? 

Naples Power nasce dall’esigenza di dare una forte risposta culturale dal basso. L’idea che ci girava nella testa da anni ma non eravamo ancora pronti. Ci entusiasmava il fatto di omaggiare il Neapolitan Power con gli stessi artisti di quel movimento musicale e culturale che dalla fine degli anni ’60 si è distinto per rottura musicale e testuale fondendo la tradizione napoletana con il sound angloamericano. Movimento che ha influenzato e continua ad influenzare la scena musicale italiana. Realizzarlo non è stato semplice visto che abbiamo coinvolto 50 ospiti tra artisti e scrittori, ma alla fine la caparbietà e la testa dura ci ha dato ragione. Naples Power in un momento di crisi epocale rappresenta un modo per ridare forma, con la forza delle nostre radici, a un futuro sempre meno luminoso.

 

Auguriamo loro tanta fortuna per il prossimo tour e invitiamo voi lettori a seguire questo grande gruppo musicale le cui canzoni sono esempio di coraggio e amore per quei luoghi che tutti noi italiani dovremmo difendere combattendo, giorno per giorno, contro la criminalità  organizzata.

 

Potete sempre seguirli su: www.a67.it

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