Intervista a Tananai e ai suoi “piccoli boati”

di Ilaria Rampino

Intervista a Tananai e ai suoi “piccoli boati”

di Ilaria Rampino
Intervista a Tananai e ai suoi "piccoli boati"

Intervista a Tananai e ai suoi “piccoli boati”

di Ilaria Rampino

Ironico e malinconico, irriverente e introspettivo. Alberto Cotta, classe ’95, in arte Tananai è un giovane e talentuoso cantautore milanese, dai più ritenuto come “la nuova scommessa dello scenario musicale milanese”. Muove i primi passi nel mondo della musica con “Bear Grylls”, “Ichnusa” e “Calcutta”, pezzi che sono stati subito inseriti nelle playlist più ricercate di Spotify. “Giugno”, uscito in seguito, è stato un piccolo assaggio del suo primo EP “Piccoli boati”, rilasciato lo scorso 21 febbraio.

“Piccoli boati come tutto quello che mi è successo negli ultimi anni nasce di notte e deriva da un’incomprensione, una curiosità. Era tardi, avevo appena inviato un nuovo pezzo a Giorgia, la mia manager, che mi ha risposto mezza addormentata dicendo che le piacevano quei “piccoli boati” al vocoder usato nella canzone. Piccoli boati significa tante cose: è un ossimoro, una sinestesia, il risultato di notti insonni e sacrifici. Queste canzoni descrivono il mio quotidiano, sono leggere, ma allo stesso tempo profonde: la vita di tutti i giorni è la cosa più importante che abbiamo e determina la persona che sono diventato”

Così Tananai descrive il suo ultimo lavoro. “Piccoli boati” non è altro che un viaggio dentro sé stessi, in cui “la piccola peste” descrive passo dopo passo i vari stati d’animo che lo hanno attraversato in una relazione: dalla felicità dell’innamoramento al dolore della separazione, alla rassegnazione di aver chiuso una relazione, fino alla paura, ma allo stesso tempo la voglia di rinnamorarsi. E sono proprio queste le tappe che descrive nei sei brani che compongono l’EP, oltre “Giugno” sono “Seno Sinistro”, “10k scale” “Paglie” “Bidet (e altre scuse per mancarsi)” e “Saturnalia”.

Ho fatto quattro chiacchere con Tananai per conoscerlo meglio, per capire meglio la sua musica, ma soprattutto gli aspetti più intimi e introspettivi di “Piccoli boati”.

Tananai – Calcutta

Tananai: gran confusione, frastuono, schiamazzo”. Questa è la definizione riportata sul dizionario. Perché hai scelto questo nome?

Perché è il nomignolo che mi aveva dato mio nonno quando ero piccolo. Vuol dire praticamente “casinista” e lo ero (lo sono ancora) di sicuro.

Di che genere definiresti la tua musica?

Non ti so rispondere, pensi sia davvero importante?

Ti ispiri a qualche cantante della scena italiana o internazionale?

Decisamente no. O meglio, ti spiego: sono come chiunque sicuramente influenzato dai miei ascolti e da artisti che ammiro, ma in maniera inconsapevole, quasi subconscia. Non mi capita mai di produrre o scrivere un pezzo cercando di assomigliare a qualcun altro.

Perché il titolo “Piccoli boati”? E quali sono “i piccoli boati” che ti hanno ispirato per scrivere questo nuovo ep?

I piccoli boati sono semplicemente quei piccoli gesti e storie della quotidianità, che segnano in maniera profonda la persona che sei, più che qualsiasi altra grande esperienza a mio avviso.

C’è stato un brano in particolare che ha dato il via al progetto oppure è nato dalla scelta di pezzi che avevi già scritto?

É nato tutto per gioco, quando ho scritto “Bear Grylls” per cazzeggiare nel mio vecchio studio. Mi ricordo di averla fatta sentire agli altri ragazzi dello studio, e il giorno dopo erano entrati canticchiandola sebbene l’avessero sentita solo una volta (ride, ndr). Urlavano per tutto lo studio “preferivamo scopareeee”.

Tutti i brani sono autoreferenziali e spesso ti citi in terza persona con il tuo vero nome “Alberto”. La scrittura così personale è più una valvola di sfogo per te stesso o per mandare un messaggio a chi ti ascolta?

Sinceramente non me lo sono mai chiesto, penso che sia un modo come un altro di pensare a quello che mi accade intorno e darmi dei consigli, mi parlo molto spesso anche nella vita di tutti i giorni.

“Ho notato che nei singoli precedenti – Calcutta, Ichnusa, Bear Grylls – avevi già affrontato tematiche simili a quelle che caratterizzano Piccoli Boati, ma lo hai fatto usando un approccio più ironico e leggero rispetto a quello del nuovo album, caratterizzato invece da malinconia ed introspezione”

Si, ho scoperto che si può parlare delle stesse cose in modi diversi.

Seno sinistro“Voglio quello che proteggi sotto il seno sinistro”: una canzone d’amore semplice, ma ragionata. L’amore è il filo conduttore del tuo EP e lo descrivi in tutte le sue sfaccettature. È un caso che il brano d’apertura parli dell’innamoramento, che è la prima fase per arrivare all’amore?

Decisamente no, è un disco che segue in ordine cronologico le varie fasi di una relazione, e “seno sinistro” rappresentava il modo di affrontare l’innamoramento dell’Alberto di qualche anno fa.

10k scale“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale” scrivi omaggiando Eugenio Montale, riprendendolo anche nel titolo. C’è una trasformazione emotiva rispetto a “Seno sinistro”: dall’amore passi alla disillusione, alla rabbia.

É stata la prima reazione che mi ha suscitato la rottura.

Tananai – 10K scale

Giugno è stato il brano che ha anticipato l’uscita dell’EP. Si sente tutto il dolore, in tutte le sue sfaccettature. È stata terapeutica la scrittura di questo brano?

Decisamente si, l’ho scritto tutta di getto, senza pensare, il giorno stesso che sono stato lasciato. Dopo sono stato decisamente meglio.

Hai fumato più “Paglie” come dici nella canzone per dimenticare la relazione finita o per scrivere la canzone?

Ne fumo sempre troppe in qualsiasi caso, purtroppo (ride, ndr).

Bidet (e altre scuse per mancarsi) – “Grazie per mancarmi come mi manca il bidet quando vado all’estero”. Il riferimento è buffo, ma il senso tutt’altro: senti la mancanza di una persona, come di un qualcosa che manca nella tua quotidianità.

Ecco, in questo caso il bidet è un “piccolo boato”.

In Saturnalia parli della difficoltà di rialzarsi dopo la fine di una relazione e la paura di rinnamorarsi, è malinconia mista a speranza. A cosa si deve il titolo e quanto ti è costato emotivamente metterlo su carta?

In realtà è un brano specchio a “seno sinistro”. L’ho scritto la notte in cui mi sono reso conto di essermi innamorato di nuovo, semplicemente a differenza dell’altra canzone ho affrontato questa fase in maniera più consapevole e meno disincantata, dopo l’attraversamento di una rottura. Non per questo rinunciando a farmi trascinare dai sentimenti.

di Ilaria Rampino, all rights reserved

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