INTERVISTA A MAURO SGARBI, AUTORE DI “LEE SERGIC: LA GENESI CONTESA”

di Maddalena Crovella

INTERVISTA A MAURO SGARBI, AUTORE DI “LEE SERGIC: LA GENESI CONTESA”

di Maddalena Crovella

INTERVISTA A MAURO SGARBI, AUTORE DI “LEE SERGIC: LA GENESI CONTESA”

di Maddalena Crovella

Arriva nelle librerie “Lee Sergic e la genesi contesa”, che porta con sé una novità assoluta nel panorama delle graphic novel. Il noto street artist italiano, Mauro Sgarbi, si cimenta, infatti, con il fumetto, non semplicemente creando riferimenti al mondo dei comics su parete, bensì dando vita a un vero e proprio personaggio su carta.

Il protagonista del racconto per immagini, ambientato negli ultimi anni del Novecento, è Lee, un ragazzo sulla ventina, dai tratti apollinei, che intraprende un viaggio sospeso ai limiti della realtà: ci appare perso in un limbo, sul confine di una dimensione che presto lo catapulterà in un’altra, in balìa di situazioni frastagliate e capricci divini.

Giovedì diciannove gennaio, presso Il Margutta, abbiamo avuto il piacere di intervistare Mauro Sgarbi, che ci ha raccontato la genesi della sua “Genesi contesa”, nuova ed emozionante avventura nel mondo del fumetto. Vignetta 13

Per la prima volta in Italia uno street artist sceglie di dedicarsi al fumetto, qual è stata la spinta creativa che ti ha indirizzato a cambiare mezzo d’espressione?

 

Fin da piccolo desideravo fare l’artista, sono nato all’estero dove ho frequentato diverse scuole ma tra le varie vicissitudini familiari non ho potuto studiare al liceo artistico o all’Accademia, perciò quando ne ho avuto la possibilità, erano i primi anni Novanta, mi sono iscritto alla Scuola Romana del Fumetto, lì ho studiato e imparato le tecniche di costruzione di questo mezzo d’espressione. L’anno decisivo, però, è stato il 2013, in cui ho vissuto storie particolari che ho voluto raccontare su carta in Lee Sergic: la genesi contesa.

Quali sono state le principali differenze e quali le analogie che hai riscontrato nel passaggio da un tipo di narrazione all’altra?

 

Quando realizzo un’opera di street art tendo sempre a raccontare qualcosa, sono un surrealista e mi piace narrare per livelli, creare una serie di messaggi che ne nascondono altri ma il graffito e il fumetto sono due tipi di arte totalmente differenti. Nella realizzazione di un’opera unica, come un quadro, il messaggio è condensato, sta tutto lì. Il fumetto invece, è diverso perché oltre al disegno stesso, richiede una sceneggiatura e la messa in atto di un’accurata tecnica di narrazione. Nel mio caso, la base comune è l’aspetto surreale e la stratificazione di significati: in Lee Sergic e la genesi contesa ho ideato una narrazione circolare che si articola in due filoni, uno onirico e l’altro reale, continuamente intrecciati tra loro.

Non è un caso che il protagonista della tua graphic novel abbia il nome Lee Sergic…

 

Si tratta di un gioco di parole, il nome del protagonista Lee Sergic rimanda all’acido lisergico, una sostanza che può essere sintetizzata per produrre un potente allucinogeno, l’LSD. Il racconto, infatti è un vero e proprio viaggio visionario che si sovrappone al viaggio reale del protagonista.

Nella storia che racconti, Lee Sergic, come un moderno Ulisse, è generato da divinità differenti che guidano il suo destino, anch’egli affronta un viaggio ed è coinvolto in situazioni che lo mettono a dura prova. Potremmo dunque, considerarlo un eroe contemporaneo?

 

Lee Sergic è generato, a tavolino, da divinità di credo differente, come nei poemi epici è in balia delle loro decisioni ma non penso che possa essere definito un eroe. Nel mio caso, il protagonista è inconsapevole, non sa di far parte di un gioco divino e di essere oggetto del contendersi di queste divinità, per questo motivo è più una “cavia cronodimensionale” che attraversa una serie di livelli spazio-temporali. front_cover-leesergic_bassa

Il viaggio è ambientato alla fine del Novecento, come mai hai scelto quegli anni e non la contemporaneità?

 

La parte di storia reale del fumetto è autobiografica, attingo alla mia storia personale, e nasce da un periodo in cui ho vissuto molti episodi negativi. Un giorno un amico pittore mi ha detto: “Senti, creati un alter ego così che le divinità possano prendersela con lui e non con te”. Quella chiacchierata mi ha dato lo spunto per il personaggio e ho deciso di creare un  blog dove postare alcune mini storie, è lì che mi ha notato Il Galeone, la casa editrice con cui ho sviluppato e pubblicato il resto della graphic novel. Perciò l’ambientazione deriva senza dubbio dal fatto che parto da me stesso e dagli avvenimenti di quegli anni.

Parliamo delle tue fonti d’ispirazione. Nei tuoi disegni c’è molto di Andrea Pazienza. A quale dei suoi personaggi si avvicina di più Lee Sergic?

 

Andrea Pazienza è uno dei miei autori italiani preferiti. All’interno della mia storia, infatti, compare anche un suo personaggio, che è Massimo Zanardi, a cui attribuisco una funzione un po’ particolare. Lee Sergic, però, non assomiglia affatto a Zanardi e neanche ad altri personaggi di Paz, forse è più simile allo stesso Andrea Pazienza. Lee è un po’ sprovveduto e affronta il mondo con innocenza ma nel corso della storia fa emergere uno spirito che potremmo definire più oscuro e misterioso, che fa parte del suo stesso modo di essere duale, diviso tra reale e onirico. 15578106_10154837169348799_6898144720272792464_o

A proposito della dimensione onirica, mi viene in mente la massima filosofica di Herbert Marcuse: “Immaginazione al potere” secondo cui la Ragione, che non è più in grado di interpretare la realtà, deve essere sostituita dall’Immaginazione: unico strumento in grado di attuare il cambiamento. Il tuo fumetto è molto visionario, ci sono creature fantastiche e situazioni surreali. Credi che sia possibile cambiare ciò che ci circonda attraverso la fantasia?

 

Ci credo fortemente, per me l’immaginazione e la fantasia sono tutto, come artista se non ce le avessi sarei morto. Sono affascinato da tutto ciò che è astrazione. Gli iperrealisti ad esempio non  mi piacciono. Soprattutto in quest’epoca, con la fotografia, la realtà si può riprodurre in maniera fedele con strumenti e tecniche semplici mentre in passato era una vera capacità, tanto che i pittori venivano valutati in base alla loro bravura nel ritrarre. Oggi non c’è più bisogno di questo iperrealismo, l’arte, per come la concepisco io, è una continua ricerca sociale e culturale che non può fermarsi al visibile.  Come l’Enterprise di Star Trek, l’arte ha il compito di scoprire nuovi mondi e il vero motore di questa missione è l’immaginazione. Per questo motivo sono surrealista, nella dimensione onirica trovo quella fantasia e quell’astrazione che possono spingere oltre, nel metafisico: ed è lì che bisogna ricercare il nostro futuro.

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