Intervista a Galeffi, tra “Scudetto” e l’uscita del nuovo album

di Giulia Covelli

Intervista a Galeffi, tra “Scudetto” e l’uscita del nuovo album

di Giulia Covelli
Intervista a Galeffi

Intervista a Galeffi, tra “Scudetto” e l’uscita del nuovo album

di Giulia Covelli

Marco Cantagalli, in arte Galeffi, è un giovane cantautore romano, classe 1991. Il suo album d’esordio, Scudetto, uscito nel 2017 per Maciste Dischi, ha destato immediatamente un grande interesse da parte di pubblico e critica, collezionando oltre 25 milioni di ascolti streaming e portando l’artista a fare in meno di un anno un tour di 70 concerti nei principali club e festival italiani, molti dei quali andati sold out, passando per il concertone del Primo Maggio di Roma e dal Mi Ami Festival di Milano.

Galeffi è un ragazzo che ha talento e sa farsi ascoltare, non c’è dubbio. Il suo modo di scrivere è diretto e ricercato allo stesso tempo, lontano da chi con i testi delle sue canzoni fa soltanto cronaca. È un artista poliedrico, ed il sound dei tre singoli che anticipano l’uscita del suo secondo album, in uscita in primavera, ne sono un chiaro manifesto. Ho avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con lui e quest’intervista è una piccola chicca per chi, come me, aspetta con grande curiosità l’uscita del nuovo album.

Dopo più di due anni dall’uscita dell’album d’esordio “Scudetto”, in primavera uscirà il tuo secondo album, anticipato dall’uscita di ben tre singoli. Cosa ti aspettavi da “Scudetto”? Puoi ritenerti soddisfatto per il successo che ha avuto o ti aspettavi qualcosa in più?

Credo che le cose che arrivano sono sempre quelle che dovevano arrivare. Se è andata così vuol dire che doveva essere così! Io sono un fan del “mettercela tutta”, sono un vero perfezionista, quindi da una parte non sono mai contento, dall’altra, a mente fredda, posso dire di ritenermi molto fortunato: sono un ragazzo di 28 anni che per lavoro fa il musicista. Si può sempre volere di più, ma bisogna anche essere contenti e apprezzare ciò che si ha in un preciso momento.

I brani che anticipano il tuo secondo album in uscita, “Cercasi amore”, “America” e “Dove non batte il sole” hanno delle sonorità molto diverse l’uno dall’altro. Nell’album ci sarà poi un file rouge tra i vari brani e se sì, quale?

Speravo proprio che arrivasse questa domanda, sia dagli addetti ai lavori che dai fan! Non è stato un caso scegliere di fare uscire queste canzoni… è stata un po’ una provocazione, un rischio. Diciamo che ho voluto dare un po’ uno schiaffo con “Cercasi amore”, una carezza con “America” e un tocco da Galeffi un po’ scudettato con “Dove non batte il sole”.

Come nascono i tuoi brani? Scrivi prima la musica o prima i testi?

Diciamo che non seguo una regola. Tendenzialmente inizio con la musica: parto dal piano, suono e registro tutto con il telefono. Inizio a cantare cose a caso su quello che suono, a volte con un finto inglese, altre volte con parole a caso in italiano che mi girano in testa, però capita anche che quando ho delle idee, dei pensieri, quando vedo qualcosa che mi intriga appunto tutto sulle note del telefono e quando poi devo scrivere un testo riprendo tutto da quegli appunti.

Chi è la prima persona a cui fai sentire le tue canzoni “appena nate”?

Mio fratello. Mio fratello perché è una delle persone più vicine alla mia vita (per ovvi motivi), conosce come scrivo e sa tutto di me, e poi perché è un bravissimo musicista, conosce bene la musica quindi lui è l’arbitro più duro! Se supero la sua dogana allora il pezzo continua a viaggiare (ride, ndr).

Qual è la canzone a cui sei più affezionato?

La prossima. Ogni canzone però è come se fosse un figlio… il fatto che escano i vari singoli è un po’ come vestire ogni figlio in maniera diversa, per questo c’è stata anche la scelta di anticipare l’album con pezzi molto diversi l’uno dall’altro.

Nel prossimo album ci sarà qualche collaborazione? Sempre che tu ce lo possa dire…

Ma sì che ve lo dico! No, al momento non ci sarà nessuna collaborazione. A me poi non piacciono le collaborazioni “politiche”, mi piacciono quelle naturali, spontanee… quando fai quelle robe che si vede che sono frutto di accordi a tavolino poi tendenzialmente escono fuori cose brutte. Se capiterà di scrivere qualche canzone con qualcuno in maniera spontanea, e mi auguro al più presto, allora la farò uscire!

Marco, in questi ultimi anni nel panorama musicale italiano si parla molto di sonorità “indie”, genere nel quale sei stato ricompreso. Cosa significa per te “indie”? E soprattutto, ti rispecchi in questo genere o la tua musica è qualcosa di diverso che non abbiamo ancora visto?

Sicuramente sono qualcos’altro che ancora dovrò mostrarvi e non solo il Galeffi di “Scudetto”. Dico questo non perché “Scudetto” sia un brutto album, ma perché altrimenti se fossi sempre uguale, “du palle”! Tornando alla domanda principale, l’“indie” è più un qualcosa da playlist secondo me, una definizione che potrebbe servire a indicare una cosa che è successa in un certo periodo storico nel mercato discografico italiano… un po’ come dire che nella storia dei partiti ci sono sempre stati destra e sinistra e poi ad un certo punto sono arrivati i Cinque stelle. Con questo non voglio assimilare l’“indie” ai Cinque stelle, sia chiaro, solo far capire che secondo me è semplicemente un’altra proposta musicale che c’è stata ad un certo punto, e che si è distinta da quello che c’era stato fino a quel momento. Per quanto mi riguarda io cerco soltanto di fare le mie canzoni nel migliore dei modi possibili, poi non so in che categoria musicale possano farsi rientrare!

Qualche anno fa hai partecipato a “The Voice of Italy”. Credi che i talent siano ancora un buon trampolino di lancio per chi voglia farsi notare o no?

Io penso semplicemente che se sei bravo la via del talent è soltanto una scorciatoia per arrivare prima. Resti sulla scena soltanto se sei bravo. Guarda ai fatti: quante persone sono rimaste sulla scena musicale di tutte quelle passate dai talent? Poche, e sono quelle brave. Sono quelle persone che a prescindere dal talent sarebbero rimaste comunque, ma magari ci avrebbero messo il doppio del tempo.

Se non avessi fatto il cantautore, cosa avresti voluto fare nella vita?

Probabilmente avrei fatto il giornalista! Prima che uscisse “Scudetto” lavoravo nella redazione di una rivista sportiva. Il calcio è una mia grande passione, sono romanista, è evidente: ho un tatuaggio dedicato alla Roma e dopo aver chiamato l’album “Scudetto” ho anche intitolato una traccia “Tottigol”!

Ringraziando Marco per la disponibilità che ci ha riservato, non possiamo fare altro che augurargli un grosso in bocca al lupo per l’uscita del prossimo album, che non vediamo l’ora di ascoltare!

di Giulia Covelli, all rights reserved

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati