Il Ramadan al tempo del Coronavirus

di Redazione The Freak

Il Ramadan al tempo del Coronavirus

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Il Ramadan al tempo del Coronavirus

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E’ ufficialmente iniziato venerdì 24 aprile per la stragrande maggioranza dei paesi musulmani, attraverso l’osservazione della luna crescente (hilal) da parte di un mufti, il mese sacro del Ramadan, un mese di preghiera, penitenza e forte spiritualità; uno dei cinque pilastri dell’Islam insieme alla professione di fede (shahada), preghiera (salat), pellegrinaggio nei luoghi sacri (hadj) ed elemosina (zakat), cui ogni buon musulmano non può astenersi.

Ma quest’anno, che sia in patria o che sia all’estero, il Ramadan non avrà lo stesso “sapore”.

Lo si è potuto constatare già nei giorni che precedevano l’inizio del Ramadan, senza quella frenesia di acquistare cibo nei mercati e nei negozi etnici che caratterizzavano gli anni scorsi. Mercati o negozi spesso chiusi per via del lockdown, attivo nei Paesi toccati dall’epidemia del Coronavirus.

Se infatti, gli anni scorsi, intervistando la gente, molti si lamentavano per l’aumento dei prezzi di carne, frutta e verdura oppure esprimevano i loro auspici per un Ramadan di gioia e serenità in ogni casa, oggi, al contrario, sulla bocca di tutti c’era la questione su come vivere appieno questo mese sacro in piena pandemia. Se da un lato, infatti imam, saggi ed esperti in materia non hanno avuto nulla da eccepire sul fatto che digiuno che vada fatto dall’alba al tramonto in quanto l’epidemia da Covid-19 non esenta il musulmano dal digiunare con le dovute precauzioni ed accortezze a meno che non sia affetto da Covid 19 o da altre patologie (ma questo l’Islam già lo prevedeva), è altrettanto vero che è l’atmosfera, il raccoglimento, la condivisione a risentirne maggiormente.

Questo perché in Europa così come in molti Paesi musulmani, dal Medio Oriente all’Africa, all’Asia, le moschee rimarranno chiuse e le preghiere e le prediche, come già è stato per la Pasqua o Pesach ebraica, si faranno in streaming o in diretta facebook. Se già molti religiosi utilizzavano i social come mezzi per raggiungere il maggior numero di fedeli, adesso, anche i più restii alle nuove tecnologie dovranno adattarsi. Ci saranno anche momenti, oltre alla preghiera e ai sermoni, in cui i fedeli porranno delle domande di vita quotidiana ai saggi musulmani per conoscere il miglior modo dal punto di vista islamico di affrontare determinate situazioni. Certo, le tecnologie, lo streaming, i social, sono solo un modo per sopperire alla mancanza di un vero e proprio imam che arringa la folla.

Dimentichiamoci quindi quelle moschee gremite di fedeli adagiati l’uno accanto all’altro; dimentichiamoci quelle lunghe tavolate che i fedeli organizzavano alla rottura del digiuno (iftar) in cui vi partecipavano musulmani ed anche tantissime persone di altre religioni oltre che i poveri, i soli, che non avevano la possibilità ed i mezzi di preparare una cena; dimentichiamoci anche quelle caratteristiche preghiere notturne, le cosiddette tarawih che si eseguono in gruppo dentro le moschee, come momento di intenso raccoglimento spirituale che dovranno essere, almeno quest’anno, eseguite a casa. 

Anche i festeggiamenti per l’Eid al-Fitr che segna la fine del mese sacro di Ramadan che quest’anno dovrebbe cadere il 23 o il 24 maggio sono in forse o già annullate.

Non si tratta di una semplice rinuncia ma è un po’ come privarsi di una parte fondamentale della propria religione che è la condivisione. E’ vero che nell’Islam è consentito pregare a casa individualmente, ma condividere lo spazio di preghiera, condividere il cibo dopo una giornata di sacrificio, celebrare insieme la gioia di una festa, è una parte altrettanto importante. E l’utilizzo degli smartphone, dei tablet, per videochiamare amici e parenti, dove postare le foto delle luculliane cene ramadanesche o ascoltare le dirette facebook dei più eminenti teologici e saggi musulmani, sono soltanto dei palliativi.

Quello di quest’anno, il Ramadan 1441 dell’era islamica, in piena pandemia, sarà un Ramadan diverso, più sommesso, ognuno al chiuso delle proprie case, probabilmente senza neanche la possibilità di stare insieme ad altri parenti che magari risiedono in altre regioni per via delle restrizioni dovute al confinamento, ma sicuramente, sarà un Ramadan più intenso,  vissuto più spiritualmente, dove ogni musulmano compirà il suo jihad che non è, come erroneamente viene tradotto in molte lingue, una “guerra  santa”, bensì uno sforzo, un sacrificio, una purificazione nella strada che porta ad Allah.

di Emanuela Frate, all rights reserved

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