Il meglio di Novembre: Marracash in “Persona”

di Ilaria Rampino

Il meglio di Novembre: Marracash in “Persona”

di Ilaria Rampino
Il meglio di Novembre: Marracash in "Persona"

Il meglio di Novembre: Marracash in “Persona”

di Ilaria Rampino

Dopo tre anni di lungo silenzio, Fabio Bartolo Rizzo, in arte Marracash, torna sul panorama musicale con il suo sesto album in studio, Persona.

 “È un disco diverso rispetto agli altri dischi che ho prodotto in passato” ha dichiarato il rapper made in Barona, “doveva chiamarsi “Avatar”, perché volevo costruirmi una rappresentazione di me stesso sotto forma musicale. Poi però ho preferito come titolo “Persona”, che contiene al suo interno le due maschere. Il disco è figlio del superamento di un momento duro, cupo e disperato. Un samurai che aveva perso il suo fuoco. Poi le canzoni sono uscite come sangue da una ferita in soli tre mesi, è stata una catarsi. Fabio, per rinascere, ha dovuto uccidere Marracash”.

Per la prima volta la persona uccide il personaggio. La realtà vince sull’apparenza mediatica costruita e idolatrata dai fans. E’ proprio questo il concept attorno a cui ruota l’intero album: Marracash vs Fabio. L’obiettivo è la rappresentazione del suo dualismo, che lega la persona al personaggio. Un incontro/scontro che si articola in 15 brani monumentali, in cui il king del rap fa un viaggio intimo e personale dentro sé stesso, attraversandosi in tutte le parti del corpo (e non solo). Ogni brano, infatti, indica una parte di sé: scheletro, nervi, denti, fegato a cui si aggiungono anima ed ego, che sono le uniche due parti non materiali, le quali indicano rispettivamente la donna e l’uomo.

“Persona” era la casella mancante nella discografia di Marracash: se con gli album precedenti – ed in particolare Status e King del rap – si è affermato nella scena nazionale come miglior rapper italiano, con quest’ultimo album ha dimostrato come il suo successo sia stato possibile solo grazie a Fabio, al suo vissuto, perché l’artista in fondo non fa altro che mettere in rima ciò che la persona vive, dai brani autoreferenziali che lo hanno reso noto, a quelli più  riflessivi del suo ultimo lavoro, grazie al quale ha capito che la sua conquista più grande non è la fama, ma vivere bene con sé stesso.

All’interno dell’album ci sono numerose collaborazioni: 9 su 15 brani, mica poche. Il rischio di avere tanti featuring in un disco è quello di perdersi rispetto, appunto, al concept che si vuole dare allo stesso, creando un’accozzaglia di generi e stili diversi. E invece Marracash ci ha azzeccato: dai più conosciuti Coez, Guè Pequeno, Luchè, Mahmood, Sfera Ebbasta, ad un inaspettato Cosmo, per finire con emergenti di spicco quali tha Supreme, Madame e Massimo Pericolo.

BODY PARTS – I denti.  Il brano di apertura inizia con un outro tratto dalla scena del film “Persona” del 1966 diretto da Ingmar Bergman, da cui prende il titolo lo stesso album: una voce femminile parla dello scollamento tra quello che vogliamo mostrare e quello che conta veramente. E’ un aspetto fondamentale per Marracash, perché forse per la prima volta nella sua carriera ha deciso di “non dimostrare ciò che voleva mostrare di sé, ma dimostrare ciò che aveva voglia di mostrare di sé”. Con l’intro “Devo stendere il cellophan prima” il riferimento è chiaramente alle tracce successive, dove andrà a “sezionare” parte per parte il proprio corpo. Nel brano stesso richiama i titoli delle canzoni successive dell’album, come fosse l’indice di un libro. È come se Fabio si stesse guardando allo specchio, spogliandosi del suo personaggio Marracash e indicando le parti del proprio essere. Introduzione geniale sulla base di Marz e Low kidd.

QUALCOSA IN CUI CREDERE – Lo scheletro (feat. Guè Pequeno). La coppia di “Santeria” si ricompone con una traccia estremamente personale. In questo brano, infatti, Marra e Guè trattano di come affrontano il dolore, raccontando di come entrambi abbiano attraversato momenti di crisi in cui hanno perso quel “qualcosa in cui credere”. In particolare, Marracash, nella sua strofa si rivolge direttamente alla musica, dipingendola come la sua musa, punto di riferimento, “scheletro” che lo tiene in piedi: “La fede che mi tiene ancora in piedi, è lo scheletro/Musica, tu allievi e mantieni l’anima intatta/E dammi voce in eterno e cose vere da dire /Sii il mio punto fermo, qualcosa per cui morire”. L’essenza del brano si riassume perfettamente nella frase: “E se non hai niente in cui credere, non avrai niente che puoi perdere, sì tranne te”, in cui Marra sostiene che quando l’uomo perde le sue certezze, quelle che lo spingono ad andare avanti, a “credere” in qualcosa, perde sé stesso. Ed è facile che ciò accada a causa della sempre più difficile condizione in cui l’uomo vive, attorniato da illusioni e notizie false veicolate a piacimento dai principali mezzi di informazione quali il web e la televisione.

QUELLI CHE NON PENSANO – Il cervello (feat. Coez). Con “siamo passati da Quelli che Ben pensano a quelli che non pensano”, il rapper fa un esplicito riferimento a “Quelli che ben pensanodi Frankie hi-nrg, brano da cui ha ripreso la strumentale. Inevitabile è il confronto tra i due brani: mentre Frankie criticava la figura dell’arrampicatore sociale che sempre più si stava diffondendo negli anni Ottanta/Novanta, Marra vuole evidenziare come le persone al giorno d’oggi si facciano facilmente condizionare dagli “algoritmi” del web, dalle fake news, dimostrando di “non pensare” con la propria testa, ma seguendo il “pensiero” di massa. Il “cervello” di Marracash è Coez, quello che non pensa, una persona che non trova via d’uscita da situazioni poco piacevoli, bloccata sul fondo, che scava nella speranza di trovar qualcosa e si affida a qualcuno che lo possa aiutare, ma che in realtà scopre di essere solo.

APPARTENGO – Il sangue (feat. Massimo Pericolo). «Massimo Pericolo è il rapper che sento più vicino a quello che sono stato: sa essere duro e dolce allo stesso tempo, veniamo dalla provincia, dalla stessa mediocrità”. Il motivo della collaborazione sta proprio in questo, nelle radici che accomunano Fabio e Alessandro. La traccia infatti è un throwback tanto nostalgico, quanto malinconico. Un inedito Massimo Pericolo così introspettivo si inserisce perfettamente in un brano fortemente conscious. Il “sangue” sta a indicare le radici della vita del rapper di Barona, quel quartiere dove è nato e cresciuto e al quale inevitabilmente “appartiene”. Appartengo funziona, arriva dritto al punto, e a coronare un’altra ottima traccia ci pensa il beat di Marz. Personalmente il primo brano che ho salvato nella mia playlist.

POCO DI BUONO – Il fegato. E’ sicuramente uno dei brani più duri e rabbiosi dell’album. Il pezzo si apre con un estratto del brano “Un ragazzo di strada” dei Corvi: in particolare, viene ripresa più volte la locuzione “Io sono un poco di buono” che dà il titolo al brano. Lo stile rock qui utilizzato si allontana dalle sonorità a cui ci ha abituato Marra, sempre apprezzabile la scrittura con un testo molto profondo che si trasforma in un’invettiva contro l’italiano medio.

BRAVI A CADERE – I polmoni. Bravi a cadere tratta un tema che non può mai mancare in un album: l’amore. Sulla base di Zef e Marz, Marra ne parla descrivendo il rischio di rimanere feriti in una relazione senza avere una “rete” che possa salvarli dalle cadute. “Ed abbiamo già rischiato insieme/ Non c’è mai stata una rete/Dopo di noi che succede/Se tanto ormai siamo bravi a cadere?”. Alla fine del brano, però, il rapper milanese dichiara che affrontando il dolore ha acquisito una consapevolezza fondamentale: “ma ora so che in fondo vivere è convivere con te stesso”. La convivenza di cui parla Marra è quella con sé stesso, con la maschera artistica che ha da sempre indossato nella sua carriera e con la quale è costretto a convivere. Senza dubbio uno tra i brani dell’album che può tranquillamente diventare una hit. Rientra nella mia top 3 dell’album.

A sinistra Marracash, a destra Mahmood

NON SONO MARRA – La pelle (feat Mahmood). Mahmood e Marracash, in tutta la traccia, fanno riferimento alla loro somiglianza, come lo si intuisce dal titolo “Non sono Marra”. I due vengono scambiati spesso l’uno per l’altro. È un brano orecchiabile, dal suono quasi orientale, in cui Mahmood dà voce ad un ritornello che ti entra facilmente in testa. Il significato del riferimento alla pelle è più che chiaro. Si distacca dalla linea seriosa dell’album facendo fare quasi una pausa all’ascoltatore.

SUPREME – L’ego (feat. Tha Supreme e Sfera Ebbasta). Su questa invece ci sono pochi dubbi, è la hit facile dell’album. Marra si fa accompagnare da un giovane tha Supreme, che si occupa del ritornello, al quale segue una breve strofa di Sfera, che gli garantisce almeno un altro disco di platino. Insieme all’anima, l’ego è l’unica parte non fisica del corpo e indica la parte maschile dell’artista. Sonorità attuali e fresche.

SPORT – I muscoli (feat Luchè). Marracash e Luchè flettono i muscoli in Sport, un brano del tutto autocelebrativo. C’è qualcosa che non funziona nella sonorità, infatti è il pezzo meno orecchiabile e più debole di tutto l’album. Da segnalare un classico Luchè che si adatta qualunque base gli si proponga.

DA BUTTARE – Il c****. Come si intuisce facilmente dal titolo, il pezzo fa riferimento alla vita sessuale del rapper. Brano leggero, grezzo e piuttosto esplicito. Ruota interamente sul ritornello che si ripete più volte.

CRUDELIA – I nervi. “Il brano parla di una relazione sentimentale con una donna, la più brutta della mia vita perché questa ragazza aveva dei problemi psicologici che ho scoperto soltanto alla fine e quindi è stata una storia di quelle che leggi sui giornali, una storia tossica, che mi ha tolto la vita, mi ha annientato, sia durante sia dopo, perché una volta dischiuso il vaso di pandora e scoperto con chi ero stato davvero, sono entrato in una specie di shock”. Così Fabio descrive il brano in un’intervista a Rolling Stone. Qualsiasi parola in più rispetto a queste sue dichiarazioni sarebbe di troppo. La prima volta che ho ascoltato questo pezzo è stato un colpo al cuore. Ti trascina nel suo dolore, quasi come se fossi tu ad averlo vissuto in prima persona. Pelle d’oca. Primo nella mia top 3. 10/10

G.O.A.T. – Il cuore. Il nome del brano è l’acronimo di “Greatest Of All Time”, ossia “il più grande di tutti i tempi”. Il pezzo numero 12 si apre con un estratto del libro “La sottile arte di fare quello che c**** ti pare” di Mark Manson: Evitare la sofferenza è una sofferenza. Negare un fallimento è di per sé un fallimento. Nascondere una vergogna, è una forma di vergogna”. Con queste brevi frasi Marra sembra suggerirci un percorso da seguire per affrontare il dolore, che non dobbiamo reprimere e nascondere, ma accettare ed affrontare. In un’altra strofa ci dà un altro suggerimento: l’avere sempre fiducia in sé stessi, perché se non siamo noi i primi sostenitori di noi stessi, mai nessuno potrà esserlo (“L’ansia ti frega, chi vuoi che creda, se anche tu non credi in te?”). Un brano motivazionale. Bel messaggio. Bel brano.

MADAME – L’anima (feat. Madame). Qui Marra dialoga direttamente con la propria anima, chiedendole di rimanere nascosta, perché, venendo fuori, lui risulterebbe vulnerabile e debole agli occhi degli altri (Resta giù è una follia/Mi vedessero in tua compagnia/Penserebbero che sono debole/Non devono sapere che/sei l’anima/sei la mia metà). Madame risponde a Marracash diventando la voce della sua anima: “Sono la donna più bella che avrai, ma mi nascondi”. La parte più intima di noi è la parte migliore di noi, ma la teniamo nascosta per paura di sembrare fragili. Un brano intimo e profondo. “Madame, che ha soli 17 anni, è un’artista straordinaria. Una scommessa su cui alla fine ho vinto: a lei ho affidato il compito di far parlare la mia parte più intima e femminile». Perfetta la collaborazione con Madame ed ancora un’ottima cornice fornita da Marz. Posto nella mia top 3 assicurato.

TUTTO QUESTO NIENTE – Gli occhi. “Tutto questo niente sono gli occhi, noi desideriamo quello che vediamo. Il pezzo parla del fatto che è un’illusione che riempie il tempo, ma non colpa il vuoto”. Marra parla del successo, che è un’arma a doppio taglio, tutto e niente allo stesso tempo. L’ostentazione del successo, se una volta era fatta per avere un riscatto sociale, ad oggi altro non è che una rappresentazione del non reale, di ciò che si vuole fare vedere. Il rapper di Barona ricalca il concetto della seconda strofa dove cita Scarface: “Sono Tony al ristorante che dice: “E tutto qui? È per questo che ho fatto questa fatica? Sono Manny che gli risponde che, in fondo, tutto questo niente è meglio del niente che aveva prima”.  E’ un dialogo interiore che Marracash fa tra sé e sé, interrogandosi prima se ciò per cui ha faticato gli ha portato solo le cose vuote che lo circondano, salvo rispondersi poi che prima non aveva niente e ora, almeno, con i soldi che ha guadagnato ha potuto togliersi i suoi sfizi.

GRETA THUMBERG – Lo stomaco (feat. Cosmo). “La mia razza si estingue” canta Cosmo nel brano finale dell’album, sulla voce della giovane attivista svedese Greta Thumberg. Il pezzo sta al confine tra la linea sottile che separa l’impegno e il non impegno, in cui Marra apprezza il messaggio positivo di Greta Thumberg, ma allo stesso tempo riconosce anche che la gente debba campare e una volta tornati a casa dopo un’intera giornata di lavoro non gli si possa chiedere anche di salvare il mondo. E’ una critica a metà alla razza umana, che deve comunque intervenire attivamente per evitarne l’estinzione.

di Ilaria Rampino, all rights reserved

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