Life is a losing game

di Diego Mongardini

Life is a losing game

di Diego Mongardini

Life is a losing game

di Diego Mongardini

Amy Winehouse, cantautrice britannica, muore a ventisette anni. Due album di successo alle spalle, di cui l’ultimo, Back to Black, annata 2006, è diventato in breve tempo un cult. Voce nera, sporca, soul, strascicata, look vintage, trasgressivo al punto giusto, trasandato ma non troppo, vita sregolata, eccessiva, distruttiva.

Un dilemma: solo questo era Amy?

Ogni vita bruciata lascia una traccia, delle domande irrisolte.

Un talento viene sublimato dalla morte, si trasforma, diventa mito, una vita sempre giovane, feconda, primaverile, divina, indistruttibile, sorda alle ventate degli anni. Spesso i miti però nascondono ipocrisie, moralismi, perbenismi. Amy infatti non è indistruttibile ora, solo perchè è diventata una dea. Amy non è mai stata indistruttibile. Era una ragazza fragile, in un fragile cuore, con un animo da gigante. “Dopo la morte si è più buoni perchè si è in silenzio” diceva qualcuno. Forse è vero. Resta il fatto che Amy non è la prima stella che si spegne troppo presto, e non sarà  neanche l’ultima. La sua breve vita allora dovrebbe insegnarci qualcosa? Ogni vita dovrebbe insegnare qualcosa? C’è una morale alla fine, come nelle favole o nelle storie in generale?

A me Amy ha insegnato a vivere la musica come un treno in corsa, sempre sul filo del rasoio, nel momento esatto in cui un’esistenza noiosa diventa vita. Con questo non mi metto di certo a giustificare la sua tossicodipendenza, nè suo alcolismo, perchè Amy era entrambe le cose, ma un genio non smette di essere tale a causa delle sue scelte. Un genio brilla, diffonde i raggi della sua luce e dopo niente potrà  più essere come prima della sua comparsa. Più che un insegnamento, Amy lascia una traccia, sia materiale (le registrazioni) sia impalpabile, una scia che volente o nolente molti saranno obbligati a seguire. I movimenti rallentati, gli occhi a volte assenti, le parrucche che quasi toccavano il cielo, e la voce, quella voce che è come una fiamma, una ferita sempre aperta, una lama che ci colpisce le viscere, perchè molti di noi sanno cos’è la sofferenza. Tuttavia, il genio è imprevedibile e anche la sua scomparsa a volte risulta essere tale. Malgrado tutto ciò, Amy ha perso. In primis, ha perso la vita. In secundis, le possibilità . Amy ha perso le possibilità  di evolversi, di cambiare ancora, di dare sfogo alle sue emozioni, così abissali. Ha perso la speranza, il coraggio, la voglia di ricominciare, la scoperta del domani. Amy ha perso l’incertezza. Anche noi però abbiamo perso qualcosa, non usciamo incolumi da questa morte. Una corda di un violino di un’orchestra si è rotta: nessuno pare accorgersene, eppure anche l’armonia dell’orchestra si è rotta. Amy è la disarmonia, la corda rotta di un violino di un’orchestra.

 

 

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